Il coniuge deve restituire quanto ottenuto a titolo di mantenimento se tale importo non era dovuto
La modifica delle condizioni economiche fra i coniugi in sede di separazione o divorzio può portare alla restituzione del mantenimento ottenuto? Sezioni Unite Cassazione Sentenza n. 32914/2022

In fatto.
In un complesso contenzioso fra coniugi, parte onerata al pagamento del contributo al mantenimento del coniuge rivendicava la carenza sin dall’inizio dei presupposti, in capo all'altro coniuge, per l’ottenimento del contributo. In particolare, mentre in sede di primo provvedimento presidenziale si era tenuto conto del fatto che il coniuge debole (moglie) aveva perso il posto di lavoro, nel corso del giudizio era emerso che la stessa aveva percepito la liquidazione, un incentivo all’esodo, l’indennità per la mobilità e, infine, in quel periodo aveva lavorato part-time.
Alla luce dell’orientamento espresso e consolidato da diverso tempo e riguardante il tenore di vita in costanza di matrimonio nel quale rileva l’accertamento del fatto di disporre di mezzi sufficienti ad assicurare l'indipendenza e l'autosufficienza economica del coniuge debole, la Corte d’Appello, tenuto conto dell'inalterata capacità lavorativa e reddituale della moglie, del fatto che non aveva spese abitative, usufruendo della casa coniugale, ed che poteva beneficiare del contributo economico (per le utenze e il vitto) del figlio con lei convivente, che percepiva un reddito mensile da lavoro dipendente, accoglieva l'appello incidentale volto a conseguire la restituzione delle somme versate alla moglie in esecuzione dei provvedimenti provvisori adottati in sede di procedimento ex art. 710 c.p.c., rilevando che sin dalla richiesta di modifica delle condizioni della separazione non sussistessero i presupposti per il riconoscimento di un contributo al mantenimento.
Segue ricorso per cassazione, rimesso poi dal Primo Presidente alle Sezioni Unite al fine di dirimere la questione se possano essere ritenute ripetibili le somme versate a titolo di mantenimento al coniuge.
La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite Civili, ha deciso il caso con Sentenza n. 32914 depositata in data 8 novembre 2022.
Le motivazioni.
Viene sottolineata, ancora una volta, la diversità concettuale della separazione rispetto al divorzio.
La separazione personale tra i coniugi non estingue il dovere reciproco di assistenza materiale e si assiste ad un orientamento prevalente secondo il quale il diritto al mantenimento a favore del coniuge separato sorge e decorre dalla data della relativa domanda, in applicazione del principio secondo cui un diritto non può restare pregiudicato dal tempo necessario per farlo valere in giudizio, anche se tale principio attiene soltanto al profilo dell'"an debeatur" della domanda, e non interferisce, pertanto, sull'esigenza di determinare il "quantum" dell'assegno alla stregua dell'evoluzione intervenuta in corso di giudizio nelle condizioni economiche dei coniugi, né sulla legittimità della determinazione di misure e decorrenze differenziate, in relazione alle modificazioni intervenute fino alla data della decisione, dalle diverse date in cui i mutamenti si siano verificati.
Per il divorzio, l’arresto delle Sezioni Unite del 2018 (Sentenza n. 18287/2018) che ha determinato il cristallizzarsi del nuovo indirizzo giurispridenziale in materia secondo il quale la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch'essa assegnata dal legislatore all'assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi; in presenza di uno squilibrio economico tra le parti, patrimoniale e reddituale, occorrerà verificare se esso, in termini di correlazione causale, sia o meno il frutto delle scelte comuni di conduzione della vita familiare che abbiano comportato il sacrificio delle aspettative lavorative e professionali di uno dei coniugi.
Le Sezioni Unite dedicano ampio spazio in motivazione all’istituto dell’obbligo alimentare, visto il contenuto parzialmente alimentare anche dell’assegno di separazione o divorzio, concludendo che il credito alimentare non possa formare oggetto di rinuncia, transazione, arbitrato e compromesso, anche se vengono operate, da alcuni autori, distinzioni tra prestazioni arretrate e prestazioni future.
