Effetti della caducazione del titolo nel corso dell’opposizione all’esecuzione. Le spese di lite

Effetti della caducazione del titolo provvisorio posto in esecuzione e la competenza per la condanna alle spese di lite e domanda di risarcimento ai sensi dell’art. 96 c.p.c. Cassazione SS.UU. Civili, Sentenza n. 25478/2021

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Effetti della caducazione del titolo nel corso dell’opposizione all’esecuzione. Le spese di lite

Qual è la sorte del giudizio di opposizione all’esecuzione nel caso in cui il titolo giudiziale provvisoriamente esecutivo venga revocato od annullato? Non rari sono i casi nei quali un titolo non ancora definitivo può essere posto in esecuzione, basti pensare al decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, al provvedimento di convalida di sfratto, all'ordinanza di condanna provvisoria ai sensi dell'art. 186-quater cpc senza contare, infine, la generica previsione dell'art. 282 cpc secondo cui la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva tra le parti (salvo alcuni casi).

Nella giurisprudenza di legittimità si era formato un contrasto di indirizzi evidenziato dalla remittente sezione terza.

Alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono stati posti due quesiti.

Con il primo si chiede di stabilire gli effetti della caducazione del titolo esecutivo giudiziale in corso del giudizio di opposizione all'esecuzione, ai fini della decisione da adottare e delle conseguenti ricadute in ordine alla liquidazione delle spese di lite.

Con il secondo si chiede di individuare quale sia il giudice competente a decidere sulla domanda di risarcimento dei danni provocati da un'esecuzione intrapresa in difetto della normale prudenza e, quindi, quale sia la sede naturale per proporre tale domanda.

Le Sezioni Unite hanno deciso dette questioni di particolare importanza con Sentenza n. 25478 depositata in data 21 settembre 2021.

 

Caducazione del titolo esecutivo ed effetti sulle spese processuali nell’opposizione all’esecuzione

E’ regola pacifica, condivisa dalla giurisprudenza e dalla dottrina, quella che vuole che il processo esecutivo debba essere sorretto dall'esistenza di un titolo valido ed efficace non soltanto nella sua fase iniziale, ma anche per tutta la durata del processo medesimo.

Le SS.UU. brevemente descrivono il quadro della situazione giurisprudenziale, ricordando che secondo un orientamento risalente, il successivo venir meno del titolo esecutivo determinava l'ingiustizia dell'esecuzione portando alla conseguenza che il giudizio di opposizione all'esecuzione si doveva concludere con l'accoglimento dell’opposizione stessa.

Detto filone giurisprudenziale venne abbandonato qualora prese forma la possibilità di chiudere il giudizio con una pronuncia di cessazione della materia del contendere.

Questa novità, vale a dire che la caducazione del titolo portava alla cessazione della materia del contendere ha dato origine a due filoni giurisprudenziali.

Secondo un primo orientamento alla caducazione del titolo esecutivo il giudice dell'esecuzione provvede a dichiarare cessata la materia del contendere ricavandone come conseguenza il fatto che l'opposizione dovrà ritenersi fondata e il debitore opponente non potrà essere condannato al pagamento delle relative spese. La motivazione di base di tale orientamento è che il titolo viene rimosso con efficacia ex tunc dalla realtà giuridica derivandone la conseguenza che l'opposizione non può che risultare fondata.

Secondo altro orientamento, più recente, la caducazione del titolo porta pure alla cessazione della materia del contendere, tuttavia non potendosene ricavare che tale caducazione determini, di per sé, la fondatezza dell'opposizione all'esecuzione.

In tale nuovo orientamento, la liquidazione delle spese del giudizio “non è da effettuarsi automaticamente in favore dell'opponente, potendola ritenere al massimo compensata, in presenza dei motivi di legge (come accadrebbe se si ritenesse l'opposizione accolta) ma deve avvenire utilizzando il criterio della soccombenza virtuale, che costituisce declinazione del principio di causalità, considerando, a tal fine, l'intera vicenda processuale”.

Questo più recente orientamento viene abbracciato anche dalla soluzione data dalle Sezioni Unite (“ … deve tuttavia preferirsi l'interpretazione secondo la quale alla pronuncia di cessazione della materia del contendere deve affiancarsi la regolazione delle spese secondo i criteri della soccombenza virtuale … considerando che il titolo esecutivo può venire meno anche per ragioni diverse da quelle poste a base dell'opposizione all'esecuzione ...”).

