Obblighi del terzo pignorato nel caso di precedente pignoramento del credito
Il terzo pignorato che dichiari che il suo credito nei confronti del debitore esecutato sia già sottoposto a precedenti pignoramenti ha l'obbligo di indicare gli estremi di questi ultimi. Cassazione Ordinanza n. 9433/2023

Il terzo pignorato che in sede di dichiarazione ai sensi dell’art. 547 c.p.c. affermi l’esistenza di un debito nei confronti del debitore esecutato ma non disponibile poiché questo debito a sua volta sottoposto ad altro pignoramento, ha l’obbligo di precisare gli estremi di detto pignoramento.
Così si è espressa la Corte di Cassazione con Ordinanza n. 9433 depositata in data 5 aprile 2023.
Nel caso di specie, Tizio aveva pignorato le disponibilità di un ente pubblico (debitore) presso l'istituto bancario (terzo), tesoriere dell’ente. La banca si era presentata in giudizio affermando l’esistenza di un deposito (consistente) dell’ente debitore, tuttavia dichiarando che tali somme erano state completamente vincolate in virtù di precedenti pignoramenti notificati, senza che venisse specificato alcunché in merito a tali precedenti pignoramenti.
Sorta contestazione, il G.E. chiedeva al terzo di integrare tale dichiarazione senza riuscire ad ottenere novità.
Procedeva, quindi, all’assegnazione della somma pignorata, alla quale seguiva l’opposizione agli atti esecutivi (ex art. 617 c.p.c.) che viene, infine, sottoposta all’attenzione della Corte di Cassazione.
La dichiarazione del terzo pignorato deve essere completa
Afferma la Corte di Cassazione che ai sensi dell'art. 550 c.p.c., comma 1, il terzo, nel rendere la dichiarazione di quantità, ha anche l'obbligo di "indicare" i pignoramenti che sono stati eseguiti presso di lui.
Nell’utilizzare il termine "indicare", aggiunge la Corte, la norma implica evidentemente che di tali pignoramenti devono essere precisati gli estremi necessari alla loro individuazione, cioè quanto meno
- a) i dati del creditore;
- b) la data di notifica del pignoramento;
- c) l'entità della somma pignorata;
- d) laddove possibile, il contenuto delle dichiarazioni di quantità già rese al precedente G.E.;
- e) gli eventuali pagamenti effettuati in base ai provvedimenti di assegnazione già emessi.
Solamente con tali indicazioni il giudice dell'esecuzione potrà individuare le procedure ancora pendenti in ordine al medesimo credito, verificarne lo stato o l'esito ed eventualmente disporne la riunione, come impone l'art. 550 c.p.c. nel richiamare l'art. 524 c.p.c..
Dichiarazione ex art. 547 c.p.c. incompleta e ordine di integrazione
La Suprema Corte, continua la propria motivazione dettando le regole nel caso in cui la dichiarazione resa dal terzo sia positiva ma incompleta nel senso anzidetto.
In caso di dichiarazione di quantità incompleta, perché a fronte della dichiarazione dell'esistenza del credito pignorato il terzo lo dichiara già integralmente vincolato in virtù di precedenti pignoramenti ma senza indicare, in violazione dell'art. 550 c.p.c., gli estremi dei precedenti pignoramenti, il giudice dell'esecuzione non può ritenere che la dichiarazione di quantità sia stata resa in modo adeguato. Conseguentemente il G.E. dovrà chiedere al terzo di fornire, in integrazione, i dati mancanti.
A fonte di tale richiesta il terzo potrà ottenere un adeguato termine che potrebbe essere anche corposo nell'ipotesi in cui i pignoramenti in questione siano in numero tale da rendere necessaria una complessa attività di recupero dei dati necessari.
