Revocabili i lavori di pubblica utilità improseguibili per condotta colposa
Revoca della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità per comportamenti colpevoli che rendono praticamente impossibile la prosecuzione della prestazione. Cassazione Sentenza n. n. 48927/2017

1. La massima
«La revoca della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità di cui all’articolo 186 C.d.S., comma 9 bis, può essere disposta, non solo in caso di violazione degli obblighi connessi in senso stretto allo svolgimento del lavoro, ma anche per quei comportamenti colpevoli dell’agente, che, pur essendo formalmente estranei alla prestazione di pubblica utilità, si ripercuotono su di essa determinando la pratica impossibilità di prosecuzione della prestazione concordata con l’ente pubblico».
2. Il fatto e la quaestio iuris
La Polizia Locale accertava che l’imputato aveva interrotto lo svolgimento del lavoro di pubblica utilità – sostitutivo della pena per la contravvenzione di cui all’art. 186, co. 2, lett. c), C.d.S., guida in stato di ebbrezza con valore alcolemico superiore a 1,5 g/l – perché coinvolto in un sinistro stradale da cui derivavano taluni problemi di salute. A seguito del sinistro all’imputato veniva revocata la patente.
Il giudice dell’esecuzione1 revocava la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità applicata con la sentenza di condanna e ripristinava la pena sostituita tenendo conto del lavoro prestato fino alla sua interruzione.
Il giudice riteneva che l’evento che aveva reso impossibile la prosecuzione della pena sostitutiva non fosse riconducibile al caso fortuito o alla forza maggiore, come invece sostenuto dalla difesa, bensì al comportamento colposo dell’imputato comprovato dalla revoca della patente.
Il difensore ricorreva per Cassazione ritenendo che il lavoro di pubblica utilità potesse proseguire con mansioni più leggere, tenuto conto dei problemi di salute dell’interessato derivanti dall’incidente, che l’interruzione era riconducibile a forza maggiore. In particolare, la difesa riteneva il caso di specie non equiparabile a quello di un soggetto che interrompe l’esecuzione della pena sostitutiva per l’arresto subito per la commissione di un reato, posto che l’imputato era incorso in un incidente stradale e le lesioni personali subite non costituivano una conseguenza prevedibile o prevista della guida dell’autovettura2.
3. Il decisum
La Suprema Corte ribadisce l’orientamento affermatosi nella giurisprudenza di legittimità3 secondo cui la revoca della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità di cui all’articolo 186, co. 9 bis, C.d.S. può essere disposta in caso di violazione degli obblighi connessi in senso stretto allo svolgimento del lavoro, ovvero per comportamenti colposi che inficiano la prosecuzione degli stessi, vale a dire «per quei comportamenti colpevoli dell’agente, che, pur essendo formalmente estranei alla prestazione di pubblica utilità, si ripercuotono su di essa determinando la pratica impossibilità di prosecuzione della prestazione concordata con l’ente pubblico».
La I Sezione, quindi, ha posto in non calle l’asserito caso fortuito a fronte di una dichiarazione di responsabilità sostanziatosi nella revoca della patente di guida e di una non provata condotta di guida scevra da colpa o dolo.
Senza poi contare che l’argomento sulla permanente possibilità per l’imputato di prestare il lavoro di pubblica utilità con mansioni più leggere non può essere oggetto di scrutinio in sede di legittimità, rendendo il motivo inammissibile in parte qua.
Dott. Andrea Diamante
Cultore della materia in diritto processuale penale
Presso l’Università degli Studi di Enna “Kore”
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1 Tribunale di Udine, ordinanza del 10/10/2016.
2 In un secondo motivo il ricorrente deduce erronea applicazione della legge penale con riferimento al calcolo operato dal giudice nel computa della pena detentiva da applicarsi a seguito della revoca del lavoro di pubblica utilità. Motivo, questo, ritenuto fondato e che è valso l’annullamento dell’ordinanza con rinvio al Tribunale.
3 Sez. I, 29 maggio – 5 agosto 2015, n. 34234.
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Di seguito il testo di
Corte di Cassazione penale, Sentenza n. 48927 del 25 ottobre 2017:
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