Il testamento: schede pratiche in materia di Successioni
La voce Testamento delle Schede Pratiche in materia di Successioni curata dall'Avv. Valeria Cianciolo per ProfessioneGiustizia

Pubblichiamo la prima Scheda avente ad oggetto il Testamento, facente parte di una serie di schede destinata a creare un "Dizionario Ragionato" in materia successoria, a cura dell'Avv. Cianciolo Valeria. Le schede costituiscono il sunto di un lavoro più complesso e completo che speriamo possa costituire, fra qualche mese, una vera e propria monografia pubblicata in forma cartacea e on line.
Il testamento
Il testamento è l'atto di volontà attraverso il quale un soggetto regola i propri interessi, patrimoniali e non patrimoniali, per il tempo successivo alla propria morte.
Secondo la dottrina tradizionale (Bonilini, Cicu, Bianca), la rilevanza della volontà, diretta al conseguimento di effetti giuridici, consente di sussumere il testamento nella categoria del negozio giuridico. Anzi, nella libertà di testare si è ravvisata da alcuni la massima espressione dell'autonomia privata.
Cosa può contenere un testamento?
Nell'art. 587 c.c. il legislatore ha accolto sia il c.d. concetto ristretto di testamento, come negozio che esprime la volontà dispositiva dei beni (1° co.), sia il concetto ampio di testamento, come negozio che può racchiudere qualsiasi disposizione di ultima volontà, indipendentemente da ogni ripercussione di carattere patrimoniale.
Le disposizioni di carattere patrimoniale costituiscono il contenuto tipico del testamento, la cui funzione primaria è quella di indirizzare la vocazione nei beni ereditari attraverso la designazione di uno o più beneficiari. Disposizioni classicamente patrimoniali sono quelle attributive della qualità di erede o legatario, nonché le disposizioni a queste complementari.
Disposizioni patrimoniali di altro genere - come, ad esempio, il riconoscimento di un debito - sono valide nei limiti in cui lo sarebbero quali atti unilaterali negoziali tra vivi.
Il testamento può anche racchiudere disposizioni prive del carattere della patrimonialità. Alcune di esse sono espressamente previste dalla legge, come il riconoscimento di figlio naturale (art. 254); la designazione del tutore del minore da parte del genitore ultimo esercente la potestà (art. 348); la nomina del curatore speciale per l'amministrazione dei beni lasciati al minore (art. 356); la designazione del tutore dell'interdetto o del curatore dell'inabilitato (art. 424); la designazione dell'esecutore testamentario (art. 700).
Altre disposizioni possono riguardare i funerali, la designazione del luogo di sepoltura, la volontà di cremazione, considerate oggetto di un vero e proprio diritto della personalità del de cuius (Cass. civ., 09/05/1969, n. 1584 in Foro It., 1969, 3193: “ La disposizione in forma testamentaria, con la quale il de cuius dispone dell'incinerazione della propria salma, prevale sulla volontà degli eredi.”)
Caratteri del negozio testamentario
a. è un atto unilaterale: tale principio si esprime nel fatto che unica è la volontà dalla quale scaturiscono gli effetti successori: la volontà del testatore.
Ne sono conferma: l’automaticità dell’acquisto dei legati; il divieto dei patti successori, in particolar modo quelli istitutivi.
b. è un atto personale: il principio della personalità esprime l’esigenza che unica sia (e debba essere) la volontà contenuta nel testamento, vale a dire la volontà del testatore; la volontà testamentaria deve essere – all’interno della scheda – completa ed autosufficiente (salva la relatio puramente formale). Tale principio è stato stabilito dal legislatore a presidio della spontaneità e della totale libertà di disporre delle proprie sostanze per il caso di morte. Conferme a questo principio possono essere trovate in alcuni divieti previsti dal codice, e precisamente: nel divieto di testamento congiuntivo (Es.: “Noi sottoscritti Tizio e Caia nominiamo nostro erede universale il signor Sempronio”), nel quale due o più soggetti – a mezzo di un unico negozio giuridico caratterizzato da una volontà collettiva – dispongono delle loro ultime volontà; nel divieto di testamento reciproco (es.: “Noi sottoscritti Tizio e Caia ci nominiamo vicendevolmente eredi universali”), nel quale il legislatore presume che ciascun testatore mai avrebbe fatto testamento a beneficio dell’altro, se non fosse stato a sua volta beneficiato.
c. è un atto non recettizio: l’efficacia delle disposizioni testamentarie non è subordinata ad alcun onere di comunicazione a terzi;
d. è un atto revocabile: l’art. 587 c.c. definisce il testamento come un “atto revocabile”; tale revocabilità è assoluta, come si premura di specificare – senza possibilità di deroga alcuna – il successivo art. 679, a mente del quale “Non si può in alcun modo rinunziare alla facoltà di revocare o mutare le disposizioni testamentarie: ogni clausola o condizione contraria non ha effetto.”
