Commette violenza privata chi parcheggia in modo da impedire ad altri di usare il proprio posto auto

Costituisce violenza privata il parcheggiare la propria auto, nel cortile condominiale, in modo tale da impedire ad altri di accedere al proprio posto auto. Cassazione penale Sentenza n. 32534/20

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Commette violenza privata chi parcheggia in modo da impedire ad altri di usare il proprio posto auto

Il fatto.

Tizio, in più occasioni parcheggiava la propria vettura nel suo posto auto condominiale ma oltre la linea di confine con il posto auto di Caio in modo da impedire a quest'ultimo di accedere al proprio parcheggio. Non solo, Tizio usava anche parcheggiare il proprio motociclo e la propria automobile in stretta aderenza allo sportello di accesso al posto del conducente della autovettura di Caio, in tal modo impedendo a quest'ultimo di accedere al proprio posto auto.

Le numerose diffide non avevano fatto cambiare atteggiamento a Tizio.

Sporta denuncia, il Tribunale riconosceva che tale comportamento integrava il reato di violenza privata continuata e condannava Tizio anche al pagamento del risarcimento del danno. Sostanzialmente il tutto confermato in Corte d’Appello.

 

 

La Corte di Cassazione penale, con Sentenza n. 32534 depositata in data 19 novembre 2020 conferma la bontà della condanna.

In merito all’elemento soggettivo, lamentando parte ricorrente la mancata dimostrazione del dolo, la Corte d’Appello, con corretta motivazione secondo la S.C., lo aveva ritenuto dimostrato considerando la reiterazione della condotta nonostante le numerose diffide ricevute.

 

Nel delitto di violenza privata, integra l'elemento della violenza la condotta di chi impedisca il libero movimento del soggetto passivo, ponendolo nell'alternativa di non muoversi oppure di muoversi con il pericolo di menomare l'integrità di altri, compreso l'agente (Cass. 41611/2008). Ciò, tuttavia, letto in stretta connessione con il principio di diritto secondo il quale, ai fini dell'integrazione del delitto di violenza privata è necessario che la violenza o la minaccia costitutive della fattispecie incriminatrice comportino la perdita o, comunque, la significativa riduzione della libertà di movimento o della capacità di autodeterminazione del soggetto passivo, essendo, invece, penalmente irrilevanti, in virtù del principio di offensività, i comportamenti che, pur costituendo violazioni di regole deontologiche, etiche o sociali, si rivelino inidonei a limitarne la libertà di movimento, o ad influenzarne significativamente il processo di formazione della volontà (Cass. 1786/2016).

 

Il reato di violenza in concomitanza con l’uso dell’autovettura è sovente caso che si pone innanzi alle corti. Si pensi al caso di chi si para innanzi ad un’autovettura impedendo di proseguire (26062/2019), oppure chi parcheggia davanti ad una uscita o ad un garage, impedendo alla persona offesa di utilizzare la propria auto (Cass. 19676).

In quest’ultimo provvedimento si legge in motivazione:

Quanto al profilo strettamente giuridico è pacifico che integra la condotta del delitto di violenza privata il parcheggio di un'autovettura eseguito intenzionalmente in modo tale da impedire a un'altra automobile di spostarsi per accedere alla pubblica via e accompagnato dal rifiuto reiterato alla richiesta della parte offesa di liberare l'accesso, considerato che, ai fini della configurabilità del delitto in questione, il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l'offeso della libertà di determinazione e di azione”.

 

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Di seguito il testo di

Corte di Cassazione penale, Sez. V, Sentenza n. 32534 dep. 19/11/2020

 


RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Milano ha parzialmente riformato la sentenza del 27 ottobre 2017 del Tribunale di Milano che ha affermato la penale responsabilità di F. C. per il delitto di violenza privata continuata (capo a) e lo ha condannato alla pena di giustizia ed al risarcimento del danno, liquidato equitativamente in euro 5.000,00, in favore della persona offesa F. G., costituitasi parte civile, e ha dichiarato non doversi procedere per il delitto di danneggiamento (capo b) perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato.
In particolare la Corte di appello ha ridotto l'ammontare del risarcimento ad euro 2000,00, e ha confermato nel resto la sentenza impugnata, condannando l'imputato alla rifusione in favore della parte civile anche delle spese del grado di appello.
Al C. si contesta di avere in più occasioni parcheggiato la propria vettura nel suo posto auto condominiale oltre la linea di confine con il posto auto del G. in modo da impedire a quest'ultimo di accedere al proprio posto auto e di avere parcheggiato il proprio motociclo e la propria automobile in stretta aderenza allo sportello di accesso al posto del conducente della autovettura del G., in tal modo impendendo a quest'ultimo di accedere al proprio posto auto.

