Truffa contrattuale se il professionista mente (e incassa) sull’attività espletata

Commette il reato di truffa contrattuale il professionista che, tramite artifizi e raggiri, nasconde una propria inadempienza al cliente che continua a retribuirlo. Cass. Pen. sent. n. 25680/16

Truffa contrattuale se il professionista mente (e incassa) sull’attività espletata

L’avvocato che rappresenta al cliente un’attività difensiva non espletata e percepisce dallo stesso l’onorario commette il delitto di truffa ex art. 640 cod. pen. aggravata dall’abuso di prestazione d’opera ex art. 61, n. 11, cod. pen.. In questi termini la Seconda Sezione della Suprema Corte, con la sentenza del 21 giugno 2016, n. 25680.

 

Il fatto

Un avvocato veniva tratto in giudizio in quanto con artifizi o raggiri consistiti nell'assicurare in più occasioni la persona offesa che la cartella esattoriale era stata impugnata e cautelativamente sospesa nonostante l'impugnazione non era mai stata effettuata, induceva in errore la persona offesa che, confidando nel buon esito della controversia, corrispondeva al professionista l’onorario, il quale si procurando in tal modo un ingiusto profitto con pari danno della stessa persona offesa. Il fatto era considerato aggravato in quanto commesso con abuso di prestazione d'opera, avendo l’imputato agito nelle qualità di avvocato.

I Giudici di merito1 ritenevano l’avvocato colpevole della condotta ascrittagli e lo condannavano per il delitto di truffa aggravata alla pena di giustizia.

 

La questio juris

Il ricorrente, tra le altre, eccepiva la violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all'individuazione dell'elemento oggettivo del reato di truffa.

Secondo il Collegio evidenziava come la condotta del professionista che con artifizi e raggiri nasconde una propria inadempienza al cliente o non gli rappresenti che non è possibile avere una tutela legale per la decadenza del diritto integri il reato di truffa contrattuale allorché il cliente, ignorando tale circostanza e confidando nell'effettività della tutela, conferisca o rinnovi il mandato al professionista, continuando a retribuirlo e consentendogli così di percepire un ingiusto profitto. La II Sezione riportava all’uopo un suo precedente, la pronuncia n. 49472 dell’11 novembre 20142 che riguardava l’attività di un commercialista.

Dunque, il principio di diritto elaborato trova applicazione nella generalità delle attività professionali, non involgendo soltanto l’attività dell’avvocato. Invero, la Suprema Corte ha ritenuto opportuno aderire ad un suo precedente che prendeva in considerazione l’attività di altro professionista, non rilevando quindi la tipicità dell’attività professionale ma l’oggettività della condotta sussumibile nel contesto normativo dell’art. 640 cod. pen., consolidando inoltre per generalizzazione l’orientamento nomofilattico.

In definitiva, configura il delitto di truffa “contrattuale” aggravata dall’abuso di prestazione d’opera la condotta del professionista che:

a) nasconda la propria inadempienza o taccia l’impossibilità, derivante da qualsiasi motivo, dell’espletamento dell’atto (artifizi e/o raggiri);

b) faccia sì che il cliente confidi nell’espletamento dell’attività richiesta (induzione in errore);

c) agisca al fine di rinnovare il mandato professionale ovvero per farsene conferire uno nuovo, ovvero ancora per incamerare l’onorario (dolo specifico e ingiusto profitto/danno ingiusto).

 

Dott. Andrea Diamante

 

1 Corte d'appello di Torino, sentenza del 20 novembre 2014, che confermava la pronuncia emessa dal Tribunale di Cuneo, in composizione monocratica, in data 11 ottobre 2013.

2 Cassazione penale sez. II 11 novembre 2014 n. 49472, secondo cui integra il reato di truffa contrattuale la condotta del professionista che, tramite artifizi e raggiri, nasconde una propria inadempienza al cliente, il quale, ignorando tale circostanza, rinnova il mandato al professionista, continuando a retribuirlo e consentendogli così di percepire un ingiusto profitto. E ancora, integra il reato di truffa nel corso dell'esecuzione del contratto d'opera intellettuale il commercialista che, per nascondere una propria manchevolezza nell'adempimento degli obblighi assunti (nella specie, presentazione delle dichiarazioni fiscali), ponga in essere artifizi o raggiri nei confronti dell'ignaro cliente in modo da indurlo a rinnovare il mandato professionale e a versare la relativa retribuzione.

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Di seguito il testo di
Corte di Cassazione penale n. 25680 del 21/06/2016:

 

SENTENZA

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