Decorrenza della prescrizione e competenza del risarcimento per detenzione inumana extracarceraria
Sulla competenza e termine di decorrenza della prescrizione del risarcimento/indennizzo per detenzione inumana qualora in parte extra-carceraria. Cassazione Sentenza n. 10203/2021

Il fatto.
Tizio chiedeva il risarcimento del danno per detenzione inumana e degradante in qualità di ex detenuto il quale in un periodo di detenzione era stato collocato in reparti con altri cinque detenuti, in celle predisposte per un massimo di 4 persone, mentre in altro periodo era stato trasferito nel reparto "Infermeria" con altri tre detenuti, con conseguente riduzione dello spazio consentito alla mobilità di ciascun occupante a meno del minimo, stabilito in mq. 3 per ciascuna persona.
Alla condanna in primo grado resiste il Ministero della Giustizia. Il caso viene portato in Corte di Cassazione, la quale decide con Sentenza n. 10203 depositata in data 16 aprile 2021.
Secondo il ministero Tizio era incorso nella decadenza dall'azione volta a conseguire il ristoro, in quanto la detenzione in carcere risultava limitata al solo periodo dal 7.4.2010 fino al 10.4.2011, essendo stato trascorso il periodo successivo, fino alla espiazione pena il 20.10.2015, agli arresti domiciliari. Secondo il ministero non poteva essere calcolato il tempo degli arresti domiciliari, non avendo il detenuto avuto in quel periodo alcuna ristrettezza nella cella.
Detenzione inumana e risarcimento del danno
Il D.l. 26 giugno 2014 n. 92 ha introdotto nell’ordinamento penitenziario l’art.35-ter 1 che prevede rimedi risarcitori in favore dei detenuti e degli internati che hanno subito un trattamento in violazione dell’art. 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
La Grande Camera della CEDU ha indicato che ogni cella deve possedere 1) una superficie di minimo tre metri quadri per detenuto, 2) uno spazio individuale dove dormire e 3) il detenuto deve potersi muoversi liberamente dentro la cella.
Il mancato rispetto anche solo di una di queste condizioni porta ad una presunzione circa la violazione dell’art. 3 della suddetta Convenzione Europea. Tale presunzione potrà essere superata dalla presenza di altri fattori che possano controbilanciare la situazione. Dalla superficie su indicata dovranno sottrarsi gli spazi occupati da ingombri vari come il letto e gli arredi, i servizi igienici, ecc.
Il detenuto che abbia subito un trattamento non conforme ai criteri legali per un periodo di tempo non inferiore a quindici giorni potrà chiedere, ed ottenere, a titolo di risarcimento del danno (ma vedremo più avanti la natura di indennizzo), la riduzione della pena detentiva ancora da espiare pari ad un giorno per ogni dieci durante i quali è avvenuta la violazione del diritto.
Qualora la pena sia inferiore ai quindici giorni oppure la detenzione sia ultimata potrà chiedere il risarcimento pari ad 8,00 euro per ciascun giorno di detenzione trascorsa nelle suddette condizioni.
Quanto alla competenza, la sentenza in commento ricorda che fintantochè il soggetto deve scontare la "pena detentiva", va ravvisata la competenza del magistrato di sorveglianza mentre in tutti gli altri casi, in cui alla custodia cautelare in carcere non sia conseguita la condanna a pena detentiva, o il condannato abbia "terminato di espiare la pena detentiva in carcere", la competenza alla applicazione della misura indennitaria pecuniaria è devoluta al Tribunale ordinario in sede civile.
La prescrizione dell’azione di risarcimento per inumana detenzione
Come fatto riferimento in questa Rivista in “Detenzione inumana e degradante: l'azione si prescrive in dieci anni (a decorrenza differenziata)” l’uso legislativo al termine “risarcimento” parrebbe inappropriato avendo esso, piuttosto, natura di indennizzo, alla luce del fatto che il Legislatore si è mosso in una logica di forfetizzazione della liquidazione che tiene conto dell'estensione temporale del pregiudizio e non anche della sua intensità, alle peculiarità del caso e al profilo soggettivo.
Qualificando la dazione richiesta quale indennizzo viene meno la possibilità di far riferimento al termine quinquennale di prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito di cui all'art. 2947, co. 1, c.c.
