Mani libere del giudicante sulla compensazione delle spese di lite? Corte Cost. 77/2018

Incostituzionale l’art. 92 co. 2 c.p.c. nella parte in cui non prevede la possibilità di compensare le spese tra le parti anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni. Corte Costituzionale 77/2018

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Mani libere del giudicante sulla compensazione delle spese di lite? Corte Cost. 77/2018

A partire dalla novella del 1950, l’art. 92 c.p.c. è stato nel tempo rivisitato per limitare la possibilità del giudicante di addebitare o compensare le spese secondo un criterio di massima discrezionalità.

Poiché, se è ben vero che la norma prevedeva la possibilità di operare detta compensazione per “giusti motivi” la prassi dell’uso “facile” di tale potere aveva portato la stessa giurisprudenza di legittimità a porre ben poche delimitazioni a tale potere. Il principio di diritto, che era stato alla fine fissato in una tralaticia massima di giurisprudenza, affermava che la valutazione dei «giusti motivi» per la compensazione, totale o parziale, delle spese processuali rientrava nei poteri discrezionali del giudice di merito e non richiedeva specifica motivazione, restando perciò incensurabile in sede di legittimità, salvo che risultasse violata la regola secondo cui le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa

In sostanza bastava non capovolgere il principio della soccombenza e tutto poteva essere modificato da parte del giudice del merito con decisione non censurabile in sede di legittimità.

A tentare di arginare questa prassi legalizzata, in una riforma del 2005 (legge 14 maggio 2005, n. 80) l’articolo 92 c.p.c. veniva rivisto e, confermando da un lato la clausola generale dei «giusti motivi», si aggiungeva la disposizione che questi giusti motivi fossero «esplicitamente indicati nella motivazione».

Deve considerarsi nella giusta ottica il fatto che neppure questo restringimento normativo e, quindi, questa chiara indicazione di volontà legislativa, portava al risultato sperato di rimuovere la consolidata pressi delle “facili” compensazioni delle spese, tanto che in una successiva novella al codice del 2009 (legge 18 giugno 2009, n. 69) il secondo comma dell’art. 92 veniva così riformulato: «Se vi è soccombenza reciproca o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti».

 

Non pago dell’ultima modifica, tuttavia, il legislatore del 2014 (legge n. 162 del 2014) restringeva ulteriormente tale indicazione il secondo comma dell’art. 92 c.p.c. diventava il seguente:

Se vi è soccombenza reciproca ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, il giudice può compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero”.

Diventavano solamente due i casi in cui poteva compensarsi le spese legali:
1) novità della questione e
2) mutamento delle giurisprudenza.

Questo ulteriore restringimento è quello ritenuto eccessivo e da censurare da parte della Corte Costituzionale Sentenza 77/2018.

La Sentenza della Consulta riporta tutto alla situazione del 2009 reintroducendo il riferimento alle “gravi ed eccezionali ragioni” e riportiamo il punto 2 del dispositivo della sentenza:

2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 92, secondo comma, del codice di procedura civile, nel testo modificato dall’art. 13, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132 (Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile), convertito, con modificazioni, nella legge 10 novembre 2014, n. 162, nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni;

 

Alcune considerazioni.

Il legislatore nel 2014, nonostante le ripetute modifiche all’art. 92 secondo co. c.p.c., ancora riscontrava un distorto utilizzo della compensazione visto, come cita la stessa Corte Costituzionale, che nella stessa Relazione illustrativa della nuova e ultima modifica del 2014 si scriveva: «Nonostante le modifiche restrittive introdotte negli ultimi anni, nella pratica applicativa si continua a fare larghissimo uso del potere discrezionale di compensazione delle spese processuali, con conseguente incentivo alla lite, posto che la soccombenza perde un suo naturale e rilevante costo, con pari danno per la parte che risulti aver avuto ragione».

Dobbiamo aspettarci, pertanto, che riportando l’orologio della norma alla data del 2009 ci si ritroverà con le medesime lamentele riprodotte nella Relazione illustrativa appena citata.

Che sia analogamente distorto l’uso, tutto italiano, di usare in modo grave la norma di diritto nell’intento di creare una media livellata di osservazione generalizzata del principio normativo, è fuori di ogni dubbio.

Sarà compito, a questo punto non vi vede cosa altro richiamare, della giurisprudenza di legittimità il controllare le forzature della giurisprudenza di merito.

 

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Di seguito il testo di

Corte Costituzionale Sentenza n. 77 del  19/04/2018

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 92, secondo comma, del codice di procedura civile, come modificato dall’art. 13 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132 (Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile), convertito, con modificazioni, nella legge 10 novembre 2014, n. 162, promossi dal Tribunale ordinario di Torino in funzione di giudice del lavoro, con ordinanza del 30 gennaio 2016 e dal Tribunale ordinario di Reggio Emilia in funzione di giudice del lavoro, con ordinanza del 28 febbraio 2017, iscritte rispettivamente al n. 132 del registro ordinanze 2016 e al n. 86 del registro ordinanze 2017 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell’anno 2016 e n. 25, prima serie speciale, dell’anno 2017.

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