Gli effetti delle modifiche legislative sullo statuto sociale
Società di capitali: modifiche allo statuto conseguenti a modifiche legislative. Prassi e riflessioni.

Il presente articolo vuole offrire uno spunto di riflessione di un problema poco affrontato e sottovalutato dalla prassi. Si tenderà ad analizzare principalmente la principale tipologia societaria, la Società per Azioni, in considerazione del suo frequente utilizzo e del rimando alle sue norme riguardo alle Società a Responsabilità Limitata, altra tipologia societaria tra le più diffuse.
Durante l’esistenza di una società di capitali si annoverano molteplici cambiamenti, la maggior parte dei quali dipendono dalla volontà dei soci, a mezzo dell’organo amministrativo, quale mandatario dei soci stessi, e qualvolta con la loro autorizzazione espressa, come in caso di operazioni straordinarie o modifiche statutarie.
Al momento della nascita della società, si redige uno statuto sociale, il quale, una volta approvato, viene iscritto al competente Registro delle Imprese.
Tutti gli statuti sociali che si rispettino, o così almeno si crede in prassi, contengono una mole di norme che per la maggior parte sono una mera trasposizione delle norme dettate dal codice civile riguardo il funzionamento della società, in base alla tipologia societaria prescelta.
In prassi, nella formazione degli statuti si tende a copiare le norme dettate dal legislatore (dettate direttamente nel codice civile o in leggi speciali) nello statuto stesso, in luogo di un semplice rinvio normativo.
La legislazione italiana è in continua evoluzione, e ciò implica in primis dei cambiamenti aventi ad oggetto proprio quelle norme di legge appena citate.
Ciò premesso, sembra opportuno analizzare alcune situazioni normative e di fatto.
La più recente riforma del diritto societario, attuata con il D. Lgs. 6/2003 (entrato in vigore in data 1 gennaio 2004), emanato a seguito della Legge Delega 366/2001, ha variato notevolmente la normativa societaria, introducendo altresì l’art. 223-bis nelle disposizioni per l’attuazione del codice civile, con funzione di regolare la transizione, dalla vecchia alla nuova normativa societaria, degli statuti sociali adottati dalle società al tempo già esistenti e costituite successivamente.
Il comma 6 dell’art. 223-bis disp. Att. C.C. dispone che dalla data del 1° gennaio 2004 non possono essere iscritte nel registro delle imprese le società di cui ai capi V, VI e VII del titolo V del libro V del codice civile (e precisamente S.p.A., S.A.p.A., S.R.L.), anche se costituite anteriormente a detta data, che siano regolate da atto costitutivo e statuto non conformi al decreto medesimo, ovvero del D. Lgs. 6/2003.
Il verbale contente le modifiche dell’atto costitutivo deve essere iscritto nel Registro delle Imprese dal Notaio (ex art. 2436 c.c. trattandosi di S.p.A., e di S.R.L. in forza di rinvio ex art. 2480 c.c.), dopo il controllo di legittimità in capo al medesimo, ovvero su ordine del Tribunale ex art. 2436 co. 4 c.c..
Con detto verbale è necessario depositare anche il testo integrale dello statuto, nella sua redazione aggiornata, come disposto dall’art. 2436 co. 6 c.c., presentando all’ufficio del registro delle imprese una domanda unica di iscrizione della delibera di modifica e di deposito del testo dello statuto nella sua redazione aggiornata, come disposto ex art. 14 co. 5 del D.P.R. 581/1995 (Regolamento di attuazione della L. 580/1993 in materia di istituzione del registro delle imprese).
La disposizione di cui all’ultimo comma dell’art. 2436 c.c. è finalizzata a rendere più agevole la conoscenza da parte dei terzi del contenuto attuale dello statuto.
Ciò comporta il necessario adeguamento dello statuto alla normativa vigente al momento della predetta iscrizione.
Il professionista che curerà la convocazione dell’assemblea per una modifica statutaria dovrà perciò controllare se, oltre alla modifica sostanziale in programma, sarà necessario modificare altre parti dello statuto, in dipendenza di modifiche normative intervenute tra la precedente redazione dello statuto oggetto di modifica e il tempo in cui si convoca l’assemblea, al fine di predisporre il tutto correttamente per tempo, tra cui la convocazione con il giusto Ordine del Giorno.
In caso di modifica dello statuto è indubbia l’applicazione del disposto di cui all’art. 2365 c.c. (art. 2365 c.c. per S.p.A., art. 2480 in caso di S.R.L.). La competenza per le modificazioni dello statuto è dell’assemblea straordinaria, per le S.p.A., ovvero semplicemente dell’assemblea dei soci per le S.R.L., in base ai quorum stabiliti dalla legge o dallo statuto, sempre e comunque nei limiti di legge.