2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso F. C., a mezzo del suo difensore, chiedendone l'annullamento ed affidandosi a tre motivi.

2.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 185 cod. pen., 2043 e 2049 cod. civ., 91 e 92 cod. proc. civ. e 539 cod. proc. pen..
La Corte di appello, pur confermando le statuizioni penali, ha ridotto l'ammontare del risarcimento da euro 5.000,00 ad euro 3000,00.
Sebbene la parte civile sia risultata soccombente, la Corte di appello ha condannato l'imputato alla rifusione delle spese in favore della stessa, in tal modo violando l'art. 92 cod. proc. civ., che impone che le spese siano poste a carico della parte soccombente, e vanificando la vittoria conseguita dall'odierno ricorrente.
Il ricorrente afferma, citando un precedente della Cassazione civile (Sez. 6 - 3 civ., ordinanza n. 8346 del 04/04/2018, Rv. 648700), che le spese devono essere quantificate o, se possibile compensate, quando il loro importo sia tale da superare il pregiudizio economico che la parte ha inteso evitare agendo in giudizio, determinandosi altrimenti una sostanziale soccombenza della parte vittoriosa ed una lesione del diritto di agire in giudizio.
La Corte di appello, in applicazione dello stesso principio, avrebbe anche dovuto ridurre l'importo delle spese processuali liquidate in favore della parte civile con la sentenza di primo grado, in conseguenza della riduzione, operata con la sentenza di secondo grado, dell'importo riconosciuto a titolo di risarcimento del danno.
Inoltre, sostiene, citando altro precedente della Cassazione civile (Sez. 3 civ., Sentenza n. 21069 del 19/10/2016, Rv. 642938), che nel regime normativo successivo alle modifiche apportate all'art. 91 cod. proc. civ. dalla legge 18 giugno 2009, n. 69, al di fuori della ipotesi prevista dal secondo periodo del primo comma del suddetto articolo, l'attore parzialmente vittorioso sull'unica domanda o vittorioso su una delle domande proposte, nonostante l'esistenza di una soccombenza reciproca, non può essere condannato neppure parzialmente alle spese, potendo le spese essere solo compensate totalmente o parzialmente con condanna, in quest'ultimo caso, a carico del convenuto per la parte non compensata.

2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la mancata assunzione di una prova decisiva, costituita dalle fotografie dello stato dei luoghi ove sarebbero stati commessi i delitti. Il Tribunale aveva consentito l'acquisizione delle sole fotografie prodotte dalla parte civile e non di quelle dell'imputato, che attraverso la loro produzione avrebbe potuto dimostrare la carenza del dolo, in quanto esse avrebbero dimostrato che le modalità di parcheggio della motocicletta e della automobile nel posto auto dell'imputato non differivano da quelle attuate dagli altri utenti del garage, che pure posteggiavano due autovetture nello stesso posto auto.
Peraltro, anche il C., sulla base delle fotografie prodotte dal G., avrebbe potuto denunciare quest'ultimo di avergli impedito l'accesso al proprio posto auto, non essendo possibile stabilire chi tra i due avesse parcheggiato prima. In ogni caso non era neppure dimostrato che fosse stato il C. e non la moglie di quest'ultimo a posteggiare le vetture e la motocicletta in modo da impedire il transito al G..

2.3. Con il terzo motivo il ricorrente si duole della mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.

2.3.1. La Corte di appello non ha affatto motivato sulla mancata acquisizione delle fotografie di cui già si è detto.

2.3.2. La Corte di appello neppure ha dato risposta al motivo di appello relativo al secondo capo di imputazione, quello concernente il delitto di danneggiamento.
Il C. è stato accusato di un delitto mai commesso e mai provato. Peraltro l'accertamento del fatto rileva anche al fine di valutare la credibilità del G..

