Scaglione di liquidazione compenso avvocato in caso di chiusura della causa con transazione

Su quale sia il valore della causa ai fini della quantificazione del compenso dell’avvocato nel caso di chiusura della lite con transazione. Cassazione civile Ordinanza n. 20547/2019

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Scaglione di liquidazione compenso avvocato in caso di chiusura della causa con transazione

Ai sensi del D.M. 55/2014 il compenso dell’avvocato va liquidato in funzione del valore della domanda (vedasi il nostro Vademecum “Come si forma la parcella di un avvocato? Applichiamo i parametri forensi”).

Si è posto avanti alla Corte di Cassazione civile il quesito se il medesimo riferimento alla domanda formulata nella causa sia criterio utilizzabile anche qualora quella causa venga definita dalle parti mediante la sottoscrizione di un accordo transattivo. Accordo nel quale si perde, si annacqua fra multiple reciproche concessioni, il valore della originaria domanda.

La S.C. (Sez. II) ha risposto con Ordinanza n. 20547 depositata in data 30 luglio 2019.

 

L’attività espletata per la transazione è prestazione giudiziale

L’asserto iniziale, rilevante, e che funge da base di partenza, ricorda che “interpretazione consolidata di questa Corte quella secondo cui, in tema di esercizio della professione forense, è da considerare prestazione giudiziale, ai fini della liquidazione delle competenze e della relativa tariffa in materia giudiziale, anche l'assistenza e l'attività svolta dal difensore, stragiudizialmente, per transigere una controversia, trattandosi di attività complementare e dipendente da quella per cui gli è stato conferito il mandato”.

Se l’attività espletata per la transazione è attività giudiziale ne consegue l’applicazione delle relative regole di liquidazione del compenso.

Competerà al legale dimostrare l’entità delle prestazioni effettuate.

 

Valore della causa anche se conclusa con transazione

Il giudice del merito aveva determinato il valore, ai fini della liquidazione dei compensi spettanti all'avvocato, sulla base delle somme per le quali erano intervenute le rispettive transazioni.

La Cassazione censura tale decisione.

E afferma:

ai fini della liquidazione degli onorari professionali dovuti dal cliente in favore dell'avvocato, nel caso di transazione di una causa introdotta con domanda di valore determinato e, pertanto, non presunto in base ai criteri fissati dal codice di procedura civile, il valore della causa si determina avendo riguardo soltanto a quanto specificato nella domanda, considerata al momento iniziale della lite, restando irrilevante la somma realizzata dal cliente a seguito di transazione”.

 

Compenso quale debito di valuta. L’applicazione degli interessi.

Il provvedimento in commento si sofferma anche su altro tema spesso dibattuto e che riguarda l’applicazione (e le modalità di applicazione) degli interessi di mora (in senso civilistico).

La S.C. chiarisce che sulla base di consolidata giurisprudenza “il credito dell'avvocato per il pagamento dei compensi professionali costituisce un credito di valuta (nè si trasforma in credito "di valore" per effetto dell'inadempimento del cliente)”.

Ne consegue da un lato la mancata automatica applicazione della rivalutazione monetaria e da altro lato l’applicazione degli interessi di mora ex art. 1284 c.c.

Potrà chiedersi, inoltre, il maggior danno ai sensi dell'art. 1224 c.c., comma 2, e la Corte in commento aderisce alla quantificazione presuntiva del maggior danno nella variante che segue: “ … può, peraltro, ritenersi esistente in via presuntiva, sempre che il medesimo creditore alleghi che, durante la mora, il saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato con scadenza non superiore a dodici mesi sia stato superiore al saggio degli interessi legali”.

 

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Di seguito il testo di

Corte di Cassazione civile, Sez. II, Ordinanza n. 20547 dep. 30/07/2019

 

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

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