Introduzione del delitto di tortura: breve analisi delle nuove fattispecie
Una prima analisi delle fattispecie introdotte dalla Legge del 14 luglio 2017, n. 110, che ha introdotto in Italia il reato di tortura.

1. Introduzione
Pubblicata in GU n. 166 del 18 luglio 2017, la Legge del 14 luglio 2017, n. 110 recante "Introduzione del delitto di tortura nell'ordinamento italiano" non si è per nulla limitata ad introdurre di una nuova fattispecie criminosa, procedendo piuttosto all'introduzione di un concetto ben più pregnante e capace quindi di involgere l'intero ordinamento giuridico.
Invero, il testo di legge non si limita alla criminalizzazione delle condotte che configureranno il delitto di tortura attraverso l'introduzione dell'art. 613-bis cod. pen., ma introduce altresì il delitto di istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura introdotto con il nuovo art. 613-ter cod. pen. e l'inutilizzabilità istruttoria collegata al delitto di tortura attraverso l'intervento sull'art. 1914 cod. proc. pen..
Ma vi è di più. Infatti, l'intervento legislativo involge pura la disciplina dell’immigrazione e della condizione dello straniero di cui al TU sull'immigrazione, con riferimento al respingimento, all’espulsione e all’estradizione, e contempla altresì l'esclusione dall'immunità diplomatica con consseguente estradizione nei casi di tortura.
È chiaro l'intento del Legislatore di voler andare oltre la semplice introduzione di un nuovo reato e di voler anzitutto informare l'ordinamento giuridico tutto di un preciso assetto di valori.
La legge è entrata in vigore con la sua pubblicazione, dunque il 18 luglio 2017.
Di seguito, dopo una breve illustrazione dei precedenti rinvenibili del diritto internazionale, si procederà ad una analisi delle neointrodotte fattispecie criminose e all'illustrazione degli altri interventi sempre correlati al delitto di tortura.
2. Esperienze internazionali
L'iniziativa del Legislatore italiano non è altro che l'eco di quanto presente nell'ordinamento internazionale.
La Convenzione di Ginevra del 1949 relativa al trattamento dei prigionieri di guerra agli artt. 17 e 87 dispone che «nessuna tortura fisica o morale nè coercizione alcuna potrà essere esercitata sui prigionieri di guerra per ottenere da essi informazioni di qualsiasi natura. I prigionieri che rifiuteranno di rispondere non potranno essere nè minacciati, nè insultati, nè esposti ad angherie od a svantaggi di qualsiasi natura" e che "sono vietate le pene collettive per atti individuali, come pure qualsiasi pena corporale, qualsiasi incarcerazione in locali privi di luce naturale e, in via generale, qualsiasi forma di tortura e di crudeltà».
La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del 1950 (ratificata dalla L. 848/1955), il cui art. 3 rubricato "Proibizione della tortura" sancisce che «nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti», riprendendo praticamente quanto sancito dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948, il cui art. 5 recita che «nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti».
Così pure il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1966 (ratificata dalla L. 881/1977), che all'art. 7 dispone che «nessuno può essere sottoposto alla tortura né a punizioni o trattamenti crudeli, disumani o degradanti», inquadrando nella tortura anche la sottoposizione non volontaria ad un esperimento medico o scientifico.
Anche la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 2000 pone la proibizione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti quale diritto fondamentale, ricalcando all'art. 4 quanto in merito disposto dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del 1950.
Tali atti si limitano a proibire la tortura ma non ne fornisce una specifica definizione.
Definizione che è invece contenuta nella Convenzione ONU del 1984 contro la tortura ed altri trattamenti e pene crudeli, inumane e degradanti (la cd. CAT), ratificata dall'Italia con la legge n. 489/1988, secondo cui «il termone "tortura" indica qualsiasi atto mediante il quale sono intenzionalmente inflitti ad una persona dolore o sofferenze forti, fisiche o mentali, al fine segnatamente di ottenere da essa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa o una terza persona ha commesso o è sospettata aver commesso, di intimorirla o di far pressione su di lei o di intimorire o di far pressione su una terza persona, o per qualsiasi altro motivo fondato su qualsiasi forma di discriminazione, qualora tale dolore o sofferenze siano inflitte da un agente della funzione pubblica o da ogni altra persona che agisca a titolo ufficiale, o su sua istigazione, o con il suo consenso espresso o tacito. Tale termine non si estende al dolore o alle sofferenze risultanti unicamente da sanzioni legittime, inerenti a tali sanzioni o da esse cagionate».