2.3.3. L'affermazione della Corte di appello è illogica laddove si afferma che le dichiarazioni del G. sono riscontrate dalle altre prove documentali e testimoniali.
Le fotografie sono state scattate dallo stesso G. e non possono valere quale riscontro delle dichiarazioni dello stesso. Nemmeno sono idonee a tal fine le lettere inviate dalla Cenini, locatrice dell'immobile occupato dal C., o dall'amministratore condominiale, poiché tali soggetti, sentiti quali testimoni, hanno negato di aver mai visto i veicoli del C. posteggiati in modo scorretto.
Inoltre l'amministratore ha affermato che le modalità di fruizione del posto auto da parte del C. erano identiche a quelle degli altri condomini e le sole che ne consentissero il godimento, mentre la Cenini ha reso una deposizione lacunosa e inattendibile.
In ogni caso i due giudici del merito non hanno spiegato perché il soggetto che ha posteggiato il veicolo in modo scorretto andrebbe individuato nel C. e non nel G.; è ben possibile che sia stato quest'ultimo a posteggiare il suo veicolo a fianco di quello del C.; non può essere affermata la penale responsabilità del C. oltre ogni ragionevole dubbio e nemmeno è stato spiegato perché dovrebbe escludersi ogni alternativa ipotesi di ricostruzione fattuale.

2.3.4. La Corte di appello non ha motivato sull'incongruenza in ordine alla titolarità della motocicletta di cui si attribuisce al C. il parcheggio con modalità scorrette. Nel capo di imputazione si asserisce che essa è di proprietà dell'imputato, mentre è stato dimostrato che è della moglie di quest'ultimo; né è stato provato che il C. la utilizzasse abitualmente.
Il G. aveva asserito che il C. aveva posteggiato scorrettamente i veicoli sul proprio posto auto sin dal 2010, ma aveva sporto denuncia solo dal 2014; la denuncia, in realtà, era dovuta al rifiuto del C. di sottoscrivere in bianco un modello di constatazione amichevole di incidente per danni all'autovettura del G. che non erano mai stati provati, ma il cui risarcimento era stato richiesto con modalità minacciose e perentorie. Tali circostanze, rilevanti per valutare l'attendibilità del denunciante, non erano state affatto considerate.
Inoltre, in una lettera datata 28 ottobre 2014 il G. ha affermato di non aver più utilizzato la sua automobile «nell'ultimo periodo» e tuttavia il C. è stato condannato per aver impedito al G. l'utilizzo della sua autovettura.
Tale affermazione avvalora la tesi sostenuta dal C., secondo la quale egli ed il G. si erano accordati sulle modalità da seguire per utilizzare i loro posti auto e il G. aveva rassicurato il C. sulla circostanza che egli non utilizzava quasi mai il SUV posteggiato nel suo posto, poiché disponeva anche di altra autovettura situata in un diverso posto dello stesso parcheggio.
Infine, detta affermazione rileva anche in ordine all'ammontare del risarcimento del danno conseguente al reato.

2.3.5. La motivazione è carente anche in ordine alla sussistenza del dolo.
L'amministratore del condominio ha dichiarato che tutti i condomini utilizzavano i rispettivi posti auto secondo modalità concordate ed attuate anche dal C. e proprio per dimostrare detta circostanza l'imputato ha offerto la produzione fotografica che non è stata ammessa. La circostanza è comunque provata da una delle fotografie prodotte dal G.. Il C., rispettando tali modalità, non poteva avere consapevolezza di commettere un atto illecito.
2.3.6. Per le ragioni sopra esposte, sostiene il ricorrente, è evidente il travisamento delle prove e poiché il giudice di secondo grado, per rispondere alle censure formulate nell'atto di appello, si è limitato a richiamare dati probatori non esaminati dal giudice di grado, entrambi i giudici del merito sono incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto alle prove acquisite nel contraddittorio.
In particolare, il giudice di appello si è limitato a motivare in modo apodittico o ripetitivo, senza argomentare circa l'insussistenza o non pertinenza delle censure.

