Privacy e diritto di accesso alla documentazione economico fiscale dell’altro coniuge

Il Consiglio di Stato sul diritto di accesso del coniuge alla documentazione tributaria dell’altro tenuta presso l’Agenzia delle Entrate, anche in preparazione del contenzioso giudiziale. Consiglio di Stato Ad. Plenaria Sentenza n. 21/2020

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Privacy e diritto di accesso alla documentazione economico fiscale dell’altro coniuge

L’adunanza Plenaria del Consiglio di Stato pubblica una sorprendente sentenza (Sentenza n. 21/2020 depositata in data 25 settembre 2020) che allarga le possibilità di accesso alla documentazione detenuta dall’Agenzia delle Entrate al fine di istruire un procedimento di separazione o divorzio, o, generalmente, di diritto di famiglia.

Le perplessità poste innanzi al consesso riguardavano a) i rapporti fra i poteri istruttori concessi al magistrato nella materia della famiglia e ordinariamente processuali per l’acquisizione della documentazione presso terzi; b) il corretto bilanciamento del diritto alla riservatezza/privacy rispetto al diritto ad una corretta conoscenza della situazione economico-finanziaria dell’altro coniuge; c) le modalità di accesso.

Nel caso concreto la richiesta di accesso agli atti riguardava ogni tipologia di documentazione fiscale detenuta dalla Agenzia delle Entrate e, quindi, non soltanto dichiarazioni dei redditi, ma anche esistenza di contratti registrati (ad esempio locazione), documentazione finanziaria (conti correnti, ecc.).

Si tenga presente l’atteggiamento prudenziale tenuto, fino a questa sentenza, dall’Agenzia delle Entrate in ordine a questo tipo di richiesta di accesso agli atti amministrativi, la quale, in particolare, si rifaceva al divieto di rilascio contenuto nella circolare del 10 ottobre 2017, relativa all’accesso alle «risultanze derivanti dall’Archivio dei rapporti finanziari», in assenza dell’autorizzazione del Tribunale.

Circolare che, secondo la Sezione rimettente sarebbe del tutto sprovvista di copertura legale.

La Sezione rimettente, favorevole ad un allargamento del diritto di accesso, faceva presente che “nei procedimenti in materia di famiglia, connotati dall’attribuzione al giudice civile di ampi e specifici poteri istruttori esercitabili anche d’ufficio ..., le lacune istruttorie spesso si verificano a cagione del comportamento processuale di una parte a danno dell’altra, inottemperante o parzialmente ottemperante agli obblighi di deposito, il cui superamento postula l’utilizzo di tecniche di indagine molto invasive, soprattutto per la sfera giuridica dei terzi estranei (es. le indagini fiscali e tributarie), con notevole dispiegamento dell’energia della forza pubblica (ad es. Guardia di Finanza); inoltre, occorre considerare che tali indagini difficilmente sono autorizzate dal giudice civile in assenza di puntuali, specifici e ben motivati elementi conoscitivi (Cass. Civ., Sez. 1, 6 giugno 2013, n. 14336; id., Sez. 1, 20 settembre 2013, n. 21603; id., Sez. 6, 15 novembre 2016, n. 23263; id., Sez. 1, 4 aprile 2019, n. 9535)”.

Da altro canto è notoria l’antipatia dell’ordinamento processual-civilistico verso mezzi istruttori che abbiano il carattere della mera esplorazione, del tentativo di raccogliere prove.

E da altro canto rileva anche come la giurisprudenza spesso si sia levata contro l’ammissione di richieste di autorizzazione di acquisizione di documentazione che la parte avrebbe potuto / dovuto raccogliere da sé.

 

A fronte di questo panorama viene posato un arresto del Consiglio di Stato, una pietra miliare che funge da apripista a nuove modalità istruttorie delle cause familiari.

 

Diritto di accesso ai documenti reddituali, patrimoniali e finanziari

La sezione rimettente (la quarta) aveva sottoposto all'Adunanza Plenaria il seguente quesito: «a) se i documenti reddituali (le dichiarazioni dei redditi e le certificazioni reddituali), patrimoniali (i contratti di locazione immobiliare a terzi) e finanziari (gli atti, i dati e le informazioni contenuti nell’Archivio dell’Anagrafe tributaria e le comunicazioni provenienti dagli operatori finanziari) siano qualificabili quali documenti e atti accessibili ai sensi degli artt. 22 e ss. della legge n. 241 del 1990”.

L'Adunanza Plenaria di Palazzo Spada ritiene che la questione vada risolta in senso affermativo, non rilevandosi contrasti giurisprudenziali sul punto.