Non solo, il su richiamato terzo comma dell'art. 35 ter L.Ord.Pen. individua un termine di decadenza dall’azione, laddove recita: "L'azione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla cessazione dello stato di detenzione o della custodia cautelare in carcere".
Prescrizione dell’azione per custodia in carcere inumana nel caso di detenzione extracarceraria
La peculiarità del caso posto all’attenzione della Corte di Cassazione consisteva nell’avere il Tribunale condannato il Ministero della Giustizia nonostante la sollevata eccezione di decadenza dall’azione.
La S.C. si chiede se il Legislatore, riferendosi alla espiazione della pena detentiva nell’art. 35-ter comma 3, della legge 26 luglio 1975, n. 354, abbia inteso riferirsi alla condizione detentiva in carcere o, invece, all'intera durata della pena detentiva irrogata con la sentenza di condanna.
E afferma: “l’apparente discrasia tra stato detentivo (mero) e stato detentivo "in carcere", va ricomposta nel senso che le (apparentemente) diverse formule lessicali utilizzate, nello stesso terzo comma (rispettivamente ai fini del riparto di competenza e della fissazione del termine di decadenza per l'azione avanti il Tribunale), non denotano la intenzione del Legislatore di identificare situazioni distinte”.
Continua la S.C. motivando che le misure alternative non costituiscono istituti giuridici distinti dalla esecuzione della pena nelle forme della detenzione intramuraria, ma forme attraverso le quali la pena detentiva può essere eseguita; di talchè “è necessario leggere congiuntamente i commi 1 e 3 dell'art. 35 ter, ritenendo che la nozione di pena detentiva in carcere comprenda le misure alternative, e, dunque perdurando lo stato detentivo fino alla definitiva espiazione della pena, il Giudice competente a delibare l'istanza del detenuto è il magistrato di sorveglianza, il quale potrà provvedere riconoscendo la riparazione in forma specifica - con riferimento alla porzione di pena scontata in carcere riferibile al medesimo titolo esecutivo - ovvero disponendo il ristoro pecuniario ove "medio tempore" il ricorrente abbia interamente espiato detta pena”.
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1 - Articolo 35-ter (titolato “Rimedi risarcitori conseguenti alla violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali nei confronti di soggetti detenuti o internati”) della Legge sull'ordinamento penitenziario (L. 26 luglio 1975, n. 354) recita:
1. Quando il pregiudizio di cui all'articolo 69, comma 6, lett. b), consiste, per un periodo di tempo non inferiore ai quindici giorni, in condizioni di detenzione tali da violare l'articolo 3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, su istanza presentata dal detenuto, personalmente ovvero tramite difensore munito di procura speciale, il magistrato di sorveglianza dispone, a titolo di risarcimento del danno, una riduzione della pena detentiva ancora da espiare pari, nella durata, a un giorno per ogni dieci durante il quale il richiedente ha subito il pregiudizio.
2. Quando il periodo di pena ancora da espiare è tale da non consentire la detrazione dell'intera misura percentuale di cui al comma 1, il magistrato di sorveglianza liquida altresì al richiedente, in relazione al residuo periodo e a titolo di risarcimento del danno, una somma di denaro pari a euro 8,00 per ciascuna giornata nella quale questi ha subito il pregiudizio. Il magistrato di sorveglianza provvede allo stesso modo nel caso in cui il periodo di detenzione espiato in condizioni non conformi ai criteri di cui all'articolo 3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali sia stato inferiore ai quindici giorni.
3. Coloro che hanno subito il pregiudizio di cui al comma 1, in stato di custodia cautelare in carcere non computabile nella determinazione della pena da espiare ovvero coloro che hanno terminato di espiare la pena detentiva in carcere possono proporre azione, personalmente ovvero tramite difensore munito di procura speciale, di fronte al tribunale del capoluogo del distretto nel cui territorio hanno la residenza. L'azione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla cessazione dello stato di detenzione o della custodia cautelare in carcere. Il tribunale decide in composizione monocratica nelle forme di cui agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Il decreto che definisce il procedimento non è soggetto a reclamo. Il risarcimento del danno è liquidato nella misura prevista dal comma 2”.
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Di seguito il testo di
Corte di Cassazione Civile Sez. III, Sentenza n. 10203 dep. 16/04/2021
Fatti di causa
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