Il cumulo del risarcimento assicurazione-responsabile e compensatio lucri cum damno. Le SS.UU.

I casi nei quali il danno da fatto illecito va liquidato sottraendo dall'ammontare del danno risarcibile l'importo dell'indennità assicurativa ricevuta. Cassazione a SS.UU. civili Sentenza n. 12565/2018

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Il cumulo del risarcimento assicurazione-responsabile e compensatio lucri cum damno. Le SS.UU.

Il caso.

La vicenda dell’abbattimento dell’aereo nei cieli di Ustica non solo ha avuto i suoi esiti qualche anno or sono a favore dei familiari delle vittime riconoscendo la responsabilità dello Stato in particolare per le manovre di depistaggio e non aver avvisato di quanto stava succedendo in quell’area in quei momenti, ma è infine spunto per le Sezioni Unite della Corte di Cassazione civile per dirimere un contrasto giurisprudenziale in materia di duplicazione del risarcimento qualora alla responsabilità dell’autore dell’illecito si cumuli altro riconoscimento economico avente causa dal medesimo fatto illecito.

A seguito dell’abbattimento dell’aereo DC 9 del giugno 1980 la compagnia aerea proprietaria del mezzo ha promosso azione di risarcimento del danno nei confronti dello Stato, precisamente Ministero della Difesa, dei Trasporti e dell’Interno, al fine di ottenere il ristoro della perdita dell’aeromobile.

Si opponeva lo Stato adducendo, fra le altre cose, che la compagnia aerea aveva già ricevuto completo risarcimento (anzi, ben oltre il valore venale del mezzo quantificato dalla CTU in corso di causa) dalla propria assicurazione.

Nella lunga vicenda giudiziaria il giudizio d’appello viene cassato e si ottiene una nuova sentenza d’appello che condanna lo Stato al risarcimento del danno ma che nega al proprietario del veivolo il diritto a vedersi risarcito il danno per la perdita dell'aeromobile, in quanto dimostrato in corso di causa che la società attrice aveva già incassato un indennizzo assicurativo da parte dell'assicurazione ammontante a lire 3.800.000.000, mentre il valore del velivolo al momento del sinistro, come accertato dal c.t.u., era di lire 1.586.510.540.

 

La questione di diritto.

Secondo la Corte d’appello nella liquidazione del danno da illecito aquiliano la somma eventualmente già versata alla vittima dall'assicuratore deve essere detratta dall'ammontare complessivo del danno in quanto, se fosse consentito al danneggiato di cumulare indennizzo e risarcimento, questi realizzerebbe un ingiusto arricchimento.

Tale principio, posto innanzi alla terza sezione della Corte di Cassazione, è stato rilevato non essere pacifico e costante, tanto che è stato disposto il rinvio al Presidente e quindi alle Sezioni Unite.

 

Si da atto nella sentenza della presenza di due orientamenti. Secondo il primo indirizzo indennità assicurativa e risarcimento del danno sono cumulabili se l'assicuratore non esercita la surrogazione: poiché la surrogazione ai sensi dell'art. 1916 cod. civ. non è un effetto automatico del pagamento dell'indennità, ma una facoltà il cui esercizio dipende dall'assicuratore, qualora costui non si avvalga di tale facoltà, il danneggiato può agire per il risarcimento del danno nei confronti del terzo responsabile senza che questi, estraneo al rapporto di assicurazione, possa opporgli l'avvenuta riscossione dell'indennità assicurativa”.

Questo primo indirizzo, come si afferma nelle motivazioni, è stato a “tradizionalmente seguito nella giurisprudenza di questa Corte, ha avuto per lungo tempo applicazione incontrastata”.

L’attenzione, qui, viene rivolta al danneggiante e alla volontà di far pesare su costui il peso dell’atto commesso indipendentemente dalla già avvenuta ricostituzione del depauperamento occorso al danneggiato. Viene respinta l’ipotesi che il soggetto responsabile dell’illecito dannoso possa uscire esente da qualsiasi pagamento a fronte del pronto supporto assicurativo e successiva mancanza di azione in surroga.

Le argomentazioni a favore della tesi, altresì, muovono dalla considerazione che il titolo su cui si fonda l’indennizzo che il danneggiato ottiene da parte dell’assicurazione sia sostanzialmente diverso dal fatto illecito, abbia il proprio titolo nel rapporto contrattuale instaurato con la sottoscrizione della polizza ed il pagamento del relativo premio.

Il pagamento del premio assicurativo giustifica l’ottenimento da parte del danneggiato di un ristoro complessivo (fra risarcimento da parte del responsabile e indennizzo assicurativo) maggiore del danno subito.