Riguardo ai riferimenti normativi ricorda che l’art. 22, comma 1, lettera d), l. n. 241/1990 testualmente recita: «Ai fini del presente capo si intende: […] d) per “documento amministrativo”, ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale»

In uno con il richiamo all’art. 1, lettera a), d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 e all’art. 2, comma 2, d.P.R. 12 aprile 2006, n. 184 se ne deduce un quadro normativo attraverso il quale “si può trarre una considerazione decisiva ai fini della soluzione al primo quesito interpretativo posto dalla Sezione rimettente, e cioè che, sotto il profilo oggettivo, la nozione normativa di «documento amministrativo» suscettibile di formare oggetto di istanza di accesso documentale è ampia e può riguardare ogni documento detenuto dalla pubblica amministrazione o da un soggetto, anche privato, alla stessa equiparato ai fini della specifica normativa dell’accesso agli atti, e formato non solo da una pubblica amministrazione, ma anche da soggetti privati, purché lo stesso concerna un’attività di pubblico interesse o sia utilizzato o sia detenuto o risulti significativamente collegato con lo svolgimento dell’attività amministrativa, nel perseguimento di finalità di interesse generale”.

Ne conclude che a “norma dell’art. 22, comma 3, l. n. 241/1990, secondo cui «tutti i documenti amministrativi sono accessibili […]», la qualificazione dei documenti in questione come «documenti amministrativi» comporta la loro piena accessibilità, proprio in ragione di tale loro qualità oggettiva, salve le eccezioni di cui all’art. 24, commi 1, 2, 3, 5 e 6, nonché – con specifico riferimento all’accesso necessario per curare e difendere i propri interessi giuridici – nel rispetto dei limiti e delle condizioni previste al comma 7 del citato art. 24”.

 

Rapporti fra norme processuali civilistiche e accesso agli atti amministrativi

La sezione rimettente sottoponeva all’attenzione dell’Adunanza Plenaria anche il secondo seguente quesito: “b) quali siano i rapporti tra la disciplina generale riguardante l’accesso agli atti amministrativi ex lege n. 241/1990 e le norme processuali civilistiche previste per l’acquisizione dei documenti amministrativi al processo (secondo le previsioni generali, ai sensi degli artt. 210 e 213 del cod. proc. civ.; per la ricerca telematica nei procedimenti in materia di famiglia, ai sensi del combinato disposto di cui artt. 492-bis del cod. proc. civ. e 155-sexies delle disp. att. del cod. proc. civ.)”;

Con lo strumento processuale delineato dall’art. 155-sexies disp. att. cod. proc. civ. sono stati ampliati i poteri istruttori del giudice ai fini della ricostruzione della situazione patrimoniale ed economico-finanziaria delle parti processuali nei procedimenti in materia di famiglia, attraverso il ricorso allo strumento di cui all’art. 492-bis c.p.c., costituito dall’accesso, con modalità telematiche, «ai dati contenuti nelle banche dati delle pubbliche amministrazioni e, in particolare, nell’anagrafe tributaria, compreso l’archivio dei rapporti finanziari».

Da altro canto l’art. 22, comma 2, l. n. 241/1990 comma 7 stabilisce che «deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici. Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l’accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dall’articolo 60 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale».

L’Adunanza Plenaria cerca il giusto contemperamento dei due principi, affermando che sono due le logiche all’interno delle quali opera l’istituto dell’accesso: la logica partecipativa e della trasparenza e quella difensiva.

La logica partecipativa, continua, è imperniata sul principio generale della massima trasparenza possibile, con il solo limite rappresentato dalle esclusioni elencate nei commi 1, 2, 3, 5 e 6 dell’art. 24 della medesima legge n. 241, mentre la logica difensiva è costruita intorno al principio dell’accessibilità dei documenti amministrativi per esigenze di tutela e si traduce in un onere aggravato sul piano probatorio, nel senso che grava sulla parte interessata l’onere di dimostrare che il documento al quale intende accedere è necessario per la cura o la difesa dei propri interessi.

In questa ottica affermala Corte “l’accesso di un privato agli atti reddituali, patrimoniali e lato sensu finanziari di un altro soggetto privato sarà strettamente ancorato e non fuoriuscirà dalla necessità della difesa in giudizio di situazioni riconosciute dall’ordinamento come meritevoli di tutela”. La richiesta di accesso dovrà essere motivata. Le finalità dell’accesso dovranno essere dedotte e rappresentate dalla parte “in modo puntuale e specifico nell’istanza di ostensione, e suffragate con idonea documentazione (ad es. scambi di corrispondenza; diffide stragiudiziali; in caso di causa già pendente, indicazione sintetica del relativo oggetto e dei fatti oggetto di prova; ecc.), onde permettere all’amministrazione detentrice del documento il vaglio del nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta sub specie di astratta pertinenza con la situazione ‘finale’ controversa. In questa prospettiva, pertanto, va escluso che possa ritenersi sufficiente un generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, siano esse riferite a un processo già pendente oppure ancora instaurando”.

