Legittima difesa e fuga del rapinatore: inconfigurabilità dell'art. 52 cod. pen.
Non è configurabile la scriminante della legittima difesa (neppure putativa) nel caso in cui il rapinatore desista dall'aggressione e si dia alla fuga avvedutosi del pericolo (Cass. Pen., Sez. IV, 27/04/2015, n. 31001)

Va esclusa la sussistenza della legittima difesa putativa, nella condotta dell'imputato che, al termine di una colluttazione con un rapinatore che si era introdotto del negozio della sorella, si era impossessato dell'arma del ladro ferendolo mortalmente mentre quest'ultimo, avvedutosi della condizione di pericolo, stava ormai desistendo dall'aggressione, guadagnando una scappatoia a distanza ormai di cinque metri dall'imputato.
1. Fare fuoco contro il rapinatore in fuga, uccidendolo: ricognizione del fatto
La Suprema Corte con sentenza della IV Sezione del 27/04/2015, n. 31001 ha avuto modo di ribadire l'atteggiarsi degli elementi costituivi dell'esimente della legittima difesa di cui all'art. 52 cod. pen..
L'art. 52, co. 1, cod. pen. determina contenuto e limiti della legittima difesa, disponendo la non punibilità di chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, ferma la proporzionalità tra la difesa e l'offesa.
Pertanto, non qualunque reazione all'offesa subita è scriminata dalla causa di giustificazione di cui all'art. 52 cod. pen., dovendone ricorrere gli elementi legali affinché questa possa configurare una condotta giustificata dalla legittima difesa, vale a dire la necessità di difendere un proprio diritto ovvero un diritto altrui, l'attualità del pericolo, l'offesa ingiusta e la proporzionalità della difesa apprestata all'offesa subita.
Non è possibile valutare positivamente tali elementi nella condotta di chi, a seguito di una colluttazione col rapinatore armato, riesce ad impossessarsi dell'arma da fuoco esplodendo poi un colpo verso il rapinatore di spalle ormai in fuga, quindi uccidendolo, nonostante la condizione emotiva e psichica dell'offeso che ritiene ancora attuale il pericolo per la propria o altrui incolumità.
Nel caso di specie, il Giudice di prime cure1 condannava l'imputato per il reato di omicidio colposo a seguito di eccesso colposo in relazione alla scriminante della legittima difesa, dunque in base al combinato disposto tra l'art. 55 e l'art. 589 cod. pen.2, riconoscendo tuttavia l'attenuante dell'aver agito in stato d'ira determinato dal fatto ingiusto di cui all'art. 62, n. 2, cod. pen., oltre alle attenuanti generiche. Il Giudice del gravame3 riteneva di confermare quanto statuito dall'impugnata sentenza.
2. Valutazione delle circostanze, situazione di vantaggio e carenza dell'attualità del pericolo.
La IV Sezione della Cassazione ha ribadito che nella valutazione della condotta dell'offeso al fine di rinvenire l'esimente della legittima difesa è necessario non fare riferimento tanto e solo allo stato d'animo di chi appresta una difesa all'aggressione, bensì proprio quello dell'aggressione ingiusta oggettivamente considerata, concretatasi in un pericolo attuale di un'offesa che, se non neutralizzato tempestivamente, sfocia nella lesione del diritto dell'offeso.
La Corte ha evidenziato come la giurisprudenza di legittimità ha costantemente indicato che il giudizio sulla sussistenza di una causa di giustificazione, reale o presunta, deve compiersi ex ante sulla base delle circostanze caratterizzanti il caso concreto, dovendo il giudice esaminare, di volta in volta e in concreto, la particolare situazione di fatto che escluderebbe l'antigiuridicità della condotta prevista dalla legge come reato.
La Suprema Corte ha ritenuto corretto il richiamo effettuato dal Giudice di seconde cure alla giurisprudenza di legittimità secondo cui la reazione è legittima quando l'agente tiene conto di tutte le circostanze del caso singolo in concreto e, trovandosi nell'impossibilità di agire altrimenti, non può evitare l'offesa se non difendendosi ed arrecando a sua volta offesa all'aggressore, ponendosi in tal caso l'aggressione come unico modo per salvare il diritto minacciato.
Secondo gli Ermellini, il possesso di un'arma a fronte di un aggressore disarmato e la circostanza che l'aggressore si allontani voltandosi di spalle sono elementi che pongono l'offeso in una situazione di vantaggio, da cui è impossibile ricavarne una impossibilità di scelta in capo all'offesa e ciò a prescindere dall'erronea valutazione dell'attualità del pericolo.
