Assume la responsabilità del comportamento del cane anche il custode temporaneo

E' responsabile del comportamento del cane (nel caso di specie un morso che causava lesioni) non solo il proprietario ma anche chi ne ha la custodia temporanea. Cassazione penale Sentenza n. 51448/2017

Assume la responsabilità del comportamento del cane anche il custode temporaneo

1. La massima

«In tema di omessa custodia di animali, l’obbligo di custodia sorge ogni qualvolta sussista una relazione anche di semplice detenzione tra l’animale e una data persona, in quanto l’art. 672 cod. pen. collega il dovere di non lasciare libero l’animale o di custodirlo con le debite cautele al suo possesso, da intendere come detenzione anche solo materiale e di fatto, non essendo necessaria un rapporto di proprietà in senso civilistico». «Quello che occorre verificare... non è la proprietà dell’animale, bensì l’esistenza di una relazione di fatto tra l’imputato ed il cane tale da far sorgere in capo allo stesso un obbligo di custodia e vigilanza sull’animale. E tale relazione può essere... anche 'mediata'».

 

2. Il fatto e la quaestio iuris

Tratto in giudizio per avere omesso di controllare il proprio cane pastore tedesco che aggrediva la persona offesa dinanzi al cancello della propria abitazione mordendole la gamba e procurandole lesioni personali, l’imputato veniva condannato dal Giudice di Pace1 per il reato di cui all’art. 590 c.p. al pagamento di una multa e al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile, oltre al pagamento delle spese processuali. Il Tribunale2 confermava la sentenza del giudice di prime cure.

Avverso tale provvedimento la difesa proponeva ricorso per Cassazione, deducendo, tra le altre3, l’inosservanza e/o l’erronea applicazione della legge penale ed in particolare con riferimento all’art. 590 c.p.. In particolare, si deduceva l’insussistenza degli elementi costitutivi del reato di lesioni personali – difetto dell’elemento oggettivo e del nesso di causalità – posto che l’imputato non sarebbe stato né proprietario del cane né detentore dello stesso, trattandosi di un cucciolo randagio di pastore tedesco che veniva visto solo una volta con i figli dell’imputato suo malgrado4. Da ciò avrebbe dovuto desumersi l’assenza di qualsivoglia obbligo di custodia in capo all’imputato, oltre all’impossibilità di qualificare il suo contegno quale tolleranza per il fatto che l’animale si aggirasse dinanzi la propria abitazione. Per lo stesso ordine di ragioni difetterebbe anche l’elemento soggettivo del reato, ossia la colpa5. Secondo la difesa «solo il proprietario di un cane risponde in relazione agli obblighi che derivano dall’essere lui solo la persona che dispone dell’animale e che può controllare le sue reazioni». Ciò posto, «la mancata custodia sarebbe eventualmente da addebitarsi al Comune o alla ASL, trattandosi di un cane che girovagava nei pressi di un campo di calcio».

Inoltre la difesa deduceva l’inosservanza e/o l’erronea applicazione della legge penale per la mancata derubricazione del reato nella fattispecie di cui all’art. 672 c.p., “omessa custodia e malgoverno degli animali”, reato depenalizzato oggi punito con una sanzione amministrativa.

 

3. Il decisum

La Suprema Corte chiarisce che in casi simili ciò che occorre verificare «non è la proprietà dell’animale, bensì l’esistenza di una relazione di fatto tra l’imputato ed il cane tale da far sorgere in capo allo stesso un obbligo di custodia e vigilanza sull’animale», una relazione «anche 'mediata'». E nel caso di specie è stata riconosciuta tale relazione di fatto tra l’imputato e l’animale per il tramite dei suoi figli.

Così, d’altronde, anche l’orientamento della Corte di legittimità6 secondo cui «in tema di omessa custodia di animali, l’obbligo di custodia sorge ogni qualvolta sussista una relazione anche di semplice detenzione tra l’animale e una data persona, in quanto l’art. 672 cod. pen. collega il dovere di non lasciare libero l’animale o di custodirlo con le debite cautele al suo possesso, da intendere come detenzione anche solo materiale e di fatto, non essendo necessaria un rapporto di proprietà in senso civilistico». Invero, proprio dalla superfluità della ricorrenza di un rapporto di proprietà civilisticamente inteso, la posizione di garanzia che discende dalla semplice detenzione «prescinde dalla nozione di appartenenza ed è dunque irrilevante il dato formale relativo alla registrazione dell’animale all’anagrafe canina o all’apposizione di un microchip di identificazione»7.