2.3.6. Infine la Corte di appello ha motivato l'omessa applicazione delle circostanze attenuanti generiche affermando che il C. non ha risarcito il danno, sebbene il risarcimento fosse già avvenuto, peraltro nella misura fissata nella sentenza di primo grado, mentre il G. non ha ancora restituito la differenza tra la somma liquidata in primo grado e quella stabilita dalla Corte di appello.

3. In data 15 ottobre 2020 il difensore della parte civile ha depositato una memoria di replica con la quale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile per difetto del requisito dell'autosufficienza e specificità, essendosi il ricorrente limitato a ripetere le doglianze formulate con l'atto di appello senza confrontarsi con le ragioni poste dalla Corte territoriale a base della decisione, richiedendo a questa Corte di cassazione una rivalutazione del materiale istruttorio. Quanto al primo motivo di ricorso, attinente alla regolamentazione delle spese processuali tra le parti private, la Corte di appello ha correttamente applicato il criterio della soccombenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Secondo quanto affermato dallo stesso ricorrente, la produzione documentale non ammessa avrebbe dovuto dimostrare che il C., nel parcheggiare i propri veicoli sul posto auto condominiale del quale aveva la disponibilità, si sarebbe uniformato alle regole comunemente seguite da tutti gli altri utilizzatori del garage condominiale, rese necessarie dalla particolare conformazione dei posti auto, molto lunghi (circa sette metri), ma anche molto stretti (meno di tre metri); pertanto, egli non avrebbe avuto la consapevolezza di commettere un fatto illecito.
Deve, tuttavia, osservarsi che il Tribunale e la Corte di appello hanno ritenuto provato il dolo considerando che era dimostrato che il G. si fosse lamentato più volte con il C. e con la Cenini e con l'amministratore del condominio, anche avvalendosi di un legale, per le modalità con le quali l'imputato era solito parcheggiare i veicoli nel posto auto; avendo il C. ricevuto numerose diffide, egli non poteva ignorare che tali modalità impedivano al C. l'accesso al suo posto.
Ne consegue l'assoluta irrilevanza delle modalità con le quali gli altri utilizzatori del garage condominiale parcheggiavano i loro veicoli nei loro rispettivi posti e l'evidenza della natura non decisiva delle fotografie che l'imputato intendeva produrre.

2. Il terzo motivo è inammissibile.

2.1. Quanto alle fotografie, la irrilevanza probatoria delle stesse comporta l'inammissibilità del motivo con il quale il ricorrente si duole dell'omessa motivazione in ordine al motivo di appello volto ad ottenere la riapertura dell'istruttoria dibattimentale e l'acquisizione di detti documenti.
In tema d'impugnazioni, è inammissibile, per carenza d'interesse, il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado che non abbia preso in considerazione un motivo di appello inammissibile ab origine per manifesta infondatezza, in quanto l'eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio (Sez. 3, n. 46588 del 03/10/2019, Bercigli, Rv. 277281).
Peraltro, il giudice d'appello ha l'obbligo di motivare espressamente sulla richiesta di rinnovazione del dibattimento nel solo caso di suo accoglimento, mentre può anche motivarne implicitamente il rigetto, evidenziando la sussistenza di elementi sufficienti ad affermare o negare la responsabilità del reo (Sez. 4, n. 1184 del 03/10/2018 - dep. 2019, Motta Pelli s.r.I., Rv. 275114).

2.2. Quanto alla mancata motivazione sul motivo di appello relativo al capo b), con il quale veniva contestato il delitto di danneggiamento, il motivo risulta inammissibile, non avendo il C. impugnato la sentenza di primo grado in relazione a detto capo, essendosi egli limitato a dedurre che il danneggiamento non era dimostrato per evidenziare l'inattendibilità del G..

2.3. Inammissibile per manifesta infondatezza è il motivo di ricorso anche laddove si lamenta la mancanza di motivazione sul dolo; come si è già esposto sopra, la Corte di appello lo ha ritenuto dimostrato considerando la reiterazione della condotta nonostante le numerose diffide ricevute dal C..

2.4. Quanto alla mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche, il ricorrente neppure deduce nel ricorso di avere prodotto innanzi alla Corte di appello alcuna prova dell'avvenuto risarcimento del danno, cosicché il ricorso è anche sotto tale aspetto inammissibile per manifesta infondatezza.