E dunque, nulle sono le clausole che condizionano, mediante modalità precostituite, l'esercizio della facoltà di revoca (Tribunale di Napoli 24.6.1972: “Disponendo che non si può rinunziare alla facoltà di revocare o mutare le disposizioni testamentarie, l'art. 679 c.c. sancisce la nullità anche di quelle clausole (derogatorie relative) che limitano, senza annullarla, la facoltà di revoca, condizionandone l'esercizio a modalità precostituite, la cui inosservanza non si concilia con la piena libertà di testare e con la connessa revocabilità (parimenti ampia) del testamento.” in Giur. di Merito, 1973, I, 139 ).
e. è un atto formale: nel nostro ordinamento vige il principio della forma vincolata della volontà testamentaria; tale principio, posto a presidio sia dell’esigenza di una maggior ponderazione nella
formulazione delle ultime volontà, sia dell’esigenza di precostituzione di una prova, è stato criticato da parte di alcuna dottrina, che ha fatto notare come tale principio rischi di cadere nel puro formalismo.
Il testamento è un negozio giuridico formale, e non produce effetti se non viene redatto nelle forme previste dalla legge, siano esse ordinarie (olografo, pubblico e segreto, artt. 601-609 c.c.) o speciali (artt. 610-619).
Essendo comune a tutte le forme testamentarie la scrittura, il testamento orale o "nuncupativo" è estraneo al nostro sistema delle forme testamentarie.
Le forme speciali di testamento: l’art. 609 c.c.
Alle forme c.d. speciali di testamento si può ricorrere soltanto quando, in seguito a circostanze straordinarie, sia reso particolarmente difficoltoso, o impossibile, l'utilizzo di una delle forme ordinarie.
La previsione delle forme speciali di testamento, pertanto, risponde all'esigenza di agevolare, nelle eccezionali circostanze individuate dalla legge, la redazione delle disposizioni di ultima volontà, in sostituzione o ad integrazione delle norme sulla successione legittima. Le formalità ordinariamente prescritte per la confezione del testamento sono, in codesti casi, ridotte all'essenziale; tuttavia, le nostre norme di legge richiedono sempre la redazione nella forma scritta: neppure l'eccezionalità giustifica - per il nostro legislatore, e differentemente da quello svizzero (art. 506 c.c. svizzero) - l'oralità (art. 619).
Il codice civile prevede, anzitutto, all'art. 609 c.c., il caso del testatore che non possa valersi delle forme ordinarie perché si trova «in luogo dove domina una malattia reputata contagiosa».
Quanto alla "pubblica calamità", essa va intesa come ogni sventura o disastro - terremoto, inondazione, deragliamento di un treno, frana o nevicata eccezionale, che provochino l'isolamento dei comuni, invasione nemica, guerra, et similia - che riguarda una generalità di persone.
Il testamento dei militari e assimilati (art. 617 c.c.)
Gli artt. 617 e 618 c.c. prevedono una forma speciale di testamento per i militari e le altre persone al seguito delle forze armate dello Stato, i quali si trovino in zona di operazioni belliche o siano prigionieri presso il nemico.
Una curiosità.
E stato reputato nullo il testamento di un appartenente al partito fascista sociale italiano non militare, condannato a morte dalle forze armate partigiane, in quanto ricevuto da un comandante partigiano che lo aveva catturato (Corte d’Appello Venezia 30.6.1952: “E' invalido il testamento di un appartenente alle formazioni militari di Stato ricevuto dal comandante del reparto partigiano che lo aveva catturato.” in Giur. It., 1953, I, 461), così come la dichiarazione di riconoscimento di figlio nascituro, resa da un partigiano ad un cappellano militare, da quest'ultimo ridotta in iscritto dopo la morte del dichiarante, non è stata reputata atto di riconoscimento di figlio nascituro, ma è stata considerata utile al fine della dichiarazione giudiziale di paternità (Cassazione Civile, 01.06.1960, n. 1425: “La dichiarazione di riconoscimento di figlio nascituro, resa da un partigiano ad un cappellano militare, ma da questo ultimo ridotta in iscritto dopo la morte del dichiarante, non è atto di riconoscimento di figlio nascituro, ma può essere utilizzata per la dichiarazione giudiziale della paternità.” in Giust. Civ., 1960, 1300).
Avv. Valeria Cianciolo