Il problema si pone quando lo statuto è stato predisposto secondo un’operazione di mero “copia-incolla” delle norme, quando le stesse sono variate nel tempo.
Nel caso in cui la norma di legge abbia disposto diversamente in modo inderogabile, nulla quaestio, sarà la nuova norma a dover essere applicata.
Nel caso in cui la norma copiata sia variata, ma resti derogabile, è necessario capire se, nel caso pratico, vada applicato quanto letteralmente è riportato nello statuto, ovvero la norma nella sua formulazione.
La scelta più appropriata sembra rimanere, in assenza di volontà o norme interpretative contrarie, l’applicazione letterale di quanto scritto nello statuto.
Si tenga però presente che la medesima problematica permane qualora ci si trovi a dover adeguare lo statuto alla normativa vigente. L’organo amministrativo che si trovi a dover convocare l’assemblea dovrà decidere cosa proporre all’assemblea, ovvero optando per la permanenza della norma letteralmente riportata, oppure per modifica della stessa in base a quanto variato dal legislatore.
Tra i casi più recenti si annoverano:
1. l’abrogazione (ex art. 20 co. 8 D.L. 91/2014, come convertito, con modificazioni, in L. 116/2014) del comma 2 dell’art. 2477 c.c., che in merito ai casi di nomina obbligatoria dell’organo di controllo per le S.R.L., disponeva: “La nomina dell’organo di controllo o del revisore è obbligatoria se il capitale sociale non è inferiore a quello minimo stabilito per le società per azioni”. Molte società, in luogo di un mero rinvio, avevano copiato la norma nello statuto, con la conseguenza che, pur avendo un capitale sociale inferiore a 120.000€ (della modifica del capitale minimo di S.p.A. ne parliamo in prosieguo), e non volendo il collegio sindacale, salvo se strettamente obbligatorio, si sono trovate a dover modificare lo statuto sociale, con costi e adempimenti burocratici assolutamente evitabili.
2. la modifica dell’art. 2327 c.c. (ex art. 20 co. 7 D.L. 91/2014, come convertito, con modificazioni, in L. 116/2014), relativo all’ammontare minimo del capitale di Società per Azioni, portato da € 120.000 ad € 50.000. Molte società hanno posto limiti statutari facendo rinvio a detto articolo, altre hanno riportato la cifra, pur volendo far riferimento al mimino previsto dalla legge. Un esempio che si trova in molti statuti sociali è la trasposizione letterale dell’art. 2477 co. 2, di cui sopra, ma specificando l’ammontare del capitale. Nel caso i cui la società volesse l’organo di controllo, ma ponendo come requisito il capitale minimo previsto per le S.p.A., si è trovata una bella sorpresa.
Lo stesso problema interpretativo si scorge ove molti, anche in contratti diversi da quello sociale, hanno, al contrario, usato come riferimento il capitale minimo per le S.p.A.. In tutti questi casi, non bisogna mai presupporre l’intangibilità delle norme, ma pensare al dato sostanziale al quale si vuol far riferimento, così riportando il rinvio alla norma, se si vuole optare per una scelta più aleatoria, ovvero riportare l’ammontare esatto, nel caso di una scelta meno aleatoria (ispirandosi alla norma, pur consapevoli che la stessa potrà cambiare).
3. la modifica del primo comma dell’art. 2477 c.c., che allo stato attuale dispone che, in tema di componenti dell’organo di controllo, qualora nulla sia previsto dallo statuto, esso debba essere costituito da un solo membro. Il testo previgente alla modifica apportata dal D.Lgs. 183/2011 parlava genericamente di collegio sindacale, lasciando trasparire la necessità di un organo collegiale. Si pensi, in primis, al costo di un organo composto da un solo membro rispetto ad un organo collegiale, e alle società, con esigenze di controllo ridotte, alle quali sarebbe bastato (e forse anche avanzato) un solo membro (sindaco o revisore) che avessero inserito nello statuto la letterale trasposizione del comma 2 dell’art. 2477 c.c., ante modifica del 2011.
La soluzione per evitare detti problemi è tanto più semplice di quanto applicato dalla prassi finora, e precisamente:
- inserire nello statuto solo le norme essenziali alla vita della società, descrivendo al meglio quanto derogato rispetto alle norme di legge (per quanto possibile), e lasciare un semplice rinvio alle norme di legge che invece non si vogliono derogare, inserendo, ad esempio, in calce allo statuto, una norma finale del seguente tenore “Art. …: Per tutto quanto qui non riportato si fa espresso riferimento alle norme di legge in vigore al momento della loro applicazione”.