E afferma, altresì, che “non si rinviene nell'ordinamento una disposizione che, sul piano sostanziale, sancisca la irripetibilità dell'assegno propriamente alimentare provvisoriamente disposto a favore dell'alimentando, atteso che l'art. 447 c.c., si occupa di disciplinare la cessione del credito alimentare e la sua compensazione con un controcredito dell'obbligato, ma non ne sancisce l'irripetibilità, mentre gli artt. 545 e 671 c.p.c., contemplano l'impignorabilità (non assoluta, essendo pignorabili i crediti a loro volta alimentari, a condizione dell'autorizzazione del giudice) e l'insequestrabilità dei crediti alimentari. Le stesse disposizioni specifiche degli artt. 440 e 446 c.c., non escludono la possibilità del ricorso al generale rimedio dell'azione di ripetizione di indebito”.
La Corte afferma che in aderenza alla funzione normalmente "anche" alimentare dell'assegno separativo e divorzile, si è ammessa, in linea di principio, la retroattività del provvedimento che ridetermina in diminuzione l'assegno, e con essa la ripetibilità delle somme pagate in eccesso dal coniuge debitore; ma la si è esclusa nel caso in cui l'assegno, provvisoriamente attribuito al coniuge debole, e successivamente ridotto, per la sua consistenza quantitativa, abbia comunque i connotati dell'assegno alimentare o sostanzialmente alimentare.
Sulla ripetibilità delle somme versate a titolo di mantenimento a seguito di provvedimento di revisione della situazione patrimoniale dei coniugi ab origine, le Sezioni Unite citano varie sentenze per le quali si rimanda alla lettura della sentenza, che di volta in volta hanno elaborato diverse fisionomie dell'istituto, tanto da rendersi necessario l'intervento delle Sezioni Unite al fine di dirimere il contrasto. Qui citiamo semplicemente il richiamo delle SS.UU. ad un caso nel quale la ex moglie ha dovuto restituire un importo di diversi milioni di euro ricevuti senza averne diritto (Cass., sez. I, n. 21926/2019). In tal caso, trattandosi di un assegno divorzile di rilevantissimo importo (un milione e quattrocentomila Euro al mese), se ne era esclusa radicalmente la natura anche lato sensu alimentare e, di conseguenza, l'attribuzione ad esso dei summenzionati caratteri (tra cui, la irripetibilità) Era il caso di Veronica Lario che ha dovuto restituire pare 45 milioni di euro a Berlusconi Silvio.
Conclusioni. La ripetibilità dell’assegno di divorzio
Le SS.UU. citano l'art. 669 novies c.p.c., il quale dispone “che i provvedimenti cautelari perdono la loro efficacia se con sentenza, anche non passata in giudicato, sia dichiarato inesistente, anche in parte, il diritto a cautela del quale era stato concesso. La sentenza che dichiari in tutto o in parte inefficace la misura provvisoria dovrà quindi anche disporre le opportune misure restitutorie, in forza dello specifico disposto dell'art. 669 novies c.p.c., che impone al giudice di dare le disposizioni necessarie per ripristinare la situazione precedente. Seguendo la disciplina del nuovo rito cautelare la causa di inefficacia del diritto, nel merito, travolge quindi, il provvedimento cautelare con effetto ex tunc”.
E, aggiunge, “Non sembra possibile ritenere che tale disposizione non sia compatibile con la disposizione di cui all'art. 189 disp. att. c.p.c., che si limita a contemplare l'ultrattività dei provvedimenti presidenziali ex art. 708 c.p.c., entro precisi limiti, non in assoluto, per l'ipotesi in cui il procedimento di separazione si estingua”.