 

Secondo un secondo indirizzo, affermano le SS.UU. “indennità assicurativa e risarcimento del danno assolvono ad un'identica funzione risarcitoria e non possono cumulativamente convivere”.

Le conseguenze di tale orientamento è che l’assicurazione potrà rifiutare l’indennizzo nel caso in cui il danneggiato abbia già ottenuto il risarcimento dal responsabile e, analogamente “il responsabile del danno può legittimamente rifiutare il pagamento del risarcimento allorché l'assicurato abbia già ottenuto il pagamento dell'indennità dal proprio assicuratore privato contro i danni”.

In base a questo orientamento, affermano ancora le SS.UU. “la surrogazione dell'assicuratore non interferisce in alcun modo con il problema dell'esistenza del danno, e quindi con il principio indennitario: abbia o non abbia l'assicuratore rinunciato alla surroga, non può essere risarcito il danno inesistente ab origine o non più esistente, ed il danno indennizzato dall'assicuratore è un danno che ha cessato di esistere dal punto di vista giuridico dal momento in cui la vittima ha percepito l'indennizzo e fino all'ammontare di questo”.

 

La decisione.

Le Sezioni Unite civili dirimono la controversa questione con Sentenza n. 12565 del 22 maggio 2018.

Il ragionamento della S.C. parte dalla evidenza pacifica che nell’ordinamento giuridico l'istituto della compensatio lucri cum damno, è principio riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità. Detto istituto trova “il proprio fondamento nella idea del danno risarcibile quale risultato di una valutazione globale degli effetti prodotti dall'atto dannoso. Se l'atto dannoso porta, accanto al danno, un vantaggio, quest'ultimo deve essere calcolato in diminuzione dell'entità del risarcimento: infatti, il danno non deve essere fonte di lucro e la misura del risarcimento non deve superare quella dell'interesse leso o condurre a sua volta ad un arricchimento ingiustificato del danneggiato”.

In altri termini“ continua, quando si applichi l'istituto della compensatioil risarcimento deve coprire tutto il danno cagionato, ma non può oltrepassarlo, non potendo costituire fonte di arricchimento del danneggiato”.

Tuttavia, tale criterio dovrà essere esaminato nella concreta fattispecie giuridica e valutata la portata e l'ambito di operatività dello stesso. Non in tutti i casi potrà essere insindacabilmente applicata la compensatio.

Del resto non solamente gli indennizzi vengono elargiti da enti assicurativi con fonte contrattuale ma esistono norme di legge che analogamente, per utilità sociale, sovrintendono all’indennizzo di vittime di danni vari il quale indennizzo non avrà, naturalmente, una fonte contrattuale di sostegno né, conseguentemente, il pagamento di un premio. Si pensi al fondo vittime dell’usura, alle vittime del terrorismo o criminalità organizzata, ecc.

Le Sezioni Unite si pongono, altresì, il compito di tentare di identificare un principio di diritto che si possa uniformare con analoghi istituti presenti in altri paese dell’unione europea.

Al fine di distinguere i casi nei quali ammettere o meno l’operatività della compensatio le Sezioni Unite indicano quale criterio prevalente l’indagine sulla ragione giustificatrice dell'attribuzione patrimoniale entrata nel patrimonio del danneggiato, e concludendo che “la determinazione del vantaggio computabile richiede che il vantaggio sia causalmente giustificato in funzione di rimozione dell'effetto dannoso dell'illecito: sicché in tanto le prestazioni del terzo incidono sul danno in quanto siano erogate in funzione di risarcimento del pregiudizio subito dal danneggiato”.

E, in sentenza, si illustra un caso concreto di tale applicazione, affermandosi: “Così, nel caso di assicurazione sulla vita, l'indennità si cumula con il risarcimento, perché si è di fronte ad una forma di risparmio posta in essere dall'assicurato sopportando l'onere dei premi, e l'indennità, vera e propria contropartita di quei premi, svolge una funzione diversa da quella risarcitoria ed è corrisposta per un interesse che non è quello di beneficiare il danneggiante”.

l tema è vasto e una attenta opera ermeneutica, da compiersi, dovrà verificare i casi o le classi di casi nei quali trovi applicazione il principio della compensatio.

 

Le SS.UU. sono chiamate a dare risposta al quesito posto dalla terza sezione e riguardante l’assicurazione contro i danni; l’attenzione si posa sulla posizione del terzo assicuratore nei confronti dell’evento e tale analisi deve partire necessariamente dal contenuto della copertura assicurativa, in stretta relazione, oltretutto, con la composizione del rischio che porta al calcolo del premio.

