Brevi riflessioni sul rapporto Censis su giustizia e avvocatura commissionato da Cassa Forense

Il rapporto Censis sulla classe forense. Suddivisione dei redditi degli avvocati per genere e località, composizione della clientela, le sfide della tecnologia. Le previsioni per il futuro

Brevi riflessioni sul rapporto Censis su giustizia e avvocatura commissionato da Cassa Forense

L'istituto Censis anche quest'anno ha elaborato interessanti dati statistici sulla composizione della classe forense italiana, tendenze in atto, preoccupazioni, sentiment. Si tratta oramai della quarta edizione del Rapporto con il quale il Censis prosegue il monitoraggio dello «stato di salute» della professione forense.

 

Quattro avvocati ogni 1000 abitanti

Il rapporto tratteggia il quadro dell’avvocatura come segue.

Sono 243 mila gli avvocati, divisi in modo quasi uguale fra uomini e donne (leggera prevalenza degli uomini), diffusi in modo quasi omogeneo nel territorio nazionale, con una prevalenza a sud e isole (nord: 33,1, centro: 22,5, sud e isole: 44,49), con una età media di 47 anni.

Il reddito medio annuo pro capite si aggira attorno ai 38 mila euro ma qui le differenze si fanno marcate nelle varia categorie, con avvocati uomini che vantano un reddito medio di 51 mila euro a fronte del reddito femminile di 23 mila. Dato, tuttavia, che potrebbe avere una spiegazione nella diversa composizione delle fasce di età, essendo i redditi più elevati accentrati nella fascia di età più avanzata mentre la presenza femminile è concentrata nelle fasce più giovani.

Ugualmente su base geografica, con i redditi accentrati nelle regioni del nord con la Lombardia ove la media dei redditi è di euro 67 mila contro la regione con redditi dell’avvocato più bassi posta al sud Italia, ed è la Calabria.

 

Il numero degli avvocati si sta stabilizzando, crescita vicina allo zero. Reddito medio in diminuzione.

Dal 2000 in poi, rileva il rapporto, il numero degli iscritti agli albi forensi è sempre cresciuto ma con tassi d’incremento sempre più contenuti: se nel 2000 la variazione degli iscritti rispetto all’anno precedente era stata pari all’8,7%, l’ultimo dato registrato – fra il 2017 e il 2018 – vede un incremento pari allo 0,3%. Siamo prossimi ad un incremento pari a zero.

Non lo stesso per il reddito medio della categoria che scende inesorabilmente (decremento) da diversi anni.

Il rapporto, inoltre, evidenzia che l’incremento di reddito si è avuto nelle fasce più giovani. Facile replicare che è probabile poter aumentare in misura percentuale da 1.000 a 2.000, con un incremento del 100% mentre ben più difficile è incrementare la percentuale a partire da 100.000 (tanto per fare un esempio). Ed in effetti sono i legali con molti anni di professione alle spalle che lamentano addirittura una diminuzione del reddito. Quelli con oltre 30 anni di professione dichiarano per il 17,2 un aumento di reddito, per il 50,0% una diminuzione e per il 32,8 una situazione invariata.

 

La clientela dell’avvocato

Nonostante l’uso delle nuove tecnologie e la facilità negli spostamenti, i legali intervistati dichiarano di avere clientela prevalentemente “locale” (vale a dire del paese, città o massimo della provincia) nella misura di oltre il 70%. Solo il 14% la estende a livello regionale.

Altro dato interessante: quasi il 50% dell’attività viene svolta per privati, persone fisiche.

Il fatturato globale che le “grandi aziende”, quelle con oltre 250 dipendenti, procura agli avvocati è di poco meno dell’8%. Ciò significa che la spesa per legali di queste grandi aziende, rispetto ai loro bilanci, è irrilevante.

 

Il “sentiment”, la sensazione di come va e come andrà nel futuro.

Per il 23,4% degli avvocati intervistati la situazione è “molto critica, c’è poco lavoro e la situazione professionale è incerta”. Dall’altro lato del grafico, solamente l’1,7% dichiara una situazione “molto positiva … molto migliorata” rispetto all’anno precedente.

Di mezzo varie sfumature ma va considerato che sommando chi la vede “molto critica” con chi la vede “critica” si arriva al 55,6% degli intervistati.

In posizione neutra, un 27,1% vede la propria posizione come stabile.

La somma di coloro che vedono “positivamente” o “molto positivamente” è del 17,3%.

A livello geografico più positivi sono gli avvocati del nord Italia.

 

L’uso della banca dati della Cassa Forense (ilsole24ore).

Cassa Forense ha fatto fare al Censis anche alcune domande sui servizi dalla stessa offerti.

Il 66,5% degli intervistati dichiara di non avere mai effettuato l’accesso alla banca dati realizzata da ilsole24ore per Cassa forense. Solo il 2% dichiara di avere consultato Codici istituzionali (codice civile, penale, di procedura,ecc.). Le news della Cassa lette solamente dal 4,3%.

Forse è perché nessuno riesce a trovare come si fa ad accedere alla banca dati, se esiste ancora. Personalmente il sottoscritto ha provato a fare il proprio accesso e, nonostante la carenza di un link dal sito ufficiale, provando una ricerca su un motore di ricerca si trova, finalmente, la pagina dela Banca Dati. Effettuato l’accesso con autenticazione riuscita, la pagina successiva da un errore. Pagina non esistente.

Utilizzando la chat on-line del sito ufficiale, una volta effettuato l’accesso, ho chiesto spiegazioni e sono rimasto in linea per circa un’ora senza avere alcun tipo di risposta.

Certo, forse la Cassa dovrebbe porsi delle domande sulla propria struttura informatica. Sarebbe anche interessante conoscere la spesa di tutto ciò visto che l’allarme per l’erogazione delle pensioni è sempre acceso.

 

La tecnologia (AI) nella professione del giurista

L’avanzata della Intelligenza Artificiale e le possibilità date dalla tecnologia non costituiscono, secondo gli intervistati, una minaccia per la professione dell’avvocato.

L’attenzione sulla tecnologia in ambito giuridico è molto forte negli ultimi tempi e meriterebbe un articolo a parte. I tentativi di introdurre strumenti di Intelligenza Artificiale in particolare, stanno facendo molto discutere, ed hanno già le prime applicazioni in altri stati, in particolare negli Stati Uniti.

L’avvocato italiano, in ogni caso, ad oggi, non si sente minacciato e risponde al Censis, per il 62,6%, che “La funzione di mediazione dell’avvocato non può essere sostituita da algoritmi e piattaforme, semmai algoritmi e piattaforme possono supportare positivamente l’attività dell’avvocato”. Solamente un 8,9% ritiene che vi sia un rischio per la professione, il rischio di essere sostituiti da un robot, o comunque, da un software.

 

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