Reddito soggetto ad obbligo contributivo anche se da attività non principale

Corte di Cassazione - sentenza n. 5827 dell'8 marzo 2013. Contributo previdenziale anche per redditi collaterali del professionista

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Reddito soggetto ad obbligo contributivo anche se da attività non principale

La Corte di Cassazione (sezione lavoro), con sentenza n. 5827 depositata l'8 marzo 2013, con la quale viene cassata la sentenza della Corte d'appello di Roma e accolto il ricorso depositato da Inarcassa, si esprime in ordine ai crite di di assoggettabilità o meno all'obbligo contributivo delle varie tipologie di reddito.

Secondo la Cassazione l'ingegnere che riveste la carica di amministratore e sindaco di una società attiva nel settore dell'edilizia è tenuto a versare a Inarcassa anche i contributi sui redditi riferiti ai compensi percepiti in qualità di amministratore e sindaco di tale società

Ma la sentenza, naturalmente, dichiara un principio di diritto che interessa tutti i professionisti, avvocati compresi.

La Suprema Corte ritiene che siano assoggettati all'onere contributivo anche i redditi percepiti grazie ad una attività “oggettivamente” riconducibile alle competenze proprie del professionista, anche se non rientra fra quelle riservate per legge.

La Corte di Cassazione da atto che in questa materia la giurisprudenza della Cassazione non è univoca e descrive i due principali orientamenti
Secondo un orientamento, seguito dalla Corte d'appello di Roma, “non è configurabile alcun obbligo contributivo in relazione al reddito prodotto dal professionista ove questo non sia direttamente collegabile all'esercizio dell'attività libero professionale per la quale vi è stata l'iscrizione in appositi albi o elenchi” mentre altro orientamento ritiene che “l'imponibile contributivo va determinato alla stregua dell'oggettiva riconducibilità alla professione dell'attività concreta, ancorché questa non sia riservata per legge alla professione medesima”.

Quest'ultimo è l'orientamento seguito dalla sentenza in commento, affermando che il concetto di “esercizio della professione” deve essere interpretato non in senso statico e rigoroso ma bensì tenendo conto dell'evoluzione subita nel mondo contemporaneo che ha comportato per la professione.

Afferma, infatti, la Suprema Corte che “lÂ’imponibile contributivo va determinato alla stregua della oggettiva riconducibilità alla professione della attività concreta, ancorché questa non sia riservata per legge alla attività medesima, rilevando la circostanza che la competenza e le specifiche cognizione tecniche di cui dispone il professionista siano rese (anche) grazie allÂ’impiego di esse”.

L'obbligo contributivo nei confronti della propria Cassa è escluso “solamente nel caso in cui non sia, in concreto, ravvisabile una connessione tra l'attività svolta e le conoscenze tipiche del professionista, in linea con quanto suggerito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 402 del 1991 (resa a proposito del contributo integrativo dovuto dagli avvocati e procuratori)”. .


 

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