Diritti di abitazione e uso vanno concessi anche al coniuge superstite separato senza addebito
Diritto di abitazione al coniuge superstite ex art. 540 c.c., separato senza addebito e senza diritto alla casa familiare. Cassazione Sentenza n. 22566/2023

La Corte di Cassazione civile, con Sentenza n. 22566 depositata in data 26 luglio 2023 affronta una richiesta di riconoscimento del diritto di abitazione ed uso promossa dal coniuge superstite in un caso nel quale la casa era già stata rilasciata e non più adibita a casa familiare.
Il fatto di specie vedeva la moglie separata, all’apertura della successione del marito, rivendicare il diritto di abitazione ed uso, ai sensi dell’art. 540 c.c. secondo comma, dell’immobile che era stato adibito a residenza della famiglia.
Detto immobile era stato rilasciato molto tempo prima ed, essendo bene in comunione non divisibile, stava per essere venduto a terzi con giudizio di divisione.
Le corti del merito avevano rigettato la domanda sull’onda di una giurisprudenza anche di legittimità oramai consolidata secondo la quale il diritto di abitazione era riconosciuto solo nel caso in cui vi fosse attualità nell’utilizzo dell’immobile quale residenza.
Per precedenti interventi in questa Rivista vedasi “Ancora sul Diritto di Abitazione del coniuge superstite: Corte di Cassazione”.
Specifica la Corte, con il provvedimento in esame, che il caso affrontato era inerente non ad una ipotesi di separazione consensuale, ma ad una causa di separazione giudiziale ancora in corso al momento della morte di uno dei coniugi. Con la conseguenza che il provvedimento presidenziale va solo ad anticipare l’effetto di scioglimento della comunione legale, ma non attribuisce ai coniugi la qualità di coniugi separati.
La stessa Corte, tuttavia, va oltre il dato fattuale della fattispecie ed affronta la tematica generale del diritto di abitazione al coniuge separato, conscia che il principio consolidato di giurisprudenza è stato oggetto di motivate critiche da parte della dottrina.
Segue l’analisi di queste critiche.
Casa familiare è solo la casa di residenza comune al momento dell’apertura della successione
Si afferma essere questione discussa se i diritti riconosciuti al coniuge dall’art. 540, comma 2, c.c., possano sorgere a favore del coniuge superstite che vivesse legalmente separato dal defunto. Il dubbio ovviamente si giustifica in ragione del fatto che al coniuge separato senza addebito, la legge riconosce gli stessi diritti successori del coniuge non separato.
Si continua affermando che è sembrato a taluni interpreti che la separazione legale implichi, necessariamente, il venir meno del presupposto per la nascita dei diritti di abitazione e di uso, divenendo impossibile, a seguito della separazione, individuare una “casa adibita a residenza familiare”.
In base a questa posizione, fatta propria della giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 13407/2014; n. 15277/2019), per “casa familiare” dovrebbe intendersi unicamente la casa di residenza comune al momento dell’apertura della successione.
Casa familiare è l’ultima casa che fu di residenza comune
Esiste, tuttavia anche una diversa opinione, secondo la quale oggetto dei diritti di abitazione e di uso dovrebbe essere l’ultima casa che fu di residenza comune, benché in un tempo precedente all’apertura della successione, ed i mobili che la corredavano.
Casa familiare è quella dove il coniuge separato sopravvissuto si trova al momento di apertura della successione
Ancora una diversa tesi suggerisce di identificare come casa di residenza familiare quella che fu comune ed in cui il coniuge separato sopravvissuto si trovi ancora al momento di apertura della successione, o perché rimastovi di fatto, in conseguenza di un accordo con l’altro coniuge, o per disposizione del giudice. In base a questa opinione il presupposto per la concreta attribuzione dei diritti, in sintesi, mancherebbe solo nelle ipotesi in cui, all’apertura della successione, il coniuge sopravvissuto non vivesse più nella casa familiare comune.
A tale soluzione è stato rimproverato di introdurre una disparità di trattamento nei confronti del coniuge senza prole o che vi abbia rinunziato all’assegnazione della casa familiare per ragioni legittime o al quale per qualsiasi motivo, il giudice non abbia attribuito il diritto di abitazione.
Soluzione della Suprema Corte
Afferma la Corte di Cassazione che seppur spetterebbe al legislatore un chiarimento su questione così dibattuta, sul piano applicativo si deve affermare la prevalenza degli argomenti che inducono ad accogliere la tesi secondo la quale l’adibizione della casa a residenza familiare non deve essere necessariamente in atto nel momento di apertura della successione, e pertanto non viene meno per il solo fatto della separazione legale.
Si cita il dato letterale, chiarendo che la norma non annovera la convivenza fra coniugi quale presupposto per l’attribuzione del diritto di abitazione.
Inoltre, la stessa lettera dell’art. 548 c.c. è chiara nel parificare i diritti successori del coniuge separato senza addebito a quelli del coniuge non separato.
In base a questa opinione i presupposti per la nascita del diritto mancherebbero solo qualora, dopo la separazione, la casa fosse stata abbandonata da entrambi i coniugi o avesse comunque perduto ogni collegamento, anche solo parziale o potenziale, con l’originaria destinazione familiare. In tal caso, essendo cessata l’adibizione a residenza della famiglia, i diritti di abitazione e di uso non sorgono per difetto del presupposto oggettivo, mentre i presupposti continuerebbero a sussistere anche quando la successione si sia aperta in favore di quello che se ne fosse allontanato, lasciando a viverci l’altro ora defunto.
Continua la Corte affermando che se è vero che l’interesse di un coniuge e non mutare ambiente di vita aveva dovuto cedere, nel conflitto, a quello dell’altro, proprietario esclusivo o comproprietario, è vero nello stesso tempo che altrettanta forza non può essere riconosciuta - sì da impedire al superstite il ritorno in quell’ambiente, che può avere conservato con lui un valore non soltanto economico - agli interessi esclusivamente patrimoniali degli altri chiamati in concorso.
Si deve inoltre condividere l’opinione, sempre proposta con riferimento all’ipotesi dell’abbandono della casa coniugale, che non sono consentite in materia distinzioni, a seconda che esso sia o no giustificato. Non si può rimettere al giudice della successione un accertamento di colpa che le legge prende in considerazione - all’effetto di escludere la vocazione ereditaria e, con essa, il diritto di abitazione sulla casa familiare - solo quando sia intervenuto. in contraddittorio con l’altro coniuge, in un giudizio definito prima dell’apertura della successione.
In conclusione la S.C. enuncia il seguente principio di diritto:
«I diritti di abitazione e uso, accordati al coniuge superstite dall’art. 540, comma 2, c.c. spettano anche al coniuge separato senza addebito, eccettuato il caso in cui, dopo la separazione, la casa sia stata lasciata da entrambi i coniugi o abbia comunque perduto ogni collegamento, anche solo parziale o potenziale, con l’originaria destinazione familiare».