Dipendenti pubblici: approvato il nuovo Codice di comportamento
Il Codice, approvato l'8 marzo 2013 dal Consiglio dei ministri, si aggiunge ai precedenti interventi normativi volti a prevenire e reprimere la corruzione e l’illegalità nella pubblica amministrazione.

Il Consiglio dei ministri ha approvato il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici emanato in attuazione della legge anti-corruzione 190/2012 che, in conformità alle raccomandazioni Ocse in materia di integrità ed etica pubblica, indica i doveri di comportamento per i dipendenti della pubblica amministrazione.
Il suddetto codice individua i doveri minimi di diligenza, lealtà , imparzialità e buona condotta che i pubblici dipendenti sono tenuti ad osservare e la cui violazione è fonte di responsabilità disciplinare.
Tra le principali novità si segnalano le seguenti:
- in materia di conflitto di interessi l'art. 6 pone l'obbligo in capo al dipendente pubblico di informare i dirigenti di «tutti i rapporti diretti o indiretti di collaborazione con soggetti privati in qualunque modo retribuiti che lo stesso abbia o abbia avuto negli ultimi tre anni», precisando inoltre se egli, o suoi parenti o affini entro il secondo grado, il coniuge o il convivente more uxorio, abbiano ancora rapporti finanziari con il soggetto con cui ha avuto i predetti rapporti di collaborazione.
Ugualmente, il dipendente pubblico è tenuto ad astenersi dal prendere decisioni o svolgere attività inerenti alle sue mansioni in situazioni di conflitto di interessi di qualsiasi natura, anche non patrimoniali, come quelli derivanti dall’intento di voler assecondare pressioni politiche, sindacali o dei superiori gerarchici.
Inoltre, ai sensi dell'art. 5 il dipendente è tenuto a comunicare la propria adesione o appartenenza ad associazioni e organizzazioni (esclusi partici politici e sindacati) i cui ambiti di interesse possano interferire con lo svolgimento delle attività dell’ufficio.
Sempre nella prospettiva di evitare conflitti di interessi si pone l'art. 13 il quale, nel dettare disposizioni particolari per i dirigenti, richiede che l'assunzione di funzioni dirigenziali sia preceduta dalla comunicazione all'amministrazione delle eventuali partecipazioni azionarie e degli interessi finanziari che possono porre il dirigente in conflitto di interessi con la funzione pubblica, dichiarando altresì «se il coniuge, o il convivente, o un parente od affine entro il secondo grado esercita attività politiche, professionali o economiche che li pongano in contatti frequenti con l'ufficio che dovrà dirigere o che siano coinvolti nelle decisioni o nelle attività inerenti all'ufficio».
- Nel cercare di contrastare il pericolo di corruzione l'art. 4 pone il divieto in capo al dipendente pubblico di chiedere o sollecitare per sé o per altri, regali o altre utilità , nonché il divieto di accettare per sé o altri, regali o utilità , salvo quelli d'uso di modico valore (di valore non superiore a 150 euro). I regali e le altre utilità comunque ricevuti sono immediatamente messi a disposizione dell’Amministrazione per essere devoluti a fini istituzionali.
- Per contrastare, invece, lo spreco di risorse l'art. 11 prescrive che il dipendente utilizzi il materiale o le attrezzature di cui il dispone per ragioni di ufficio, inclusi i servizi telematici e le linee telefoniche, nel rispetto dei vincoli posti dall'amministrazione. Parimenti, il dipendente può utilizzare i mezzi di trasporto a sua disposizione solo per lo svolgimento di compiti d'ufficio.
- La violazione del Codice di comportamento è fonte di responsabilità disciplinare. Le sanzioni sono comminate tenendo conto della gravità del comportamento e del pregiudizio (anche morale) cagionato «al decoro o al prestigio dell’amministrazione». Si legge all'art. 16 che «la violazione degli obblighi previsti dal presente Codice integra comportamenti contrari ai doveri d’ufficio. […] Essa è fonte di responsabilità disciplinare accertata all’esito del procedimento disciplinare, nel rispetto dei principi di colpevolezza, gradualità e proporzionalità delle sanzioni». Le sanzioni applicabili sono quelle previste dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi e nei casi più gravi o in caso di recidiva si può arrivare alla sanzione del licenziamento senza preavviso.