Anche nello Statuto di Roma istitutivo della Corte penale internazionale del 1998, ratificata dall'Italia con la legge 232/1999, si rinviene una definizione di quello che è considerato un crimine contro l'umanità, intendendosi per per "tortura" «l'infliggere intenzionalmente gravi dolori o sofferenze, fisiche omentali, ad una persona di cui si abbia la custodia o il controllo; in tale termine non rientrano idolori o le sofferenze derivanti esclusivamente da sanzioni legittime, che sianoinscindibilmente connessi a tali sanzioni o dalle stesse incidentalmente occasionati».
3. La Legge del 14 luglio 2017, n. 110
L'art. 1 della Legge ha introdotto nel libro secondo, titolo XII, capo III, sezione III, del codice penale, dopo l'articolo 613 sono aggiunti i seguenti gli artt. 613-bis e 613-ter, rispettivamente rubricati "Tortura" e "Istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura".
L'art. 2, invece, modifica l'articolo 191 del codice di procedura penale, introducendo dopo il co. 2 il co. 2-bis.
L'art. 3, poi, interviene sull'articolo 19 del TU delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286), inserendo il co. 1-bis.
L'ar. 4, infine, pone l'esclusione dall'immunità diplomatica e l'stradizione nei casi di tortura.
4. L'art. 613-bis cod. pen. rubricato "Tortura"
«Chiunque con violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero che si trovi in condizioni di minorata difesa, è punito con la pena della reclusione da quattro a dieci anni se il fatto è commesso mediante più condotte ovvero se comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona.
Se i fatti di cui al primo comma sono commessi da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, la pena è della reclusione da cinque a dodici anni.
Il comma precedente non si applica nel caso di sofferenze risultanti unicamente dall'esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti.
Se dai fatti di cui al primo comma deriva una lesione personale le pene di cui ai commi precedenti sono aumentate; se ne deriva una lesione personale grave sono aumentate di un terzo e se ne deriva una lesione personale gravissima sono aumentate della metà.
Se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte quale conseguenza non voluta, la pena è della reclusione di anni trenta. Se il colpevole cagiona volontariamente la morte, la pena è dell’ergastolo».
4.1. Oggetto giuridico del reato
Si tratta di un delitto contro la persona che lede la libertà individuale nelle sue declinazioni di libertà morale e l'incolumità individuale. Dunque, i beni che si vuole porre sotto tutela con la fattispecie sono la libertà morale e l'incolumità individuale del soggetto passivo.
4.2. Soggetto attivo
Trattasi di reato individuale e comune, in quanto "chiunque" può commettere il delitto di tortura. Non tragga in inganno il riferimento all'affidamento alla custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza del soggetto attivo, posto che il riferimento ad un soggetto passivo privato della libertà personale alternativo al riferimento di un soggetto passivo affidato alla custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza del soggetto attivo fa intendere che non debba necessariamente ricorrere un rapporto di affidamento tra il soggetto attivo e il soggetto passivo.
La qualifica di pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio rivestita dal soggetto attivo rileva ai fini dell'aggravamento della risposta sanzionatoria.
4.3. Soggetto passivo
La persona privata della libertà personale o affidata alla custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza del soggetto attivo, ovvero la persona che si trovi in condizioni di minorata difesa.
4.4. Presupposti del fatto di reato
La privazione della libertà personale, sia essa dovuta alla consumazione di altro reato oppure all'esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti, l'affidamento alla custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza del soggetto attivo e la condizioni di minorata difesa.