- specificare, in merito alle norme di legge derogate dallo statuto, una norma/clausola interpretativa, quale ad esempio, in tema di S.R.L.: “Art. ... (organo di controllo – numero membri): In deroga a quanto disposto dall’art.2477 c.c., l’organo di controllo si compone di tre o cinque membri effettivi e numero due membri supplenti. … ”.
Si ritiene altresì possibile inserire nel verbale di modifica statutaria la delega all’organo amministrativo, all’organo di controllo o ad altri soggetti determinati, affinché apportino alle deliberazioni le modifiche eventualmente richieste al fine di sopperire alla mancanza di condizioni previste dalla legge per l’iscrizione nel registro delle imprese, come chiarito dalla massima n. 69 del Consiglio Notarile di Milano.
La massima notarile, e il resto della dottrina, non spiega però fino a che limite è possibile conferire la delega, e quali siano i limiti dell’organo amministrativo, nel caso sia stata ammessa una delega più generica, anche ai fini del controllo di legittimità notarile e dell’iscrivibilità della modifica al registro delle imprese.
Si pensi anche alle conseguenze dell’iscrizione nel registro delle imprese di statuti sociali non conformi alla normativa vigente.
Si rammenti che il Registro delle Imprese, al momento della richiesta di iscrizione di un atto nel registro, ha solo il dovere di effettuare un controllo formale e non sostanziale. Per molti, esso è anche un limite, nel senso che detto controllo non può oltrepassare le formalità richieste dalla legge.
Le modifiche statutarie devono essere necessariamente ricevute dal notaio, soggetto tenuto al controllo di legalità.
Il controllo di legalità non implica anche un controllo di merito, con conseguente impossibilità da parte del notaio di sindacare l’opportunità dell’operazione posta in essere, ma soltanto l’accertamento delle cause di nullità e, secondo la dottrina maggioritaria, anche delle cause di annullabilità.
Il notaio dovrà, nella maggior parte dei casi, ricevere obbligatoriamente l’atto, ovvero redigere il verbale dell’assemblea, ma avrà l’obbligo, ai sensi di cui all’art. 28 co. 1 n. 1 della Legge Notarile (L. 89/1913), di rifiutare l’iscrizione del verbale al registro delle imprese, pena la violazione del disposto di cui all’art. 138 bis co. 1 della Legge Notarile.
In tal caso si applicherà la procedura di cui al terzo comma dell’art. 2436 c.c., con conseguente comunicazione di detto rifiuto, motivato (oserei aggiungere), agli amministratori, i quali, nel caso decidano di non convocare nuovamente l’assemblea per gli opportuni provvedimenti, potranno rivolgersi al Tribunale, per un provvedimento che ordini l’iscrizione al registro delle imprese.
Il comma 5 dell’art. 2436 c.c. condiziona espressamente l’efficacia della deliberazione di modificazione dello statuto alla sua iscrizione al registro delle imprese.
E’ indubbio che tra l’iscrizione e la delibera siano ammesse altre delibere, connesse o dipendenti da quella, condizionate alla suddetta iscrizione, le c.d. “delibere a cascata”, come confermato dalla Massima n. 19 del Consiglio Notarile di Milano e dalla Massima H.F.2. del Comitato Triveneto dei Notai. Il Comitato Triveneto dei Notai ritiene addirittura (massima H.F.2.) possibile adottare delibere da parte di altri organi sociali in forza di poteri attribuiti dallo statuto in forza di delibera modificativa non ancora iscritta, come nei casi di cui all’art. 2410 c.c., relativo all’emissione di obbligazioni, e di cui all’art. 2443 c.c., relativo alla possibilità di delegare un aumento di capitale agli amministratori, seppur in senso contrario si esprime il Consiglio Notarile di Milano (Massima n. 19). In qualsiasi caso l’art. 2436 co. 5 c.c. sembra essere chiaro ed inderogabile. Tutte le predette delibere saranno “a cascata”, ovvero condizionate all’iscrizione al registro delle imprese della delibera dalla quale dipendono.
Resta aperto il problema di quali siano le esatte conseguenze di una modifica statutaria iscritta al registro delle imprese, seppur viziata, come nel caso di modifica operata dall’organo amministrativo, come delegato dai soci in assemblea in modo generico, soprattutto nel caso in cui lo statuto contenga norme incompatibili con la legislazione vigente ma siano gli amministratori a decidere come apportare la modifica, ovvero se richiamando la norma di legge, come modificata, oppure presumendo una diversa interpretazione dei soci in merito alla nuova normativa in vigore.