2.5. Il ricorso è inammissibile anche laddove si deduce il travisamento delle prove, atteso che, in tema di ricorso per cassazione, ai fini della configurabilità del vizio di travisamento della prova dichiarativa è necessario che la relativa deduzione abbia un oggetto definito e inopinabile, tale da evidenziare la palese e non controvertibile difformità tra il senso intrinseco della dichiarazione e quello tratto dal giudice, con conseguente esclusione della rilevanza di presunti errori da questi commessi nella valutazione del significato probatorio della dichiarazione medesima (Sez. 5, n. 8188 del 04/12/2017 - dep. 2018, Grancini, Rv. 272406).
Nel resto, le censure del ricorrente attengono esclusivamente al merito, in quanto dirette a sovrapporre all'interpretazione delle risultanze probatorie operata dal giudice una diversa valutazione dello stesso materiale probatorio per arrivare ad una decisione diversa, e come tali si pongono all'esterno dei limiti del sindacato di legittimità. La decisione del giudice di merito non può essere invalidata da ricostruzioni alternative che si risolvano in una «mirata rilettura» degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell'autonoma assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal giudice del merito, perché illustrati come maggiormente plausibili o perché assertivamente dotati di una migliore capacità esplicativa nel contesto in cui la condotta delittuosa si è in concreto realizzata (Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Bosco, Rv. 234148; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv.235507).

3. Anche il primo motivo di ricorso, relativo alla regolamentazione delle spese processuali, è manifestamente infondato e come tale inammissibile.
E' vero che la reciproca soccombenza nel giudizio di appello legittima la compensazione delle spese sostenute dalle parti contrapposte, ma non per questo la compensazione costituisce un obbligo per il giudice, che può - senza violare la legge - condannare l'imputato alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile allorché, come nella specie, la sua impugnazione risulti infondata. In questo caso, invero, la condanna segue la soccombenza dell'imputato, sia pure parziale. La giurisprudenza ha infatti chiarito che non può essere pronunziata condanna dell'imputato alle spese processuali allorché il giudice di appello modifichi la decisione di primo grado in senso più favorevole all'imputato, ma non anche nel caso in cui l'impugnazione di quest'ultimo risulti infondata (Sez. 5, n. 46453 del 21/10/2008, Colombo, Rv. 242611).
Nel caso di specie, l'appello dell'imputato era diretto ad ottenere la sua integrale assoluzione in ambito penale, con conseguente esclusione del diritto della parte civile al risarcimento del danno, cosicché non si può affermare che egli sia risultato integralmente vittorioso.
Anche nel processo civile, peraltro, il potere del giudice di disporre la compensazione delle stesse per soccombenza reciproca ha quale unico limite quello di non poter porne, in tutto o in parte, il carico in capo alla parte interamente vittoriosa, poiché ciò si tradurrebbe in un'indebita riduzione delle ragioni sostanziali della stessa, ritenute fondate nel merito (Sez. 5 civ., Ordinanza n. 10685 del 17/04/2019, Rv. 653541).
Inoltre, il parziale accoglimento dell'appello proposto dall'imputato non comporta l'obbligo del giudice di modificare la decisione di primo grado sulle spese giudiziali liquidate alla parte civile, potendo pur sempre riconfermare la ripartizione delle spese compiute dal primo giudice, purché conforme, in ogni caso, ai principi generali sulla soccombenza (Sez. 5, n. 47061 del 10/06/2014, Bisconti, Rv. 261258).

4. All'inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell'art. 616, comma 1, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in euro 3.000,00.
Ai sensi dell'art. 541 cod. proc. pen., in applicazione del principio della soccombenza, il ricorrente deve anche essere condannato al pagamento in favore della parte civile delle spese sostenute nel grado, che si liquidano in complessivi euro 2.300,00 oltre accessori di legge.
L'eccezione di difetto di procura speciale in capo all'avv. Lorenzo Minunno, sollevata dal difensore del ricorrente all'udienza odierna, è infondata, atteso che la procura speciale risulta in calce alla memoria difensiva depositata 15 ottobre 2020.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese di parte civile liquidate per il presente giudizio in complessivi euro 2.300,00 oltre accessori di legge.
Così deciso il 30/10/2020.

 

 

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