Millantato credito, traffico di influenze illecite e truffa secondo la Cassazione

Circa i rapporti fra l'abrogato reato di millantato credito, la nuova fattispecie del traffico di influenze illecite e il reato di truffa si esprime la Corte di Cassazione con Sentenza n. 5221/2020

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Millantato credito, traffico di influenze illecite e truffa secondo la Cassazione

Il fatto

Tizio con più azioni dello stesso tenore convinceva alcune persone a farsi consegnare danaro, che prometteva sarebbe stato consegnato ai terzi che avrebbero “sistemato” la pratica, al fine di a) assicurare un posto di lavoro al figlio, b) avere la restituzione della patente sospesa, c) sbloccare un sequestro di autovettura, ecc.

 

L’attenzione su muove sulla fattispecie prevista dal secondo comma dell’art. 346 (millantato credito) del c.p. , ora abrogato con l’introduzione dell’art. 346-bis titolato Traffico di influenze illecite.

Riportiamo per comodità il secondo comma dell’abrogato art. 346 c.p.

La pena è della reclusione da due a sei anni e della multa da cinquecentosedici euro a tremilanovantotto euro, se il colpevole riceve o fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità, col pretesto di dover comprare il favore di un pubblico ufficiale o impiegato, o di doverlo remunerare

Il caso viene esaminato dalla Corte di Cassazione (che decide con Sentenza n. 5221 depositata in data 7 febbraio 2020), la quale argomenta sul corretto inquadramento normativo della fattispecie concreta dell’agente che si fa dare danaro al dichiarato fine di utilizzarlo per inesistenti conoscenze che possono aiutare ad avere un vantaggio.

 

 

Continuità fra il millantato credito ed il traffico di influenze illecite

La Corte di Cassazione chiarisce come vi sia una sostanziale differenza fra la fattispecie che era prevista dal primo comma dell’art. 346 c.p. da quella prevista dal secondo comma dello stesso articolo.

 

Richiamando un caso che riguardava l'ipotesi delittuosa in precedenza disciplinata dall'art. 346, primo comma, c.p. afferma: “Questa Corte ha già avuto modo di rilevare che sussiste continuità normativa tra il reato di millantato credito … e quello di traffico di influenze di cui al novellato art. 346-bis cod. pen., atteso che in quest'ultima fattispecie risultano attualmente ricomprese le condotte già previste in detta norma penale, incluse quelle di chi, vantando un'influenza, effettiva o meramente asserita, presso un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, si faccia dare denaro ovvero altra utilità quale prezzo della propria mediazione”.

Continuità inesistente, invece, secondo la Corte, fra il secondo comma dell’abrogato art. 346 c.p.c e il nuovo 346-bis c.p.: “il Collegio ritiene che vada esclusa la continuità normativa tra la fattispecie di cui all'art. 346, secondo comma, cod. pen. e l'attuale art. 346-bis cod. pen.”.

 

Il secondo comma del millantato credito era una ipotesi speciale di truffa

La fattispecie prevista dal secondo comma dell’art. 346 c.p. viene delineata attraverso il significato da attribuire al termine “pretesto”, "col pretesto di dover comprare favori", laddove “pretesto” indica la insussistenza della situazione, che viene solamente rappresentata dall’agente.

In sostanza l’agente non ha alcun “aggancio” al quale chiedere favori, e semplicemente rappresenta artificialmente la situazione al fine di ottenerne vantaggio.

Secondo la Corte la nuova disciplina introdotta con l’art. 346-bis c.p. non intende occuparsi di questo fenomeno, essendo tesa ad una tutela anticipatoria contro la corruzione.

Esplicita la S.C. che “l'ipotesi di cui all'art. 346, secondo comma, cod. pen., rispetto a quella di cui al primo comma, risultava integrare una autonoma fattispecie penale ricalcata sullo schema della truffa”. E richiama propri precedenti secondo i quali “il delitto di truffa dovesse ritenersi assorbito in quello di millantato credito previsto dall'art. 346, comma secondo, cod. pen. proprio a cagione dell'impossibilità di configurare il concorso formale tra i due reati”.

Ne consegue che una volta abrogato l'articolo sul millantato credito la fattispecie ritorna alla sua sede originaria, vale a dire la truffa ai sensi dell'art. 640 c.p.

 

E conclude:

“Deve, allora, riconoscersi che non c'è continuità normativa tra l'abrogata ipotesi di millantato credito già prevista nell'art. 346, secondo comma, cod. pen. nella condotta dell'agente che si riceve o fa dare o promettere denaro o altra utilità, col pretesto di dover comprare il pubblico ufficiale o impiegato o doverlo comunque remunerare e quella prevista nell'art. 346-bis cod. pen. nella parte in cui punisce il faccendiere che sfruttando o vantando relazioni asserite con l'agente pubblico si fa dare o promettere indebitamente denaro o altra utilità per remunerare l'agente pubblico in relazione all'esercizio delle sue funzioni; condotta che, in considerazione della intervenuta abrogazione del secondo comma dell'art. 346 cod. pen., deve ritenersi integrare il delitto di cui all'art. 640, primo comma, cod. pen. allorché l'agente, mediante artifici e raggiri, induca in errore la parte offesa che si determina a corrispondere denaro o altra utilità a colui che vanti rapporti neppure ipotizzabili con il pubblico agente.”

 

 

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Di seguito il testo di

Corte di Cassazione Sez. VI, Sentenza n. 5221 dep. 07/02/2020

 

RITENUTO IN FATTO

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