In casi simili, secondo la Corte, ancorché l'offeso ritenga il contrario, il pericolo non è attuale4, prospettandosi quindi per l'offeso diverse ed altre soluzioni, quali quella di corroborare ulteriormente la desistenza dell'aggressore esplodendo colpi di pistola in alto oppure quella di allontanarsi a sua volta. Come conseguenza della possibilità di addivenire ad una diversa scelta di condotta, l'impossibilità di individuare come ricorrente il requisito della proporzionalità tra difesa apprestata e aggressione subita.
Infine, da quanto emerso nell'iter logico giuridico seguito dalla Corte, il profondo turbamento emotivo e psichico in cui versa chi si trova innanzi ad un'aggressione, sussistendo nell'imputato la convinzione che il pericolo per la sua vita sia ancora attuale, ben rileva quale ipotesi di di legittima difesa putativa di cui all'art. 59 cod. pen., tuttavia non potendosi escludere l'eccesso colposo di cui all'art. 55 cod. pen. nel cattivo uso dei mezzi a disposizione per respingere il pericolo che legittimamente avvertiva essere presente (c.d. errore inabilità).
Invero, viene effettuata una scissione della condotta tenuta dall'imputato: un primo momento, caratterizzato dalla configurazione della scriminante reale, un secondo momento in cui l'offeso acquisisce una posizione di vantaggio e in cui è configurato il putativo a seguito del turbamento morale e psicologico che lo ha indotto a ritenere ancora attuale il pericolo. In tale secondo momento, i giudicanti hanno ritenuto applicabile l'art. 55 cod. pen. In riferimento ad una erronea esecuzione della condotta putativamente scriminata5.
3. L'atteggiarsi della presunzione di proporzionalità nella legittima difesa domestica.
Sulla presunzione di proporzionalità di cui al comma 2 dell'art. 52 cod. pen. nei casi di violazione di domicilio di cui all'art. 614 cod. pen. ovvero all'interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale, ricorrendo la legittima presenza in uno di tali luoghi e l'uso di un'arma legittimamente detenuta o di altro mezzo idoneo al fine di difendere l'incolumità o i beni propri o altrui (in quest'ultimo caso in assenza di desistenza dell'aggressore e nel pericolo di un'aggressione), la Suprema Corte ha ribadito quanto precedentemente affermato in merito alla legittima difesa domestica.
Concordando con una precedente pronuncia6, è necessaria l'effettiva introduzione del soggetto nel domicilio altrui, contro la volontà del soggetto legittimato ad escluderne la presenza.
Inoltre, richiamando quanto già chiarito dalla precedente giurisprudenza7, il Giudice di legittimità ha spiegato che non ogni pericolo che si concretizza nell'ambito del domicilio giustifica la reazione difensiva, non potendosi dunque prescindere in ogni caso dagli elementi individuati dal primo comma dell'art. 52 cod. pen., ossia il pericolo attuale di un danno ingiusto, posto che soltanto ricorrendo tutti gli elementi legali della legittima difesa ordinaria è possibile far ricorso alla presunzione legale di proporzionalità tra la difesa e l'aggressione.
Dott. Andrea Diamante
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1 Giudice dell'udienza preliminare dell'ex Tribunale di Nicosia.
2 La tesi accusatoria sosteneva che il fatto commesso dall'imputato configurasse, invece, il delitto di omicidio di cui all'ar. 575 cod. pen..
3 Corte d'Assise d'Appello di Caltanissetta, sentenza n. 11/2014.
4 Laddove per attualità del pericolo deve intendersi quello né corso né futuro, ma presente al momento della predisposizione della difesa.
5 Ammettendo, dunque, la piena compatibilità tra scriminante putativa ed eccesso colposo (sic!).
6 Cass. Pen., Sez. I, 16/02/2007, n. 12489, per cui in tema di legittima difesa, la l. 13 febbraio 2006, n. 59 ha stabilito la presunzione della sussistenza del requisito della proporzione tra offesa e difesa, quando sia configurabile la violazione di domicilio dell'aggressore, ossia l'effettiva introduzione del soggetto nel domicilio altrui (nella specie, brandendo come arma una bottiglia di vetro rotta), contro la volontà dei soggetti legittimati ad escluderne la presenza.
7 Cass. Pen., Sez. I, 08/03/2007, n. 16677, per cui in tema di legittima difesa, le modifiche apportate dalla legge 13 febbraio 2006, n. 59 all'art. 52 cod. pen., hanno riguardato solo il concetto di proporzionalità, fermi restando i presupposti dell'attualità dell'offesa e della inevitabilità dell'uso delle armi come mezzo di difesa della propria o dell'altrui incolumità; di conseguenza, la reazione a difesa dei beni è legittima solo quando non vi sia desistenza ed anzi sussista un pericolo attuale per l'incolumità fisica dell'aggredito o di altri.
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Di seguito il testo di Corte di Cassazione Penale Sez. IV, 27/04/2015 sentenza n. 31001:
Svolgimento del processo
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