Questa formula assicurativa deve essere esaminata in relazione al rischio assicurato che è quello di sopperire alle incertezze del risarcimento nella sua concreta e totale conformazione e non invece in relazione alle caratteristiche e quantificazioni della polizza.

Affermano le Sezioni Unite che l’assicurazione contro i danni ha carattere sussidiario.

Ne consegue che “quando il danneggiato, prima di percepire l'indennizzo assicurativo, ottiene il risarcimento integrale da parte del responsabile, cessa l'obbligo di indennizzo dell'assicuratore ...; se invece è l'assicuratore a indennizzare per primo l'assicurato, quando il risarcimento da parte del terzo responsabile non ha ancora avuto luogo, allora, ai sensi dell'art. 1916 cod. civ., l'assicuratore è surrogato, fino alla concorrenza dell'ammontare dell'indennità corrisposta, nel diritto dell'assicurato verso il terzo medesimo”.

 

A questo punto deve esaminarsi cosa accada nel caso in cui l’assicurazione decida di non avvalersi del potere di surroga e quindi se si possa concepire che il responsabile dell’illecito rimanga immune da qualsiasi richiesta oppure se si dia la possibilità al danneggiato di ottenere ulteriore rivalsa nei confronti di costui.

La risposta è insita nelle considerazioni viste poc’anzi. Le SS.UU. ci dicono: “poiché nel sistema dell'art. 1916 cod. civ. è con il pagamento dell'indennità assicurativa che i diritti contro il terzo si trasferiscono, ope legis, all'assicuratore, deve escludersi un ritrasferimento o un rimbalzo di tali diritti all'assicurato per il solo fatto che l'assicuratore si astenga dall'esercitarli”.

 

A conclusione del lungo argomentare le SS.UU. enunciano il seguente principio di diritto:

«Il danno da fatto illecito deve essere liquidato sottraendo dall'ammontare del danno risarcibile l'importo dell'indennità assicurativa derivante da assicurazione contro i danni che il danneggiato-assicurato abbia riscosso in conseguenza di quel fatto».

 

[[Aggiornamento del 05/06/2018

Con Sentenze parallele emesse nella stessa data le Sezioni Unite si sono soffermate su analoga detraibilità di indennizzi provenienti da altre fonti come, ad esempio, la rendita corrisposta dall'INAIL. Con Sentenza n° 12566 in stessa data è stato consegnato il seguente principio di diritto:

«L'importo della rendita per inabilità permanente corrisposta dall'INAIL per infortunio in itinere occorso al lavoratore va detratto dall'ammontare del risarcimento dovuto, allo stesso titolo, al danneggiato da parte del terzo responsabile del fatto illecito».

Ugualmente in tema di risarcimento per il danno patito dal familiare. Con Sentenza n° 12564 del 22/05/2018 le Sezioni Unite civili hanno espresso il seguente principio di diritto:

«Dal risarcimento del danno patrimoniale patito dal familiare di persona deceduta per colpa altrui non deve essere detratto il valore capitale della pensione di reversibilità accordata dall'Inps al familiare superstite in conseguenza della morte del congiunto».

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Di seguito il testo di
Corte di Cassazione a Sezioni Unite civili Sentenza n. 12565 del 22 maggio 2018:

FATTI DI CAUSA

1. - La società A.I. s.p.a. (di seguito anche I.) con atto di citazione notificato il 15 aprile 1981 convenne in giudizio il Ministero della difesa, il Ministero dei trasporti e il Ministero dell'interno, per sentirli condannare al risarcimento dei danni patiti a seguito della sciagura area verificatasi nei cieli di Ustica il 27 giugno 1980, in occasione della quale era andato distrutto il DC 9/10-I-TIGI di proprietà di essa attrice ed erano decedute 81 persone. Dedusse l'attrice che tale evento, oltre a provocarle la perdita dell'aereo, era stato la causa scatenante della crisi economica e finanziaria in cui era caduta.
Le Amministrazioni convenute si costituirono, resistendo.
Si costituì successivamente la A.I. s.p.a. in amministrazione straordinaria, facendo proprie le domande avanzate dall'attrice.
Con sentenza depositata il 26 novembre 2003, l'adito Tribunale di Roma, ritenuto che il DC 9 dell'I. era stato abbattuto da un missile e che le Amministrazioni convenute non avevano garantito la regolare navigazione aerea e la sicurezza del volo, accolse la pretesa risarcitoria e condannò i Ministeri dell'interno, della difesa e dei trasporti, in solido tra loro, al pagamento della complessiva somma di euro 108.071.773,64, oltre accessori, nonché alle spese di lite.

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