Non solo danno da perdita parentale: va riconosciuto il danno anche alle vittime riflesse

Le Tabelle del danno non patrimoniale del Tribunale di Roma prevedono anche la quantificazione del danno dei congiunti del macroleso rispetto alle tabelle milanesi. Cassazione Ordinanza n. 13540/2023

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Non solo danno da perdita parentale: va riconosciuto il danno anche alle vittime riflesse

In un complesso caso di risarcimento del danno conseguente ad un sinistro stradale, con lesioni al danneggiato quantificate nella misura del 65%, veniva chiesto anche il risarcimento del danno iure proprio da parte di stretti congiunti della vittima, in particolare da parte della figlia convivente, incinta al momento dell'incidente, del nipote nascituro e dei genitori.

Il caso veniva sottoposto all’attenzione della Suprema Corte la quale decideva con Ordinanza n. 13540 depositata in data 17 maggio 2023.

Riportiamo di seguito i tratti salienti della motivazione riguardanti questo specifico motivo di ricorso per cassazione.


 

Riconoscimento del danno non patrimoniale in favore dei congiunti del macroleso

Il ricorso per cassazione lamentava la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2059,1223 e 1226 e 2729 c.c. in ragione del mancato riconoscimento del danno non patrimoniale in favore di alcuni congiunti, vale a dire la figlia convivente, incinta al momento dell'incidente, il nipote nascituro, i genitori. Era stato, invece, riconosciuto (anche se si lamentava una insufficiente quantificazione) il danno non patrimoniale in favore della moglie e di un figlio.

Ricorda la Corte che in merito ai criteri da adottare per il riconoscimento e per la quantificazione del danno non patrimoniale alle vittime riflesse, va tenuto in considerazione che nel caso di specie oggetto della quantificazione non è il danno da morte del prossimo congiunto, e quindi da perdita del rapporto parentale, ma il danno che subiscono i congiunti in conseguenza delle lesioni - in questo caso gravissime- subite dalla vittima principale, tali da recare dolore e pena ai parenti, e da incidere pesantemente sullo svolgimento della vita quotidiana della intera famiglia.

Continua affermando che è consolidato nella giurisprudenza di legittimità l’orientamento secondo il quale ai prossimi congiunti di persona che abbia subito, a causa di fatto illecito, lesioni personali, può spettare anche il risarcimento del danno non patrimoniale concretamente accertato da lesione del rapporto parentale, in relazione ad una particolare situazione affettiva della vittima, non essendo ostativo il disposto dell'art. 1223 c.c., in quanto anche tale danno trova causa immediata e diretta nel fatto dannoso.

In tal caso, traducendosi il danno in un patema d'animo ed anche in uno sconvolgimento delle abitudini di vita del soggetto, esso non è accertabile con metodi scientifici e può essere accertato in base a indizi e presunzioni che, anche da soli, se del caso, possono essere decisivi ai fini della sua configurabilità (già Cass. n. 8546 del 2008).

In tema di danni conseguenti a sinistro stradale, si è detto che il danno "iure proprio" subito dai congiunti della vittima non è limitato al solo totale sconvolgimento delle loro abitudini di vita, potendo anche consistere in un patimento d'animo o in una perdita vera e propria di salute.

Tali pregiudizi possono essere dimostrati per presunzioni, fra le quali assume rilievo il rapporto di stretta parentela esistente fra la vittima ed i suoi familiari che fa ritenere, secondo un criterio di normalità sociale, che essi soffrano per le gravissime lesioni riportate dal loro prossimo congiunto (Cass. n. 11212 del 2019; Cass. n. 7748 del 2020).

Il riconoscimento del danno alle vittime riflesse va riconosciuto indipendentemente dalla gravità della lesione subita dal danneggiato principale. La Corte, infatti, puntualizza che non sussiste in effetti alcun "limite" normativo per il danno da lesione del rapporto parentale, nel senso che possa sussistere soltanto se gli effetti stabiliti dal danno biologico sul congiunto siano particolarmente elevati (Cass. n. 1752 del 2023).


 

Prova del danno subita dal familiare anche per via presuntiva

Piuttosto, afferma la Corte, la questione è meramente di prova, vale a dire la capacità/possibilità di provare la propria sofferenza e cambiamento dello stile di vita indipendentemente dalla gravità della lesione principale.

Il parente, secondo i principi generali può dimostrare la propria lesione, il proprio danno non patrimoniale parentale, anche per via presuntiva. L'esistenza stessa del rapporto di parentela, infatti, può far presumere la sofferenza del familiare, ferma restando la possibilità, per la controparte, di dedurre e dimostrare l'assenza di un legame affettivo, perché la sussistenza del predetto pregiudizio, in quanto solo presunto, può essere esclusa dalla prova contraria, a differenza del cd. "danno in re ipsa" 1, che sorge per il solo verificarsi dei suoi presupposti senza che occorra alcuna allegazione o dimostrazione - danno che non trova cittadinanza nel nostro ordinamento, giusta l'insegnamento delle Sezioni unite di questa Corte (Cass. s.u. 26492 del 2008; Cass. n. 25541 del 2022).


 

La posizione dei genitori non conviventi della vittima principale

La posizione di danneggiato va riconosciuta anche ai famigliari adulti non conviventi, come per il caso dei genitori. La Corte, infatti, riconosce la risarcibilità (salvo prova) del danno non patrimoniale in capo ai genitori del macroleso principale anche se non conviventi. Assume che questa circostanza, di fatto comunissima nella vita delle persone adulte, non incide direttamente sulla permanenza dei legami affettivi.

