Cassazione a SS.UU sulla responsabilità di gestione delle società in house

Sulla giurisdizione per responsabilità dell'amministratore di società in house. Sentenza delle SS.UU. della Corte di Cassazione

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Cassazione a SS.UU sulla responsabilità di gestione delle società in house

Sulla competenza, in senso giurisdizionale, a decidere sulla responsabilità degli amministratori di società a partecipazione pubblica molto si è scritto e numerose volte la giurisprudenza si è espressa, in particolare negli ultimi anni, cioè da quando ha cominciato ad avere grande diffusione il fenomeno dell'uso dello strumento societario privato da parte delle pubbliche amministrazioni anche per la realizzazione di finalità tipicamente pubblicistiche.

Le sezioni Unite della Corte di Cassazione, tuttavia, con sentenza n. 26283 del 25 novembre 2013 si esprimono per la prima volta in merito alle cosiddette società in house.

In merito alla tipologia in house di una società di capitale, la Suprema Corte detta dei requisiti identificativi utili alla classificazione. Un società in house, deve essere definita da questi tre requisiti:
1) la natura esclusivamente pubblica dei soci,
2) l'esercizio dell'attività in prevalenza a favore dei soci stessi,
3) la sottoposizione ad un controllo corrispondente a quello esercitato dagli enti pubblici sui propri uffici.

Questi requisiti devono sussistere tutti contemporaneamente.

In merito alla responsabilità di gestione della società pubbliche vi è stato e vi è tuttora ampio dibattito se di caso in caso sia applicabile la giurisdizione della Corte dei Conti rispetto a quella ordinaria (A.G.O.). La distinzione è talvolta sottile poiché nell'attuale assetto normativo il perseguimento delle finalità istituzionali proprie della pubblica amministrazione viene sovente realizzato anche mediante attività disciplinate in tutto o in parte dal diritto privato, con la conseguenza che, secondo la Suprema Corte "il dato essenziale che radica la giurisdizione della corte contabile è rappresentato dall'evento dannoso verificatosi a carico della stessa pubblica amministrazione e non più dal quadro di riferimento - pubblico o privato - nel quale si colloca la condotta produttiva del danno".

Nel tentare di indicare una distinzione fra i due casi la Corte distingue il danno alla società (che può produrre solo indirettamente un danno erariale) dal danno erariale direttamente prodotto.

La un lato, afferma la Corte "la responsabilità nei confronti della società, dei soci, dei creditori e dei terzi in genere che grava sugli organi sociali, assoggettati alle medesime norme sia quando designati dai soci secondo le regole generali dettate in proposito dal codice sia quando eventualmente designati dal socio pubblico in forza dei particolari poteri a lui spettanti (art. 2449, cit., comma 2), opera quindi sempre nei termini stabiliti dagli artt. 2392 c.c. e segg., non diversamente che in qualsivoglia altra società privata" con la conseguenza che "il danno cagionato dagli organi della società al patrimonio sociale, ...  non è idoneo a configurare anche un'ipotesi di azione ricadente nella giurisdizione della Corte dei conti: perché non implica alcun danno erariale, bensì unicamente un danno sofferto da un soggetto privato (appunto la società), riferibile al patrimonio appartenente soltanto a quel soggetto e non certo ai singoli soci - pubblici o privati - i quali sono unicamente titolari delle rispettive quote di partecipazione".

Da altro canto, "risulta viceversa configurabile l'azione del procuratore contabile quando sia volta a far valere la responsabilità dell'amministratore o del componente di organi di controllo della società partecipata dall'ente pubblico che sia stato danneggiato dall'azione illegittima non di riflesso, quale conseguenza indiretta del pregiudizio arrecato al patrimonio sociale, bensì direttamente. Si è allora innegabilmente in presenza di un cosiddetto danno erariale".

Ed estende il concetto esprimendolo anche nel seguente dettato: "L'azione del procuratore contabile appare poi anche configurabile nei confronti (non già dell'amministratore della società partecipata, per il danno arrecato al patrimonio sociale, bensì) di chi, quale rappresentante dell'ente partecipante o comunque titolare del potere di decidere per esso, abbia colpevolmente trascurato di esercitare i propri diritti di socio, così pregiudicando il valore della partecipazione".

La peculiarità della società in house rispetto al quadro di diritto appena esaminato pone l'accento sul suo "incorporamento" nei fini istituzionali dell'ente proprietario.La società in house, afferma la Suprema Corte, "come in qualche modo già la sua stessa denominazione denuncia, non pare invece in grado di collocarsi come un'entità posta al di fuori dell'ente pubblico, il quale ne dispone come di una propria articolazione interna".

E si completa il ragionamento come segue: "Ne consegue [nell'amministrazione di una società in house] che gli organi di tali società, assoggettati come sono a vincoli gerarchici facenti capo alla pubblica amministrazione, neppure possono essere considerati, a differenza di quanto accade per gli amministratori delle altre società a partecipazione pubblica, come investiti di un mero munus privato, inerente ad un rapporto di natura negoziale instaurato con la medesima società. Essendo essi preposti ad una struttura corrispondente ad un'articolazione interna alla stessa pubblica amministrazione, è da ritenersi che essi siano personalmente a questa legati da un vero e proprio rapporto di servizio, non altrimenti di quel che accade per i dirigenti preposti ai servizi erogati direttamente dall'ente pubblico".

Il danno eventualmente inferto al patrimonio della società da atti illegittimi degli amministratori, cui possa aver contribuito un colpevole difetto di vigilanza imputabile agli organi di controllo, è arrecato ad un patrimonio che è si separato, ma pur sempre riconducibile all'ente pubblico: è quindi un danno erariale, che giustifica l'attribuzione alla Corte dei conti della giurisdizione sulla relativa azione di responsabilità.  

 

Le Sezioni Unite hanno enunciato il seguente principio di diritto: “La Corte dei conti ha giurisdizione sull'azione di responsabilità esercitata dalla Procura della Repubblica presso detta corte quando tale azione sia diretta a far valere la responsabilità degli organi sociali per danni da essi cagionati al patrimonio di una società in house, per tale dovendosi intendere quella costituita da uno o più enti pubblici per l'esercizio di pubblici servizi, di cui esclusivamente tali enti possano esser soci, che statutariamente esplichi la propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti e la cui gestione sia per statuto assoggettata a forme di controllo analoghe a quello esercitato dagli enti pubblici sui propri uffici”.  

 

 

Questo il testo della sentenza

Corte di Cassazione a Sezioni Unite

Sentenza n. 26283 del 25 novembre 2013  

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