4.5. Elemento oggettivo
Il reato, che richiede una condotta attiva, e annoverabile tra quelli di evento, posto che la consumazione postula il cagionare acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico alla persona offesa. Se tale classificazione potrebbe apparire forzata se si guardasse solo all'uso della violenza (nonostante si potrebbe assistere a vicende in cui la violenza non cogiona acute sofferenze fisiche), basti porre l'attenzione alla possibilità di poter addivennire alla tortura anche solo con minacce gravi che potrebbero non cagionare quel necessario verificabile trauma psichico richiesto alternativamente rispetto le sofferenze fisiche.
Di tal ché è contemplabile il tentativo, nella misura in cui l'agente usi violenze o minacce gravi ovvero agisca con crudeltà integrando i requisiti di cui all'art. 56 cod. pen. senza tuttavia cagionare alla persona offesa sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico.
Per quanto detto, nessun dubbio sul fatto che si tratti di reato a forma vincolata, posto che il Legislatore ha individuato nelle violenze, nelle minacce gravi e nell'agire con crudeltà le uniche condotte in grado di cagionare l'evento dannoso.
4.6. Elemento soggettivo
Il delitto contempla ai fini della sua consumazione il dolo generico, quindi la coscienza e volontà di cagionare acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico alla persona offesa. Invero, è necessario che la coscienza e volantà investa solo la condotta e l'evento, senza che debba importare un fine particolare ulteriore all'infuori dell'evento tipizzato.
4.7. Distinzione da reati affini
Vale a distinguere la nuova fattispecie da altre all'apparenza simili la necessaria ricorrenza della pluralità di condotte oppure la sottoposizione della persona offesa ad un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona.
In assenza di ciò, ben potevano le condotte positivizzate al comma 1 configurare il delitto di lesioni, nella misura in cui ben possono le acute sofferenze fisiche e il verificabile trauma psichico integrare la malattia del corpo o della mente richieste per la ricorrenza del delitto di cui all'art. 582 cod. pen..
4.8. Circostanze aggravanti
Il delitto di tortura, punito con la pena della reclusione da quattro a dieci anni, contempla ben sei aggravanti speciali, rispettivamente ai commi 2, 4 e 5.
La prima è un'aggravante soggettiva e ad effetto speciale che riguarda la qualità dell'agente. Invero, se i fatti sono commessi da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, la pena è della reclusione da cinque a dodici anni, a meno che si tratti di sofferenze risultanti unicamente dall'esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti.
Poi, se deriva una lesione personale la pena base ovvero la pena da applicare nel caso dell'aggravante soggettiva sono aumentate, se ne deriva una lesione personale grave sono aumentate di un terzo e se ne deriva una lesione personale gravissima sono aumentate della metà.
Se, infine, dai fatti di cui al primo comma deriva la morte quale conseguenza non voluta la pena è della reclusione di anni trenta, mentre se la morte è cagionata volontariamente la pena è dell’ergastolo.
5. L'art. 613-ter cod. pen. Rubricato "Istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura"
«Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio il quale, nell'esercizio delle funzioni o del servizio, istiga in modo concretamente idoneo altro pubblico ufficiale o altro incaricato di un pubblico servizio a commettere il delitto di tortura, se l'istigazione non è accolta ovvero se l'istigazione è accolta ma il delitto non è commesso, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni».
5.1. Oggetto giuridico del reato
Anche in questo caso i beni che si vuole porre sotto tutela sono la libertà morale e l'incolumità personale del soggetto passivo.
5.2. Soggetto attivo
Si tratta di un reato proprio, in quanto può essere commesso solo da chi ricopra la qualifica di pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio.
5.3. Soggetto passivo
Il rinvio al delitto di tortura fa sì che quanto detto in merito al soggetto passivo del delitto di tortura valga pure per il delitto di istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura.
5.4. Elemento oggettivo
Il reato, che richiede una condotta attiva, e annoverabile tra quelli di mera condotta, posto che la consumazione postula la semplice istigazione concretamente idonea di un altro pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio affinché questi commetta il delitto di tortura.
Trattasi di reato di pericolo, in quanto l'istigazione è criminalizzata se non è accolta ovvero è accolta ma il delitto non è commesso. Inolotre, pare si tratti di un reato di pericolo concreto, in quanto il Legislatore rimanda in sede giurisdizionale la valutazione del pericolo, posto che la valutazione dell'idoneità concreta dell'istigazione dovrà necessariamente essere oggetto di indagine di volta in volta.