Inoltre, con riferimento alle lesioni colpose, la IV Sezione non dimentica di ribadire che «la posizione di garanzia assunta dal detentore di un cane impone l’obbligo di controllare e di custodire l’animale adottando ogni cautela per evitare e prevenire le possibili aggressioni a terzi anche all’interno dell’abitazione»8, senza limitazione ai soli animali feroci, dovendosi all’uopo ricomprendere anche gli animali domestici o di compagnia, da cui l’obbligo del proprietario di adottare tutte le cautele necessarie per prevenire le prevedibili reazioni dell’animale9, ovvero ancora anche solo quelle possibili, rispondendo a titolo di colpa delle lesioni cagionate a terzi dallo stesso animale affidato in custodia a persona inidonea a controllarlo10.

Inoltre, con riferimento all’elemento soggettivo della colpa rappresentata dalla mancata adozione delle debite cautele nella custodia dell’animale pericoloso, non vale ad escluderla il fatto che l’animale si trovi in un luogo privato o recintato, ma è necessario che in tale luogo non possano introdursi persone estranee11.

Infine, il caso di specie non poteva integrare la contravvenzione di cui all’art. 672 c.p., illecito depenalizzato ex artt. 33 lett. a) e 38 legge 689/1981, piuttosto diretta a tutelare l’ordine pubblico, preservando nello specifico la sicurezza e la tranquillità dei consociati e prescindere da danni alla persona. Nel caso di specie il danno alla persona assorbe il disvalore dell’illecito amministrativo sopracitato e, per effetto del combinato disposto di cui agli artt. 40 cpv e 590 c.p. si perviene al riconoscimento della penale responsabilità dell’imputato per lesioni ex art. 590 c.p..

 

Dott. Andrea Diamante
Cultore della materia in diritto processuale penale
presso l’Università degli Studi di Enna “Kore”

______________
1 Giudice di Pace di Fondi, sentenza 7/3/2011.

2 Tribunale di Latina, sentenza 31/03/2014.

3 Oltre all’illogicità e alla mancanza della motivazione, che la Suprema Corte non ha ravvisato, offrendo peraltro una corposa ricostruzione e argomentazione sui fatti. Veniva inoltre dedotta la mancata dichiarazione dell’estinzione del reato per prescrizione, motivo dichiarato infondato.

4 Il difensore ricorrente evidenzia che i testi dell’accusa hanno riferito in dibattimento che si trattava di un cane visto a passeggio solo in un’occasione con i figli dell’imputato, qualche giorno prima del fatto, mentre secondo la difesa se l’imputato fosse stato il vero proprietario ne avrebbero notato un rapporto stabile con l’animale, che invece non hanno mai visto in sua compagnia o al suo guinzaglio. Inoltre, sia la persona offesa, che il fratello e la madre, hanno ricordato che l’imputato era contrario al fatto che i figli si intrattenessero con il cane in questione.

5 La difesa richiama all’uopo alcuni orientamenti giurisprudenziali: 14 novembre 1961, Laggada ,secondo cui deve ritenersi vagante un cane trovato libero sulla pubblica strada anche se ad un metro dall’abitazione del proprietario; 13 aprile 1951, Cammarota e 27 marzo 1952, Godani, secondo cui il possesso dell’animale non va confuso con la semplice detenzione momentanea e, pertanto, deve ritenersi possessore dell’animale il proprietario, anche se momentaneamente non ne sia il detentore, sicché a lui spetta l’adozione delle cautele del caso. Viene anche ricordata la pronuncia Sez. 5 n. 34589/2008 secondo cui, anche nel caso in cui l’animale venga condotto da terzi a rispondere per eventuali danni provocati dall’animale è sempre il proprietario, in quanto l’obbligo di controllo del cane incombe di diritto sempre su quest’ultimo, al quale spetta anche l’obbligo di impedire che persona inidonea a contenere e controllare le reazioni dell’animale lo porti a spasso, ovvero di verificare che l’uscita avvenga con l’adozione delle prescritte cautele. E anche la pronuncia 1485/1958 secondo cui, inoltre, la possibilità di, sfruttamento dell’animale e la correlativa responsabilità manca, evidentemente, allorché l’animale segua una persona amica del proprio padrone e, in tale occasione, arrechi danni a terzi.

6 Sez. IV, n. 34813 del 2/7/2010 e n. 599 del 16/12/1998.

7 Sez. IV, n. 17145 del 17/1/2017.

8 Sez. IV, n. 18884 del 16/12/2011 n.18814.

9 Sez. IV, n. 6393 del 10/1/2012.

10 Sez. IV, n. 34765 del 3/4/2008.

11 Sez. IV, n. 14829 del 14/3/2006 e n. 17133 del 13/1/2017.

 

---------------------------------------

Di seguito il testo di
Corte di Cassazione penale Sentenza n. 51448 del 10/11/2017

 

Ritenuto in fatto

La lettura del provvedimento è riservata agli Utenti Registrati.
Se sei registrato esegui la procedura di Login, altrimenti procedi subito alla Registrazione. Non costa nulla!

Commenta per primo

Vuoi Lasciare Un Commento?

Possono inserire commenti solo gli Utenti Registrati