PCT: RAC presunzione di avvenuta consegna e fidefacenza
Non serve la querela di falso per contestare il contenuto della PEC. La ricevuta di avvenuta consegna costituisce prova del recapito del messaggio ma è suscettiva di prova contraria. Cassazione Sentenza n. 15035/16

La ricevuta di avvenuta consegna costituisce prova del recapito del messaggio nella casella del destinatario ed è suscettiva di prova contraria da parte di chi intenda contestarne il contenuto, senza necessità di proporre querela di falso
La pronuncia in commento è rilevante giacché chiarisce come la presunzione di avvenuta consegna rappresentata dalla RAC sia contestabile in giudizio senza necessità di ricorrere alla querela di falso.
Nel caso di specie, un imprenditore agiva in giudizio lamentando la mancata ricezione della notifica dell’udienza prefallimentare (ex art. 15 legge fallimentare)1 e contestando la validità della ricevuta di avvenuta consegna (RAC). Il giudice distrettuale rigettava tali doglianze ritenendo inammissibile la prova contraria senza contestuale proposizione della querela di falso. Si giungeva così il Cassazione.
La Suprema Corte, nel suo percorso delibativo, illustra le ragioni per le quali la RAC non è fidefacente al pari, invece, della relata di notifica dell’Ufficiale Giudiziario o dell’attestazione apposta sull’avviso di ricevimento dall’agente postale. Innanzitutto, sono riassunte le fonti normative riguardanti la notifica telematica. In particolare, viene citato l’art. 16 c. 3 del D.M. 44/2011 – recante le regole tecniche per l’adozione del processo civile e penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione – il quale dispone che la notifica telematica richiesta dal cancelliere si perfezioni nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna (RAC) da parte del gestore di posta elettronica del destinatario; la suddetta ricebuta è produttiva degli effetti di cui agli artt. 45 e 48 del Codice dell’Amministrazione Digitale2 (CAD). La prima norma prevede che il documento informatico si intenda trasmesso dal mittente se inviato al proprio gestore e consegnato al destinatario se reso disponibile nella sua casella di posta elettronica; mentre la seconda equipara la trasmissione per via telematica alla notifica a mezzo posta (art. 48 c. 2 CAD) e chiarisce che data ed ora siano opponibili ai terzi se conformi a quanto previsto nel D.P.R. 68/2005 recante disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata. L’art. 6 c. 2 del citato D.P.R. chiarisce che il gestore di posta del destinatario fornisce al mittente la ricevuta di avvenuta consegna e al comma 3 precisa che «la ricevuta di avvenuta consegna fornisce al mittente prova che il suo messaggio di posta elettronica certificata è effettivamente pervenuto all’indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario […]».
Al lume di questo tentacolare quadro normativo, i supremi giudici ritengono che la RAC costituisca prova che il messaggio informatico sia giunto alla PEC del destinatario ma sino a prova contraria; infatti, la ricevuta di avvenuta consegna, secondo la ricostruzione dei giudicanti, non assurge a quella certezza pubblica propria degli atti facenti fede sino a prova di falso. Gli atti fidefacenti3 rappresentano un numero chiuso non suscettivo di interpretazione analogica né estensiva; essi, infatti, sono idonei ad incidere sulle libertà costituzionali e sull’autonomia privata. La normativa, anche regolamentare, che disciplina le notifiche telematiche induce ad escludere che il legislatore abbia inteso attribuire una simile forza ad attestazioni rilasciate dal mero gestore di posta elettronica.
È pur vero che il Codice dell’Amministrazione Digitale (art. 48 c.2) equipara la notifica telematica a quella a mezzo posta, nondimeno, ad avviso dei giudici, siffatta assimilazione è riferita all’efficacia giuridica della modalità di trasmissione ma non rende applicabile l’intera disciplina dettata dalla legge 20 novembre 1982 n. 890 in tema di notifiche tramite sistema postale. Infatti, il gestore di posta elettronica certificata resta pur sempre un soggetto privato, scevro del potere di attribuire pubblica fede ai propri atti. La prevalente giurisprudenza di legittimità4 ha sempre sostenuto che l’attestazione apposta sull’avviso di ricevimento da parte dell’agente postale facesse fede sino a querela di falso. Tale orientamento si fonda sul fatto che la suddetta forma di notificazione rappresenta un’attività delegata da parte dell’ufficiale giudiziario5. Nel caso oggetto di scrutino, al contrario, la notifica telematica è avvenuta senza alcun intervento dell’U.G. e si è conclusa con l’emissione automatica di una ricevuta sottoscritta digitalmente da un privato (il gestore della PEC del destinatario); dissimilmente, nel caso di trasmissione telematica effettuata dall’ufficiale giudiziario, questi è tenuto a redigere una relazione di notificazione sottoscritta digitalmente (art. 17 c. 5 D.M. 44/2011) dotata di fede privilegiata.
In conclusione, la Suprema Corte, disattendendo quanto affermato dal giudice di merito, ha statuito il seguente principio: «nelle notifiche telematiche a mezzo della posta elettronica certificata, richieste dal cancelliere dell'ufficio giudiziario ai sensi dell'art. 15 c. 3, legge fallimentare, la ricevuta di avvenuta consegna generata automaticamente dal sistema informatico del gestore di posta elettronica certificata del destinatario costituisce prova dell'avvenuta consegna del messaggio nella sua casella, pure suscettibile di prova contraria a carico della parte che intende contestarne il contenuto, senza necessità di proporre querela di falso».
Avv. Marcella Ferrari
Avvocato del Foro di Savona
1 Infatti, ai sensi dell’art. 15 legge fallimentare (R.D. 16 marzo 1942 n. 267, come modificato dal d.l. 179/2012, convertito nella legge 221/2012), il decreto di convocazione, unitamente al ricorso, deve essere notificato tramite posta elettronica certificata, all’indirizzo risultante dal registro delle imprese. Solo nel caso in cui la notifica telematica risulti impossibile è ammessa quella a mezzo ufficiale giudiziario.
2 D. lgs. 7 marzo 2005 n. 82.
3 Pubblica fede significa piena efficacia probatoria dell’atto. Ad esempio, un atto pubblico (art. 2699 c.c.) fa piena prova sino a querela di falso della provenienza del documento dal pubblico ufficiale, delle dichiarazioni delle parti e dei fatti che il P.U. attesta essere avvenuti in sua presenza. In tal senso, vedasi C. M. BIANCA, Diritto civile. Il contratto, 3, Milano, Giuffrè, 2000, 284 ss.
4 Corte Cass. 31 luglio 2015 n. 16289; Corte Cass. 4 febbraio 2014 n. 2421; Corte Cass. 23 luglio 2003 n. 11452; Corte Cass. 1 marzo 2003 n. 3065.
5 L’ufficiale giudiziario, ex art. 1 legge 890/1982, è autorizzato ad avvalersi del servizio postale per l’attività notificatoria.
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Di seguito il testo di
Corte di Cassazione, sentenza 21/07/2016 n. 15035:
Svolgimento del processo
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