Ai fini del riconoscimento della situazione legittimante, infatti, non è positivamente richiesto il requisito dell’attuale pendenza di un processo in sede giurisdizionale.

 

Diritto di accesso ai documenti economico-patrimoniali-fiscali anche al di fuori del processo?

Quale terzo e quarto quesito la quarta sezione chiedeva all’Adunanza Plenaria di chiarire “c) se il diritto di accesso ai documenti amministrativi ai sensi della legge n. 241/1990 sia esercitabile indipendentemente dalle forme di acquisizione probatoria previste dalle menzionate norme processuali civilistiche, o anche – eventualmente – concorrendo con le stesse” e d) ovvero se – all’opposto – la previsione da parte dell’ordinamento di determinati metodi di acquisizione, in funzione probatoria di documenti detenuti dalla Pubblica Amministrazione, escluda o precluda l’azionabilità del rimedio dell’accesso ai medesimi secondo la disciplina generale di cui alla legge n. 241 del 1990”.

In un tentativo di composizione organica dell’istituto dell’accesso agli atti amministrativi si pone qui la questione di chiarire se il dovere di fornire la documentazione necessaria all’istruttoria della causa familiare debba essere distinta dall’ordinario diritto di accesso, e perciò ne conseguano rimedi alternativi e diversi. E si chiarisce in sentenza che l’accesso difensivo non presuppone necessariamente l’instaurazione o la pendenza in concreto di un giudizio.

L’Adunanza Plenaria subito chiarisce che i “rapporti tra l’accesso difensivo e i metodi di acquisizione probatoria previsti dalle menzionate disposizioni del codice di procedura civile, depongono nel senso della complementarietà tra i due istituti, anziché nel senso della loro reciproca esclusione”. E aggiunge: “il diritto di accesso difensivo non è riducibile a un mero potere processuale … L’accesso difensivo ha una duplice natura giuridica, sostanziale e processuale. La natura sostanziale dipende dall’essere, l’accesso, una situazione strumentale per la tutela di una situazione giuridica finale...; la natura processuale consiste nel fatto che il legislatore ha voluto fornire di ‘azione’ la ‘pretesa’ di conoscenza, rendendo effettivo e, a sua volta, giuridicamente tutelabile e giustiziabile l’eventuale illegittimo diniego o silenzio”.

Tuttavia la vera domanda torna ad essere se il diritto di accesso di cui si parla (onnicomprensivo della documentazione a disposizione dell’Agenzia delle Entrate) possa essere legittimamente esperito senza l’autorizzazione del magistrato e quindi al di fuori e prima della instaurazione del contenzioso.

Secondo la sentenza in commento “il diritto di accesso cd. difensivo ex l. n. 241/1990 è strumentale alla difesa di una situazione giuridica tutelata dall’ordinamento ed è azionabile dinanzi al giudice amministrativo, a prescindere dalla circostanza che la situazione giuridica finale si configuri come diritto soggettivo o interesse legittimo, e che quindi rientri nell’ambito di giurisdizione del giudice amministrativo e di quello ordinario”.

La ricerca della documentazione idonea a dimostrare i propri assunti difensivi sono onere della parte e non possono essere delegati al magistrato. Afferma il Consiglio di Stato: “l’acquisizione al di fuori del giudizio dei documenti dei quali la parte intende avvalersi in un giudizio civile (sia futuro sia già pendente)… è un’attività di ricerca della prova del tutto fisiologica, non solo consentita dall’ordinamento, ma oggetto di un preciso onere a carico della parte a ciò legittimata” e continua ricordando che “ … i poteri istruttori del giudice disciplinati agli articoli 210, 211 e 213 cod. proc. civ. hanno carattere residuale, non possono essere esercitati per acquisire atti o documenti della pubblica amministrazione che la parte è in condizioni di produrre”.

Tuttavia, nella materia specifica, il diritto di famiglia, ciò parrebbe collidere con una serie di disposizioni normative che concedono al magistrato una propria e peculiare capacità di indagine. La Corte ricorda tali poteri di indagine elencandoli come di seguito:

- l’art. 337-ter, ultimo comma, cod. civ., che – con statuizione avente portata generale ex art. 4, comma 2, l. n. 54/2006, applicabile anche nei procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati –, prevede, nell’interesse dei figli, che «ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi»;

- l’art. 5, comma 9, l. n. 898/1970, che prevede il potere del Tribunale, in caso di contestazione sulle emergenze reddituali e patrimoniali, di disporre «indagini sui redditi, sui patrimoni e sull’effettivo tenore di vita, valendosi, se del caso, anche della polizia tributaria»;