A conclusione di un più articolato ragionamento le SS.UU: esprimono il seguente principio di diritto:

«In caso di esecuzione forzata intrapresa sulla base di un titolo giudiziale non definitivo, la sopravvenuta caducazione del titolo per effetto di una pronuncia del giudice della cognizione (nella specie: ordinanza di convalida di sfratto successivamente annullata in grado di appello) determina che il giudizio di opposizione all'esecuzione si debba concludere non con l'accoglimento dell'opposizione, bensì con una pronuncia di cessazione della materia del contendere; per cui il giudice di tale opposizione è tenuto a regolare le spese seguendo il criterio della soccombenza virtuale, da valutare in relazione ai soli motivi originari di opposizione».

 

Giudice competente sulla domanda di risarcimento dei danni da esecuzione imprudente ex art. 96 cpc

Si fa riferimento alla condanna ex comma primo e secondo dell’art. 96 c.p.c. rimanendo il terzo comma estraneo all’interesse del caso affrontato dalle SS.UU.

Ricorda che Corte che “ … è da tempo consolidata nel senso di ricondurre la responsabilità aggravata di cui all'art. 96 cod.proc. civ. aduna particolare forma di illecito la cui regolazione assorbe quella dell'art. 2043 cod. civ., ponendosi la norma dell'art. 96 in termini di specialità rispetto alla norma generale sulla responsabilità civile”.

Quanto alla individuazione del giudice competente, ricorda sempre la Corte che in considerazione del carattere endoprocessuale dell'illecito da tempo immemorabile si è stabilito che il giudice competente sia, necessariamente, quello della causa di merito.

La stessa Corte, tuttavia, avverte dell'impossibilità di fare del suddetto principio una regola assoluta, così come già espresso in alcuni arresti.

Le Sezioni Unite, in stretta applicazione al caso di specie, ravvedono tre possibili soluzioni: 1) quella che ritiene che la domanda risarcitoria sia da proporre solo nel giudizio avente ad oggetto la formazione del titolo esecutivo; 2) quella che ritiene che la domanda risarcitoria sia da proporre solo nel giudizio di opposizione all'esecuzione; 3) quella, infine, che ritiene che la domanda risarcitoria possa essere proposta anche in un giudizio autonomo.

Quest’ultima è esclusa fin da subito dalla Corte. La domanda di condanna alle spese non può essere promossa con giudizio separato.

Rimane quindi da chiarire se la domanda di risarcimento dei danni per aver iniziato o compiuto l'esecuzione forzata «senza la normale prudenza» debba essere proposta, in caso di successiva caducazione del titolo esecutivo giudiziale, nel giudizio che ha ad oggetto la formazione del titolo o nel giudizio di opposizione all'esecuzione.

Le SS.UU. ritengono che il giudice competente ad esaminare la domanda risarcitoria in questione sia da identificare in prima ipotesi nel giudice della formazione del titolo esecutivo. Tuttavia possono darsi dei casi nei quali tale domanda risarcitoria non possa più essere proposta davanti al giudice della cognizione. Le SS.UU. ricordano quali siano questi casi e afferma: “in siffatte ipotesi, e solo in queste, la domanda risarcitoria dovrà essere proposta al giudice dell'opposizione all'esecuzione” chiarendo che “ le due sedi processuali ora indicate non sono alternative, ma subordinate, nel senso che il debitore esecutato dovrà attenersi all'ordine qui stabilito, proponendo la domanda davanti al giudice dell'opposizione all'esecuzione solo se essa non sia più proponibile davanti al giudice della cognizione”.

In merico a questo secondo quesito le SS.UU. esprimono il seguente principio di diritto:

«L'istanza con la quale si chieda il risarcimento dei danni, ai sensi dell'art. 96, secondo comma, cod. proc. civ., per aver intrapreso o compiuto l'esecuzione forzata senza la normale prudenza, in forza di un titolo esecutivo di formazione giudiziale non definitivo, successivamente caducato, deve essere proposta, di regola, in sede di cognizione, ossia nel giudizio in cui si è formato o deve divenire definitivo il titolo esecutivo, ove quel giudizio sia ancora pendente e non vi siano preclusioni di natura processuale. Ricorrendo, invece, quest'ultima ipotesi, la domanda andrà posta al giudice dell'opposizione all'esecuzione; e, solamente quando sussista un'ipotesi di impossibilità di fatto o di diritto alla proposizione della domanda anche in sede di opposizione all'esecuzione, potrà esserne consentita la proposizione in un giudizio autonomo».

 

 

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Di seguito il testo di

Corte di Cassazione SS.UU. Civili, Sentenza n. 25478 dep. 21/09/2021

 

FATTI DI CAUSA

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