Il proprietario non ha l’obbligo di recintare il proprio fondo per difendersi dalla fauna selvatica

Sulla richiesta di risarcimento del danno provocato da animali selvatici sul fondo privato. Competenza, obbligo di recinzione, litisconsorzio necessario. Consiglio di Stato Sentenza n. 4316/2018

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Il proprietario non ha l’obbligo di recintare il proprio fondo per difendersi dalla fauna selvatica

Il caso.

Tizio, proprietario di un fondo sul quale aveva effettuato un impiantato di latifoglie pregiate alle quali aveva affiancato una coltura di noci.

Con una invasione del terreno susseguitasi per tre anni consecutivi, degli animali selvatici avevano asportato completamente le piccole piante di noce.

Fatta eseguire una perizia di quantificazione del danno che comprendeva il lucro cessante, ne risultava una richiesta di risarcimento che ammontava ad oltre 83 mila euro che proponeva innanzi al Tribunale del luogo.

 

La Procedura e competenza.

Tizio proponeva innanzi al Tribunale Ordinario la domanda di risarcimento del danno convocando in giudizio l’Ambito Territoriale di Caccia e al quale partecipava anche la società di assicurazione di quest’ultimo.

Nel corso del giudizio veniva disposta l’integrazione del contraddittorio ritenendosi necessaria la vocazione in giudizio dell’amministrazione provinciale e regionale.

In una successiva fase, tuttavia, veniva declinata la competenza del tribunale ordinario a favore della giurisdizione amministrativa.

La causa iniziava veramente, quindi, con ricorso al TAR, nel contraddittorio con la Regione, la Provincia l’Ambito Territoriale di Caccia e la compagnia di assicurazioni.

 

La decisione.

Il TAR accoglieva la domanda di risarcimento del danno tuttavia riducendo di molto l’ammontare dello stesso sulla base delle seguenti motivazioni.

1) Corresponsabilità del proprietario del fondo per non averlo recintato: secondo il TAR il proprietario ben avrebbe potuto e dovuto dotare di recinzioni tali terreni, a prescindere da eventuali accordi sul punto con l'Ambito territoriale, visto che già nei due anni precedenti si erano verificate le circostante dannose;

2) L’impianto andato rovinato avrebbe potuto essere ripristinato al fine di evitare la moltiplicazione del lucro cessante, potendosi parlare in tal caso solo di ritardo nella redditività e non di mancanza totale.

 

Il Consiglio di Stato con Sentenza n. 4316 del 16 luglio 2018 boccia entrambe queste motivazioni, e ci soffermiamo sulla motivazione sub 1) qui sopra, vale a dire la corresponsabilità del proprietario per non avere recintato il proprio fondo per difenderlo dalle invasioni della fauna selvatica.

Afferma il CdS: “Dalla disamina di precedenti giurisprudenziali impostati su elementi argomentativi trasponibili nel caso qui in esame – si evince un orientamento costantemente contrario a configurare ipotesi di responsabilità o corresponsabilità del proprietario dell’area danneggiata, fondate sull’addebito della mancata recinzione dell’area di proprietà”.

Ed aggiunge: “Rileva in tal senso considerare che, per principio generale di diritto (cfr. art. 841 cod. civ.), la "chiusura del fondo" costituisce una mera facoltà del proprietario, il cui mancato esercizio non può dunque ridondare in un giudizio di responsabilità per condotta omissiva o inottemperante ad un obbligo di diligenza … Né sussistono alternativa basi normative per fondare un obbligo di recinzione in capo al proprietario del fondo”.

 

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Di seguito il testo di
Consiglio di Stato Sentenza n° 4316 dep. 16/07/2018

 

FATTO

 

1. Nel corso dell’anno 1998, il sig. C.R. conveniva in giudizio l'Ambito Territoriale di Caccia _________ (già _______) al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti a cagione dell'invasione di fauna selvatica sui terreni di sua proprietà nei quali, nell’anno 1997, aveva impiantato latifoglie pregiate, in attuazione del programma di rimboschimento di cui al Regolamento CEE 2080/92.

Per sua autonoma scelta imprenditoriale, del tutto compatibile con le prescrizioni del programma finanziato, il sig. R. aveva deciso di mettere a coltura, ai piedi di ciascuna di dette latifoglie, anche tre frutti noce pregermogliati. Precedenti due impianti erano stati realizzati nel 1995 e nel 1996 ed entrambi erano stati distrutti dalle incursioni degli animali selvatici.

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