Non dovrebbe ritenersi contemplabile il tentativo.
Si tratta di reato a forma libera, posto che il Legislatore non ha individuato le modalità con cui l'agente addiviene all'istigazione.
5.5. Elemento soggettivo
Dolo generico, bastando la coscienza e volontà di istigare alla commissione del delitto di tortura, involgendo la coscienza e la volontà solo la condotta.
6. Il nuovo comma 2-bis dell'art. 191 cod. proc. pen..
Come anticipato, l'introduzione del delitto di tortura ha inciso anche sull'art. 191 cod. proc. pen. , dunque sull'utilizzabilità degli elementi di prova.
Il citato articolo pone l'inutilizzabilità delle prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge. Orbene, il Legislatore ha introdotto un'esplicita inutilizzabilità di quanto raccolto mediante tortura, sancendo che
«Le dichiarazioni o le informazioni ottenute mediante il delitto di tortura non sono comunque utilizzabili, salvo che contro le persone accusate di tale delitto e al solo fine di provarne la responsabilità penale».
È evidente che trattasi di un'inutilizzabilità relativa, stante la piena utilizzabilità degli elementi racolti contro le persone accusate di aver commesso il delitto di tortura e, precisa la disposizione, al solo fine di provarne la responsabilità penale.
7. Immigrazione, immunità diplomatica ed estradizione
È stato introdotto il divieto di respingimento, di espulsione o di estradizione della persona ricorrendo fondati motivi di ritenere che la stessa rischi di essere sottoposta a tortura
Così il nuovo comma 1-bis dell'art. 19 del TU delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero di cui al D. Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, per cui
«Non sono ammessi il respingimento o l’espulsione o l’estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura. Nella valutazione di tali motivi si tiene conto anche dell’esistenza, in tale Stato, di violazioni sistematiche e gravi di diritti umani».
Infine, l'art. 4 della Legge introduttiva del delitto di tortura ha introdotto l'esclusione dall'immunità diplomatica agli stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura in altro Stato o da un tribunale internazionale e parallelamente l'estradizione nei casi di tortura.
Nel dettaglio, così dispone l'art. 4:
«Non può essere riconosciuta l’immunità diplomatica agli stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura in altro Stato o da un tribunale internazionale.
Nel rispetto del diritto interno e dei trattati internazionali, nei casi di cui al comma 1, lo straniero è estradato verso lo Stato richiedente nel quale è in corso il procedimento penale o è stata pronunciata sentenza di condanna per il reato di tortura o, nel caso di procedimento davanti ad un tribunale internazionale, verso il tribunale stesso o lo Stato individuato ai sensi dello statuto del medesimo tribunale».
7. Il problema della prescrizione
Il Senato ha soppresso la disposizione del testo trasmesso dalla Camera che inseriva anche il delitto di tortura fra i reati per i quali erano raddoppiati i termini di prescrizione.
Però tale scelta non è scevra di critiche, posto che si pone in netto contrasto con il principio elaborato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nella sentenza del 07/04/2015, n. 6884. Secondo la IV Sezione della Corte di Strasburgo, infatti, gli Stati, a fronte della violazione dell'art. 3 Cedu, devono garantire alle persone offese un'indagine ufficiale effettiva che porti non soltanto ad una riparazione pecuniaria delle vittime ma anche all'effettiva punizione dei responsabili con una pena effettiva e proporzionata alla gravità del fatto commesso. Per la Corte deve essere assicurato un quadro legislativo idoneo a garantire tale risultato ed è considerato quadro legislativo idoneo quello che sottrae gli atti di tortura alla prescrizione e ad istituti premiali e impone ai responsabili l'irrogazione di adeguate misure disciplinari.
Dunque in quel di Strasburgo l'effettività della reazione sanzionatoria si fonda, tra le altre, anche sulla sottrazione del delitto di tortura alla prescrizione. Cosa che rende incomprensibile la scelta del Senato.
Dott. Andrea Diamante