Conseguenze della mancata integrazione della dichiarazione
Qui il discorso merita una parentesi poiché veniva lamentato dal ricorrente una “commistione” di istituti, un non attento esame delle diverse conseguenze causate dalla mancata dichiarazione del terzo ai sensi dell’art. 548 c.p.c. rispetto agli effetti e conseguenze della contestazione della dichiarazione ai sensi dell’art. 549 c.p.c.
Secondo il terzo pignorato la contestazione non può portare, come poi accaduto nel caso di specie, a considerare positiva la dichiarazione senza dimostrazione dell’obbligo nei confronti del debitore esecutato.
Secondo la Corte di Cassazione, tuttavia, confermando la decisione del gravame, l’odierna questione non è inerente alla contestazione della dichiarazione bensì riguarda la corretta lettura della dichiarazione stessa e le conseguenze della sua incompletezza.
La richiesta di integrazione della dichiarazione rivolta dal giudice al terzo, afferma la Corte, non va considerata un atto di istruzione del giudizio sommario di accertamento del credito di cui all'art. 549 c.p.c.
Detta richiesta costituisce solamente una corretta modalità di applicazione di quanto previsto dalla legge nell'ambito della fase del procedimento di cui all'art. 548 c.p.c., cioè della fase in cui il giudice dell'esecuzione valuta se sia stata resa la dichiarazione di quantità in modo completo, in conformità a quanto previsto dalla legge, ed eventualmente sollecita il terzo a completarla.
Afferma la Corte che laddove detta integrazione sia stata espressamente richiesta dal G.E. e il terzo non vi provveda nel termine eventualmente concessogli, “è inevitabile ritenere che la dichiarazione non possa intendersi come resa regolarmente, con tutte le conseguenze previste dall'art. 548 c.p.c., anche in tema di "non contestazione" ”.
Nel caso di specie il generico richiamo ai precedenti vincoli gravanti sullo stesso, in quanto non oggetto di una precisa indicazione, come prescritto dalla legge, porta a ritenere la dichiarazione di quantità "implicitamente positiva".
In conclusione la S.C. esprime i seguenti principi diritto:
"nel procedimento di espropriazione di crediti di cui agli artt. 543 e ss. c.p.c., laddove il terzo pignorato dichiari la sussistenza della propria obbligazione nei confronti del debitore esecutato, precisando però che il relativo credito risulta già vincolato in virtù di precedenti pignoramenti, egli ha l'obbligo, ai sensi dell'art. 550 c.p.c., di indicare gli estremi di detti pignoramenti (precisando, quindi, quanto meno i creditori pignoranti, la data della notifica dei pignoramenti, gli importi pignorati, nonché il contenuto delle dichiarazioni di quantità già rese e gli eventuali pagamenti già effettuati in base ai provvedimenti di assegnazione emessi), onde consentire al giudice dell'esecuzione di disporre eventualmente, nella presenza dei necessari presupposti, la riunione delle procedure, ai sensi dell'art. 524 c.p.c.;
nel caso in cui tali indicazioni non siano fornite dal terzo, la dichiarazione dovrà ritenersi incompleta e il giudice dell'esecuzione dovrà chiedere la sua integrazione allo stesso terzo, fissando una nuova udienza ai sensi dell'art. 548 c.p.c. e concedendogli, nell'ipotesi in cui i pignoramenti in questione siano in numero tale da rendere necessaria una complessa attività di recupero dei dati necessari, un adeguato termine;
nel caso in cui, peraltro, nonostante il termine all'uopo concesso, l'integrazione non sia resa dal terzo, la dichiarazione non potrà intendersi regolarmente resa, ai sensi dello stesso art. 548 c.p.c., con la conseguenza che, se le allegazioni del creditore o anche la stessa dichiarazione comunque resa dal terzo consentano l'individuazione del credito pignorato, potrà procedersi all'assegnazione di esso in favore del creditore procedente".
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Di seguito il testo di
Corte di Cassazione Sez. III, Ordinanza n. 9433 del 05/04/2023
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