Breve commento ai dati diffusi dal Ministero di Giustizia sull’andamento della giustizia

L’analisi dei dati del Ministero della Giustizia sull’arretrato evidenzia una rinnovata efficienza del sistema nel settore civile. Trend irrilevante, invece, per il penale. Mediazione in soffererenza.

Breve commento ai dati diffusi dal Ministero di Giustizia sull’andamento della giustizia

Il Ministero della Giustizia ha pubblicato sul proprio sito istituzionale alcuni dati sull’andamento del contenzioso pendente avanti le corti nei vari gradi, diviso, anche, fra civile e penale.

 

I dati pubblicati che, si ripete, si riferiscono al contenzioso presente, non sono completati dall’ulteriore dato – invero assai rilevante – circa le procedure in entrata. Vale a dire quel parametro che permette di comprendere se l’eventuale calo del numero dei procedimenti pendenti sia dovuto più al minor afflusso di cause piuttosto che alla virtuosità del sistema.

 

In carenza, ci si dovrà, pertanto, attenere ai dati disponibili.

 

Pendenze del settore civile

Il settore civile è dove si rinvengono dati decisamente interessanti, dove è più che evidente il miglioramento dello smaltimento dell’arretrato.

In particolare considerando i risultati dei Tribunali. L’immagine a fianco illustra il calo dal 2013 ad oggi (in realtà è dal 2009 che è iniziato il trend discendente) dei procedimenti di durata ultra triennale (quelli che interessano la Legge Pinto, per intenderci [1]).

Si tratta di un calo rilevantissimo, pari a quasi il 50% visto che si passa da 646.146 processi pendenti a 359.585.

Il calcolo non tiene conto dell'attività del giudice tutelare, dell'Accertamento Tecnico Preventivo, della verbalizzazione di dichiarazioni giurate, delle esecuzioni mobiliari ed immobiliari e dei fallimenti, così come indicato dalla metodologia europea del Cepej.

I dati, seppur incoraggianti - salvo quanto sotto si leggerà - danno il senso del pesante fardello che costituisce l'arretrato per le finanze dello Stato. Facendo dei calcoli a spanne, se tutti gli interessati di quei 359.585 processi, chiedessero l'indennizzo anche per un solo anno di ritardo, e quindi ottenessero 750 euro, si raggiungerebbe la cifra di 262 milioni di euro di indennizzi da pagare. Per una sola parte del processo. Moltiplicato per due parti, la cifra si porta attorno a 500 milioni di euro. Tutto solo per un anno. A salvare la situazione è che solo una piccola percentuale delle parti danneggiate decide di ricorrere per ottenere l'indennizzo.

 

Corte d’Appello. Analoga riduzione dell’entità dei procedimenti pendenti (da più di due anni, sempre con riferimento all’eccessiva durata del processo e quindi di durata patologica) avanti le Corti d’Appello, le quali passano da 198.803 pendenze del 2013 a 105.373 nel primo trimestre del 2019. Anche qui la diminuzione si aggira sul 50%, poco meno.

 

Corte di cassazione. Del tutto diversi i dati provenienti dall’esame dell’arretrato della Suprema Corte, sempre settore civile, i quali non solo non dimostrano alcun arretramento ma, all’opposto, appare un incremento, seppur modesto.

Va aggiunto che una buona fetta dell’arretrato è da attribuirsi al settore tributario tanto da poter affermare che l’avanzata dell’arretrato sia praticamente tutta da addebitare alla materia tributaria. Materia, pertanto, che merita una specifica analisi, così come andrebbe esaminato l’andamento del contenzioso nelle Commissioni Tributarie (escluso dai dati ministeriali pubblicati).

 

Nell’ambito europeo.

Se i dati ministeriali meritano un plauso e la sboccatura di un millesimato, gli stessi dati del settore civile visti dall’estero farebbero ritenere opportuno, per il momento, un ulteriore riposo della Champagnotta. Nelle “Note su atti dell’Unione Europea” diffusi dall’Ufficio Studi del Senato nell’aprile 2019 testualmente si legge:

dal 2010, in quasi tutti questi Stati membri, la durata dei procedimenti giudiziari di primo grado nell’ampia categoria "tutte le cause", nei contenziosi civili e commerciali e nelle cause amministrative è diminuita o è rimasta stabile (l'Italia è terzultima con una durata media per i contenziosi civili e commerciali passata dai 517 giorni del 2016 a 548 giorni nel 2017, mentre per la giustizia amministrativa occorrono 887 giorni). Una maggiore efficienza si osserva nei tribunali di grado superiore (ma in Italia per una sentenza di secondo grado occorrono 843 giorni, e per il terzo grado 1.299 giorni, i tempi più lunghi fra gli Stati esaminati) ”.

 

Si riporta il grafico della media del tempo necessario per la soluzione di cause civili e commerciali in tutte le corti (tutti i gradi) nel 2017:

Blu = primo grado, Arancio = secondo grado e Verde = terzo grado.

 

Eppure l’Italia non è un paese di litigiosi, almeno a leggere i grafici proposti dalla Commissione Giustizia dell’Unione Europea, da cui si evince che per i processi in ingresso (“Number of incoming civil and commercial litigious cases”), nel primo grado l’Italia si posizione ad un livello mediano (simile alla Francia, ad esempio).

Certo qualcosa su cui riflettere, e l’apertura di orizzonti verso l’estero permette di comprendere che il lavoro da fare nel nostro paese è ancora molto.

 

Il settore penale.

I dati del Ministero della Giustizia cessano di essere interessanti quando si passa ad esaminare il settore penale.

Dal 2013 ad oggi, nella sostanza, non cambia minimamente lo scenario e non vi è evidenza di alcun trend: qualche anno il numero dei procedimenti pendenti sale e qualche anno scende.

Non ci corre in aiuto neppure il lavoro della Commissione giustizia in Europa visto che non elabora né grafici né tabelle riguardo alle pendenze penali. Piuttosto si occupa di proprietà industriale o di consumatori.

E’ sbagliato? Il settore penale non va giudicato sulla base di numeri che non siano quelli della durata del processo (il regime della prescrizione va di pari passo). Verrebbe da dire che più rilevante sarebbe la bontà delle condanne (cioè la capacità di non sbagliare), la capacità di non far andare in prescrizione le denunce. Non solo, l’apparato “umano” che deve sottostare al sistema penale difficilmente è riconducibile a meri numeri e la validità del sistema giustizia in questo settore merita parametri del tutto peculiari.

 

 

La mediazione

Il ricorso all’istituto della Mediazione (civile e commerciale) è in declino. Come si vede dalla tabella sottostante, dopo il primo impulso da attribuire alla obbligatorietà, si nota un continuo decremento. Manca il dato relativo alla definizione del contenzioso, vale a dire il numero dei verbali di conciliazioni positivi, ma si può considerare che malamente si possa considerare un fenomeno concretamente deflattivo.

Iscrizioni annuali di mediazioni
2011- I trim. 2019

ANNO

Iscrizioni di mediazioni

2014

179.587

2015

196.247

2016

183.977

2017

166.989

2018

151.923

1° trim. 2019

38.472


Segno evidente che l’istituto, così come confezionato, non ha convinto né gli operatori né le parti.

 

___________

1 - Prima parte del Comma 2 dell’art. 2 Legge Pinto (L. 89/2001) “2-bis. Si considera rispettato il termine ragionevole di cui al comma 1 se il processo non eccede la durata di tre anni in primo grado, di due anni in secondo grado, di un anno nel giudizio di legittimità”.

 

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