Afferma la Corte di Cassazione che la mancata convivenza, per i genitori, può al più incidere sulla componente dinamico relazionale, ma non certo, di per sé, eliminarne la sofferenza morale pura.


 

La posizione della figlia convivente incinta

La Corte di Cassazione esprime un parere tranchant sulla motivazione della Corte d’Appello laddove “con ancor più censurabile superficialità e noncuranza”, aveva escluso che la figlia del danneggiato principale, pur convivente con la famiglia di origine, potesse aver patito alcun pregiudizio non patrimoniale solo "perché incinta all'epoca dei fatti", vale a dire, a parere della corte del gravame, “proiettata verso la sua futura esperienza di madre”.

Interessante, quale richiamo alle motivazioni, in senso opposto, di supporto ad una richiesta di risarcimento del danno del famigliare convivente, quanto esprime di seguito la Corte di Cassazione, richiamando l’attenzione sul fatto che la lesione principale così consistente, avrebbe necessariamente proiettato la sua ombra sia sull'evento della nascita che sulla successiva organizzazione della vita familiare, cambiando il modo di vita, la distribuzione dei compiti, le attività della sua famiglia d'origine, e tale da offuscare la gioia e la condivisione familiare per il bambino in arrivo.

Ancora, aggiunge, le ripercussioni della mancanza del supporto di un genitore attivo (e probabilmente, della mancanza del supporto di entrambi i genitori, atteso che la madre sarà stata in gran parte assorbita dalla necessità di prestare assistenza al marito), sul quale la ragazza sapeva di poter contare proprio in ragione della convivenza, nel difficile momento della nascita, così giovane, del primo figlio.

Va sottolineata, ancora, secondo la Corte la rilevanza della figura dei nonni, genitori della vittima principale, benché non conviventi, affermando che la loro esistenza rilevasse al fine di lenire la sofferenza, e quindi il danno, degli altri congiunti.


 

La posizione del nipote nascituro

Secondo la Corte la posizione del nipote nascituro è diversa.

Motiva affermando che in relazione al nipote non ancora nato al momento dell'incidente non sussiste, in difetto dell'attualità del rapporto, una presunzione di afflittività conseguente alla necessaria riconfigurazione del rapporto stesso col nonno, fin dal suo sorgere, conseguente alle menomate condizioni fisiche di questi.

L'esistenza di un pregiudizio subito dal nipote per i danni alla persona riportati dal nonno, si afferma essere un danno futuro soltanto eventuale, come tale non risarcibile (per una vicenda in parte assimilabile a quella in esame, v. Cass. n. 12987 del 2022, che ha escluso la risarcibilità dei danni invocati dalla nipote di un uomo deceduto in un sinistro stradale che, all'epoca della perdita del nonno, aveva otto mesi).

La Corte va oltre ed afferma che quando il bambino, venuto alla luce, conoscerà il nonno, il loro rapporto si configurerà fin dall'inizio sulle possibilità fisiche che avrà questi al momento del loro incontro, e non è automatico né presumibile che da una limitata mobilità fisica del nonno il rapporto affettivo tra i due possa essere limitato o deteriorato.


 

La posizione della moglie e del figlio convivente

Anche qui pasticcia la Corte d'Appello laddove quantifica il danno non patrimoniale in favore della moglie e del figlio convivente della vittima, secondo le tabelle del Tribunale di Roma, tuttavia enunciando di fare applicazione delle tabelle del Tribunale di Milano.

Liquida a favore di detti congiunti un importo complessivo forfettario senza altra precisazione che consenta di ricostruire il ragionamento seguito per arrivare all'importo, e, quanto meno in motivazione, e senza neppure precisare quanta parte dell'importo indicato spetti alla moglie e quanta al figlio. Afferma la Corte di Cassazione che in tal modo la liquidazione risulta effettuata, contrariamente alle premesse, in forma equitativa "pura", ammessa solo quando la particolarità delle circostanze la giustifichi e solo se supportata da idonea motivazione.


 

Tabelle del Tribunale di Roma per la quantificazione del danno della vittima riflessa

In conclusione la Corte cassa la sentenza d’appello e indica i criteri da seguire per la corte del rinvio.

Essa dovrà far riferimento a tabelle che prevedano specificamente idonee modalità di quantificazione del danno, come le tabelle predisposte dal Tribunale di Roma, che fin dal 2019 contengono un quadro dedicato alla liquidazione dei danni cd. riflessi subiti dai congiunti della vittima primaria in caso di lesioni.

Le tabelle del Tribunale di Milano, allo stato, non prevede alcuna tabella in riferimento alla liquidazione del danno dei congiunti del macroleso "in quanto per ora non è stato raccolto un campione significativo di sentenze utile a costruire una tabella fondata sul monitoraggio", come si legge nella illustrazione delle tabelle dell'Osservatorio milanese, lasciando in questo caso al giudice "...valutare se ritiene di avvalersi della tabella sul danno da perdita del rapporto parentale corrispondente al tipo di rapporto parentale gravemente leso, opportunamente adattando e calibrando la liquidazione al caso concreto, per quanto dedotto e provato" (punto 17 delle "domande e risposte", all.2 delle tabelle milanesi ed. 2022).


 

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1Vedi in questa Rivista “Prova o presunzione in re ipsa del danno per mancata contribuzione nella gestione familiare per decesso della compagna in un sinistro stradale. Cassazione civile Sentenza n. 6477/2017

 

 

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