- l’art. 736-bis, comma 2, cod. proc. civ., che, allorquando è richiesto un ordine di protezione contro gli abusi familiari (artt. 342-bis e 342-ter cod. civ.), demanda al giudice ampi poteri istruttori, ivi inclusa l’acquisizione, per mezzo della polizia tributaria, di informazioni «sui redditi, sul tenore di vita e sul patrimonio personale e comune delle parti»;

- l’art. 155-sexies disp. att. cod. proc. civ., con il quale sono stati ampliati i poteri istruttori del giudice ordinario ai fini della ricostruzione della situazione patrimoniale ed economico-finanziaria delle parti processuali nei procedimenti di famiglia, attraverso il ricorso allo strumento di cui all’art. 492-bis cod. proc. civ., costituito dall’accesso, con modalità telematiche, «ai dati contenuti nelle banche dati delle pubbliche amministrazioni e, in particolare, nell’anagrafe tributaria, compreso l’archivio dei rapporti finanziari»;

- l’art. 7, comma 9, d.P.R. n. 605/1973 (comma, aggiunto dall’art. 21, comma 14, l. n. 449/1997 e successivamente modificato dall’art. 19, comma 5, d.-l. n. 132/2014 convertito dalla legge n. 162/2014), secondo cui le informazioni comunicate all’anagrafe tributaria delle entrate tributaria dagli amministratori condominiali in ordine all’ammontare dei beni e servizi acquistati dal condominio e ai dati identificativi dei relativi fornitori sono altresì utilizzabili dall’autorità giudiziaria per la ricostruzione della situazione patrimoniale ed economico-finanziaria nei procedimenti in materia di famiglia.

Alla ricerca di un equilibrio ricordiamo quanto sopra già indicato e cioè che secondo la Corte si deve guardare alla complementarietà di tali strumenti (della parte e del giudice) anziché nel senso della loro reciproca esclusione.

 

Diritto di copia e non di sola visione

Infine, l’ultimo quesito sul quale la sezione rimettente chiede un chiarimento: “e) nell’ipotesi in cui si riconosca l’accessibilità agli atti detenuti dall’Agenzia delle Entrate (dichiarazioni dei redditi, certificazioni reddituali, contratti di locazione immobiliare a terzi, comunicazioni provenienti dagli operatori finanziari ed atti, dati e informazioni contenuti nell’Archivio dell’Anagrafe tributaria), in quali modalità va consentito l’accesso ai medesimi, e cioè se nella forma della sola visione, ovvero anche in quella dell’estrazione della copia, ovvero ancora per via telematica”.

La Corte ricorda che sul piano normativo non si fa distinzione poiché la norma fa riferimento al «prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi».

Ciò corrisponde oltretutto alla ratio sottesa all’accesso documentale difensivo, l’unica modalità ontologicamente idonea a soddisfare la funzione di acquisire la documentazione extra iudicium ai fini della ‘cura’ e ‘difesa’ della situazione giuridica facente capo al richiedente l’accesso è l’estrazione di copia.

 

L’Adunanza plenaria, conclusivamente, enuncia i seguenti principi di diritto:

«Le dichiarazioni, le comunicazioni e gli atti presentati o acquisiti (d)agli uffici dell’amministrazione finanziaria, contenenti i dati reddituali, patrimoniali e finanziari ed inseriti nelle banche dati dell’anagrafe tributaria, ivi compreso l’archivio dei rapporti finanziari, costituiscono documenti amministrativi ai fini dell’accesso documentale difensivo ai sensi degli artt. 22 e ss. della legge n. 241/1990»;
«L’accesso documentale difensivo può essere esercitato indipendentemente dalla previsione e dall’esercizio dei poteri processuali di esibizione istruttoria di documenti amministrativi e di richiesta di informazioni alla pubblica amministrazione nel processo civile ai sensi degli artt. 210, 211 e 213 cod. proc. civ.»;
«L’accesso difensivo ai documenti contenenti i dati reddituali, patrimoniali e finanziari, presenti nell’anagrafe tributaria, ivi compreso l’archivio dei rapporti finanziari, può essere esercitato indipendentemente dalla previsione e dall’esercizio dei poteri istruttori di cui agli artt. 155-sexies disp. att. cod. proc. civ. e 492-bis cod. proc. civ., nonché, più in generale, dalla previsione e dall’esercizio dei poteri istruttori d’ufficio del giudice civile nei procedimenti in materia di famiglia»;
«L’accesso difensivo ai documenti contenenti i dati reddituali, patrimoniali e finanziari, presenti nell’anagrafe tributaria, ivi compreso l’archivio dei rapporti finanziari, può essere esercitato mediante estrazione di copia».

 

 

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Di seguito il testo di

Consiglio di Stato Ad. Plenaria Sentenza n. 21/2020 dep 25/09/2020

 

FATTO e DIRITTO

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