Recupero del compenso dell'avvocato sempre con rito sommario
Sempre il Rito Sommario ex art 702bis c.p.c. per il recupero dei compensi professionali. La Corte Cassazione inaugura una nuova linea giurisprudenziale. Sentenza n. 4002/16

Il tema della procedura di recupero, da parte dell'avvocato, della propria parcella - o compenso - nei confronti del cliente non pagante non è materia facile o pacifica ed è oggetto di interventi non infrequenti da parte della corte di legittimità. Come è noto, oltre alla normale applicazione delle regole sul recupero credito, sono sorti - e sorgono - dubbi interpretativi sulla valenza probatoria della liquidazione effettuata dall'Ordine di appartenenza, sulla competenza territoriale, e così via.
Abbiamo talvolta fornito segnalazioni delle decisioni più rilevanti, come ad esempio in "Competenza territoriale nella procedura monitoria promossa dall'avvocato" dove si da atto della speciale procedura prevista dalla L. n. 794 del 1942, artt. 28, oppure in "Richiesta di pagamento della parcella e Negoziazione Assistita", o infine in "Sul valore probatorio della parcella liquidata dall'Ordine. Cass. 230/16".
Un nuovo recente intervento viene effettuato dalla Corte di Cassazione con Sentenza del n. 4002 del 29/02/2016 sul rito applicabile nella procedura di recupero del compenso dell'avvocato.
La Suprema Corte, innanzitutto, chiarisce che si è ritenuto con consolidata giurisprudenza che " ... la speciale procedura di liquidazione dei compensi per le prestazioni giudiziali degli avvocati in materia civile, regolata dalla L. n. 794 del 1942, artt. 28 e ss. non è applicabile quando la controversia riguardi non soltanto la semplice determinazione della misura del compenso spettante al professionista, bensì anche altri oggetti di accertamento e decisione, quali i presupposti stessi del diritto al compenso, i limiti del mandato, l'effettiva esecuzione delle prestazioni e la sussistenza di cause estintive o limitative della pretesa azionata".
Ma qualche anno fa la nuova normativa sulla cosiddetta "semplificazione dei riti", il decreto legislativo numero 150/2011 dispone l'applicazione del "rito sommario" alle procedure di recupero del credito professionale.
Nal caso di specie, l'avvocato aveva ottenuto decreto ingiuntivo il quale ultimo era stato opposto nei termini. Quale rito si applica alla opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto per il recupero di parcella?
Il ricorrente in cassazione aveva sostenuto che "il D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14 prevede che alle controversie in materia di compenso professionale, oppure per quelle regolamentate dalla L. n. 749 del 1942, artt. 28 e ss. deve applicarsi il rito sommario di cognizione previsto dall'art. 702 bis e ss. c.p.c... Di conseguenza ... il Tribunale deve disporre la prosecuzione del giudizio nelle forme del rito ordinario ex art. 702 ter c.p.c., comma 3 e non può dichiarare l'inammissibilità della procedura".
Secondo predetta opinione "il Tribunale una volta ritenuto che non era possibile adottare la procedura di cui all'art. 28, non essendo applicabile l'art. 702 ter c.p.c., comma 2 e dichiarare l'inammissibilità del procedimento, ipotesi espressamente esclusa dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 3 non poteva dichiarare l'inammissibilità della procedura, ma doveva disporre il mutamento di rito in base all'art. 4, stesso D.Lgs.".
Va menzionato che il rito sommario in questa speciale applicazione è, in sostanza, sommario per modo di dire, stante che "ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 3, comma 1, infatti, 1. Nelle controversie disciplinate dal Capo 3^, non si applicano dell'art. 702 ter c.p.c., i commi 2 e 3".
Quindi, tornando all'opposizione al decreto ingiuntivo, questa va proposta con ricorso ex art. 702-bis o può essere proposta con atto di citazione? Ed in ogni caso, va disposto il mutamento di rito e semplicemente respinta l'opposizione in quanto inammissibile? Il rito sommario è applicabile in ogni caso o solamente qualora non sia costestato l'an ma solamente l'ammontare del compenso? Avevamo visto sopra che la speciale procedura regolata dalla Legge n. 794/1942, non è applicabile quando la controversia riguardi anche il fondamento del diritto al compenso e non soltanto la semplice determinazione della misura del compenso spettante al professionista.
Tutti questi dubbi vengono superati dalla Suprema Corte che convoglia tutte le procedure nell'unico rito possibile, vale a dire quello sommario, anche nel caso non sia in discussione il quantum.
Inoltre, secondo un filone di pensiero maggiormente garantista, al quale la Suprema Corte dichiara di aderire " nel caso in cui il giudizio in tale materia venga introdotto con rito ordinario e, dunque, con atto di citazione (o con atto di citazione in opposizione avverso il decreto ingiuntivo ottenuto dall'avvocato), il Presidente del Tribunale o della Sezione tabellarmente competente dovrebbe: disporre il mutamento del rito da ordinario in sommario ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 4; nominare il Giudice relatore; fissare l'udienza di comparizione parti avanti al Collegio per la trattazione".
In conclusione la Corte di Cassazione, con Sentenza n. 4002 del 29 febbraio 2016, esprime il seguente principio di diritto:
"Le controversie previste dalla L. 13 giugno 1942, n. 794, art. 28 come modificato dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 34 ed a seguito dell'abrogazione della L. n. 794 del 1942, artt. 29 e 30, per la liquidazione delle spese, degli onorari e dei diritti nei confronti del proprio cliente da parte dell'avvocato devono essere trattate con la procedura prevista dal D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 14 anche in ipotesi che la domanda riguardi l'an della pretesa, senza possibilità per il giudice adito di trasformare il rito sommario in rito ordinario o di dichiarare l'inammissibilità della domanda".
[[ Sull'impugnazione del provvedimento conclusivo
vedi ora anche Cass. Sentenza 3993/2017 ]]
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Di seguito il testo di
Corte Cassazione civile Sentenza n. 4002 del 29/02/2016:
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