Secondo le SS.UU., quindi, “nell'ammettere la retroattività per effetto della sentenza che dichiari in tutto o in parte il diritto al mantenimento, non si tratterebbe necessariamente di sancire l'obbligo di restituzione di quanto percepito a titolo strettamente alimentare, ma di restituire somme di denaro versate sulla base di un supposto ed inesistente diritto al mantenimento, a fronte di un accertamento a cognizione piena”.
Illuminante, infine, la seguente distinzione: “sussistono indubbie differenze strutturali e funzionali tra gli alimenti, secondo la modalità di somministrazione periodica di somma di denaro, e l'assegno di mantenimento del coniuge separato e di divorzio (al di fuori dell'ipotesi di corresponsione in unica soluzione): a) il diritto al mantenimento del coniuge separato, cui non sia addebitabile la separazione, presuppone la mancanza di mezzi economici adeguati a mantenere il tenore di vita matrimoniale, valutate la situazione economica complessiva e la capacità concreta lavorativa del richiedente, nonché le condizioni economiche dell'obbligato; b) l'assegno divorzile ha natura composita, in pari misura, assistenziale (qualora la situazione economico-patrimoniale di uno dei coniugi non gli assicuri l'autosufficienza economica) e riequilibratrice o meglio perequativo-compensativa (quale riconoscimento dovuto, laddove le situazioni economico-patrimoniali dei due coniugi, pur versando entrambi in condizione di autosufficienza, siano squilibrate, per il contributo dato alla realizzazione della vita familiare, con rinunce ad occasioni reddituali attuali o potenziali e conseguente sacrificio economico); c) presupposti del diritto agli alimenti sono lo stato di bisogno del soggetto richiedente e l'impossibilità dello stesso di provvedere da solo a superare tale stato, rilevando, come criterio per determinarne la misura concreta, anche la capacità economica dell'obbligato di provvedere alle necessità del bisognoso (riferita, quanto al donatario, anche al valore della donazione ricevuta)”.
Le SS.UU., in definitiva, concludono affermando il seguente principio di diritto:
“In materia di famiglia e di condizioni economiche nel rapporto tra coniugi separati o ex coniugi, per le ipotesi di modifica nel corso del giudizio, con la sentenza definitiva di primo grado o di appello, delle condizioni economiche riguardanti i rapporti tra i coniugi, separati o divorziati, sulla base di una diversa valutazione, per il passato (e non quindi alla luce di fatti sopravvenuti, i cui effetti operano, di regola, dal momento in cui essi si verificano e viene avanzata domanda), dei fatti già posti a base dei provvedimenti presidenziali, confermati o modificati dal giudice istruttore, occorre distinguere:
a) opera la "condictio indebiti" ovvero la regola generale civile della piena ripetibilità delle prestazioni economiche effettuate, in presenza di una rivalutazione della condizione "del richiedente o avente diritto", ove si accerti l'insussistenza "ab origine" dei presupposti per l'assegno di mantenimento o divorzile;
b) non opera la "condictio indebiti" e quindi la prestazione è da ritenersi irripetibile, sia se si procede (sotto il profilo dell'an debeatur, al fine di escludere il diritto al contributo e la debenza dell'assegno) ad una rivalutazione, con effetto ex tunc, "delle sole condizioni economiche del soggetto richiesto (o obbligato alla prestazione)", sia se viene effettuata (sotto il profilo del quantum) una semplice rimodulazione al ribasso, anche sulla base dei soli bisogni del richiedente, purché sempre in ambito di somme di denaro di entità modesta, alla luce del principio di solidarietà post-familiare e del principio, di esperienza pratica, secondo cui si deve presumere che dette somme di denaro siano state ragionevolmente consumate dal soggetto richiedente, in condizioni di sua accertata debolezza economica;
c) al di fuori delle ipotesi sub b), in presenza di modifica, con effetto ex tunc, dei provvedimenti economici tra coniugi o ex coniugi opera la regola generale della ripetibilità”
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Di seguito il testo di
Corte di Cassazione SS.UU. Civili, Sentenza n. 32914 dep. 08/11/2022
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