Dichiarato incostituzionale il comma 2-bis dell'art. 2 della Legge Pinto
La durata massima del processo non si applica alla Legge Pinto. Incostituzionale la durata di 3 anni per il primo grado di un ricorso ex Legge L. 89/2001. Corte Costituzionale Sentenza n. 36/16

La Corte d’appello di Firenze aveva sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 2-bis e 2-ter, della legge 24 marzo 2001, n. 89 (Legge Pinto) in relazione all'eccessiva durata del procedimento promosso ex Legge Pinto per ottenere il ristoro della eccessiva durata di un precedente giudizio.
Si tratta del fenomeno dei ricorsi ex Legge Pinto su ricorsi Legge Pinto. Il rimettente osservava che la giurisprudenza di legittimità formatasi anteriormente alla novella del 2012 e la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo avevano indicato in due anni il limite di ragionevole durata complessiva del procedimento previsto dalla legge n. 89 del 2001. Incompatibile sarebbe quindi, non solo il termine di 3 anni previsto dal comma 2-bis per il primo grado ma altresì l'espansione del termine di durata legittima fino a quel massimo di anni 6 per il complessivo giudizio, termine quest'ultimo previsto dal comma 2-ter dell'art. 2 L. 89/01 (si riporta il comma 2-ter: "Si considera comunque rispettato il termine ragionevole se il giudizio viene definito in modo irrevocabile in un tempo non superiore a sei anni").
Costituisce principio di diritto della giurisprudenza comunitaria - afferma la Consulta - "quello secondo cui lo Stato è tenuto a concludere il procedimento volto all’equa riparazione del danno da ritardo maturato in altro processo in termini più celeri di quelli consentiti nelle procedure ordinarie, che nella maggior parte dei casi sono più complesse".
Il relazione al procedimento per ottenere l'equo indennizzo per la eccessiva durata del procedimento, ricorda la Corte, " la giurisprudenza di legittimità aveva ritenuto congruo il termine di durata di un anno, per l’unico grado di merito del procedimento regolato dalla legge n. 89 del 2001, e quello di un ulteriore anno, relativamente al giudizio di legittimità previsto da tale legge, per complessivi due anni".
Riguardo alla costituzionalità dell'art. 2 comma 2-ter sulla base dei rilievi mossi dall'’Avvocatura la quale ha - correttamente secondo la Corte Cortituzionale - "osservato che l’art. 2, comma 2-ter, non sarebbe applicabile ai procedimenti previsti dalla legge n. 89 del 2001, perché essi sono articolati su due gradi di giudizio, mentre il termine di sei anni previsto da tale norma, e che si considera «comunque» ragionevole, esigerebbe che il processo si sia svolto in tre gradi", il problema non si pone, proprio per le motivazioni addotte dall'Avvocatura. E, secondo la Corte, "ne consegue che le questioni relative all’art. 2, comma 2-ter, sono inammissibili per difetto di rilevanza, posto che i rimettenti non sono chiamati ad applicare tale disposizione".
E' invece ammissibile, secondo la Corte Costituzionale, la questione di costituzionalità relativa all’art. 2, comma 2-bis.
Secondo la Corte "la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2-bis, nella parte in cui determina in tre anni la ragionevole durata del procedimento regolato dalla legge n. 89 del 2001 nel primo e unico grado di merito, è fondata, in riferimento all’art. 111, secondo comma, e all’art. 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6, paragrafo 1, della CEDU".
Concludendo la Consulta
"dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2-bis, della legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell’articolo 375 del codice di procedura civile), nella parte in cui si applica alla durata del processo di primo grado previsto dalla legge n. 89 del 2001".
Di seguito il testo di
Corte Costituzionale Sentenza n. 36 del 13/01/2016:
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
[[ ... OMISSIS ... ]]
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