I rimedi inerenti delibere viziate sono i classici rimedi disciplinati in materia contrattuale, seppur con qualche accorgimento in virtù della specialità della disciplina societaria, e precisamente annullabilità, nullità e/o risarcimento dei danni.
L’art. 2377 c.c., in tema di annullabilità delle deliberazioni, dispone che le deliberazioni che non sono prese in conformità della legge o dello statuto possono essere impugnate dai soci assenti, dissenzienti od astenuti, dagli amministratori, dal consiglio di sorveglianza e dal collegio sindacale. L’impugnazione può essere proposta dai soci che abbiano un determinato numero di azioni, salvo diversamente stabilito dallo statuto.
I soci non sono legittimati a proporre l'impugnativa, poiché in difetto dei requisiti di cui sopra, hanno diritto al risarcimento del danno loro cagionato dalla non conformità della deliberazione alla legge o allo statuto.
L'annullamento della deliberazione non può aver luogo, se la deliberazione impugnata è sostituita con altra presa in conformità della legge e dello statuto, restando però salvi i diritti acquisiti dai terzi sulla base della deliberazione sostituita.
L’art. 2379, in tema di nullità delle deliberazioni, dispone che nei casi di mancata convocazione dell'assemblea, di mancanza del verbale e di impossibilità o illiceità dell'oggetto la deliberazione può essere impugnata da chiunque vi abbia interesse.
Resta sempre e comunque valido il diritto al risarcimento dei danni a favore dei soggetti lesi dalle suddette delibere, oltre alla possibilità di revoca degli organi societari compiacenti e del notaio, in caso di iscrizione al registro delle imprese di delibera assunta in violazione di norme imperative di legge (ovvero per violazione dell’art. 28 della Legge Notarile).
Si ritiene opportuna una, finale, digressione fiscale, sempre utile in pratica.
Le modifiche statutarie, se contenute in un unico atto (ovvero se deliberate contestualmente nella medesima assemblea e pertanto verbalizzate in un unico atto) sono soggette alla seguente tassazione:
- imposta di registro fissa pari ad euro 200,00, ex art. 4 co. 1 lett. c) della Tariffa, parte I, allegata al TUR – Testo Unico Imposta di Registro - (D.P.R. 131/1986), salvo che non rientrino in altra fattispecie, di cui al medesimo art. 4 o al successivo art. 9. L’imposta di bollo dovuta alla Camera di Commercio, pari ad euro 65,00, non è dovuta nel caso di verbale di modifica ricevuto dal notaio e registrato dal medesimo tramite M.U.I. (Modello Unico Informatico).
- imposta di bollo pari ad euro 156,00, ex art. 1, comma 1-bis n. 1 della Tariffa, parte I, allegata al Testo Unico sull’Imposto di Bollo (D.P.R. 642/1972), ovvero ad euro 225,00 se l’atto è soggetto anche a formalità immobiliari, ex art. 1, comma 1-bis n. 4 della Tariffa, parte I, allegata al Testo Unico sull’Imposto di Bollo;
- diritti di segreteria spettanti al Registro delle Imprese, pari ad euro 90,00;
- tassa di archivio nel caso di verbale ricevuto da notaio.
Se l’atto è soggetto a formalità immobiliari, come in caso di modifica della denominazione sociale di società proprietarie di beni immobili, si applicherà altresì l’imposta catastale in misura fissa, pari ad euro 200,00 (ex art. 1 comma 276 L. 244/2007, e secondo le modalità attuative esplicate nella Circolare dell’Agenzia del Territorio n. 62788 del 08/08/2012, e come derivante dall’obbligo di conformità catastale disposto ex art. 19 comma 14 del D.L. 78/2010, come convertito, con modificazioni, dalla L. 122/2010), oltre alla tassa catastale pari ad euro 55,00.
Davide Giovanni Daleffe
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Bibliografia
- dott. Gaetano Petrelli, notaio in Verbania, “allineamento catastale e registri immobiliari”, in www.gaetanopetrelli.it;
- Codice Civile commentato con la giurisprudenza, CELT - Casa Editrice La Tribuna, 35° edizione, anno 2014, a cura di P. Dubolino, C. Dubolino, F. Costa;
- Diritto Commerciale, vol. 2, Gianfranco Campobasso, Utet Giuridica, 2011;
- Massime Commissione Società, Consiglio Notarile di Milano;
- Orientamente societari, Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie (anche detto “Comitato Triveneto Notarile”);
- Le società di capitali e le cooperative, volume terzo, tomo primo, a cura di Lodovico Genghini, Lodovico Genghini e Paolo Simonetti, Wolters Kluwer CEDAM, seconda edizione, 2015.