Automatica interruzione per dichiarazione di fallimento e decorso del termine per la riassunzione
Le Sezioni Unite civili su decorrenza del termine per la riassunzione post dichiarazione di fallimento e momento di conoscenza dell’evento interruttivo. Cassazione Sentenza n. 12154/2021

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite civili, con Sentenza n. 12154 depositata in data 7 maggio 2021 ha risolto un contrasto giurisprudenziale creatosi in ordine al dies a quo dal quale calcolare il termine per la riassunzione o prosecuzione del giudizio conseguente alla dichiarazione di fallimento, in particolare soffermandosi sul fenomeno della automatica interruzione in relazione alla possibile mancata conoscenza, della parte, dell’evento interruttivo.
L’art. 305 cod. proc. civ. , titolato “Mancata prosecuzione o riassunzione” prescrive che “Il processo deve essere proseguito o riassunto entro il termine perentorio di tre (un tempo sei) mesi dall'interruzione, altrimenti si estingue”.
Le SS.UU. ricordano che la la Corte costituzionale, investita della questione di legittimità dell'art. 305 c.p.c., nella parte in cui fa decorrere dalla interruzione del processo per l'apertura del fallimento, anziché dalla data di effettiva conoscenza dell'evento interruttivo, il termine per la riassunzione ad opera di parte diversa da quella dichiarata fallita e dai soggetti che hanno partecipato al procedimento per la dichiarazione di fallimento, con sentenza interpretativa di rigetto n. 17 del 2010 ha dato continuità ai princìpi espressi nel dichiarare l'illegittimità costituzionale dell'art. 305 c.p.c. in relazione alle ipotesi di interruzione ipso iure previste dagli artt. 299, 300 co.3, 301 c.p.c.
Aggiungendo che secondo consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità il termine per la riassunzione del processo interrotto decorre non già dal giorno in cui si è verificato l'evento interruttivo, bensì da quello in cui di tale evento abbia avuto conoscenza «in forma legale» la parte interessata alla riassunzione, con la conseguenza che il relativo dies a quo «può ben essere diverso per una parte rispetto all'altra» ed ascrivendo, come detto, il caso del novellato art.43 co.3 l.f. ad una nuova ipotesi di «interruzione automatica del processo».
Ciò nonostante le Sezioni Unite danno atto della presenza nei giudizi di legittimità di multipli filoni interpretativi (ne cita cinque) a fronte dei quali pare arduo per l’interprete riuscire a comprendere il reale funzionamento dell’apparato normativo in materia.
Conclude, infine, pronunciando il seguente principio di diritto
«in caso di apertura del fallimento, ferma l'automatica interruzione del processo (con oggetto i rapporti di diritto patrimoniale) che ne deriva ai sensi dell'art.43 co.3 l.f., il termine per la relativa riassunzione o prosecuzione, per evitare gli effetti di estinzione di cui all'art.305 c.p.c. e al di fuori delle ipotesi di improcedibilità ai sensi degli artt. 52 e 93 I. f. per le domande di credito, decorre da quando la dichiarazione giudiziale dell'interruzione stessa sia portata a conoscenza di ciascuna parte; tale dichiarazione, ove già non conosciuta nei casi di pronuncia in udienza ai sensi dell'art.176 co.2 c.p.c., va direttamente notificata alle parti o al curatore da ogni altro interessato ovvero comunicata - ai predetti fini - anche dall'ufficio giudiziario, potendo inoltre il giudice pronunciarla altresì d'ufficio, allorché gli risulti, in qualunque modo, l'avvenuta dichiarazione di fallimento medesima»;
Corte di Cassazione Sezioni Unite civili, Sentenza n. 12154 del 07/05/2021