Ancora una summa sul danno non patrimoniale. La posizione del danno parentale
Lo "stato dell'arte" del danno non patrimoniale ed il danno parentale riassunto in una ordinanza della Corte di Cassazione civile. Ordinanza n. 9196 del 13/04/2018

1. Premessa
La Suprema Corte torna sul danno non patrimoniale, confermando ancora una volta i principi di unitarietà e complessività della liquidazione e gli orientamenti nomofilattici sul rapporto tra le diverse voci di danno. A tal proposito, la sentenza si segnala in particolare per aver riorganizzato il diritto vivente venutosi a formare sul danno non patrimoniale attraverso una schematica esposizione in punti dello "stato dell'arte".
Non sfugge poi l'approfondimento offerto sulla liquidazione del danno parentale e il rapporto dello stesso con il danno biologico e il danno morale quando nella liquidazione di quest'ultimo è contemplato l'aspetto dinamico-relazionale.
2. Liquidazione unitaria e complessiva
Fermo il principio dell'unitarietà della liquidazione del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. con conseguente esclusione di un separato ed autonomo risarcimento di specifiche fattispecie di sofferenza patite dalla persona, nel liquidare l'ammontare dovuto si deve tener conto di tutte le peculiari modalità di atteggiarsi del danno nel singolo caso concreto1. Ciò in ossequio al principio dell'integralità del ristoro, che postula financo la necessità di considerare tutti gli aspetti o voci in cui la categoria del danno non patrimoniale si scandisce nel singolo caso concreto, senza alcuna differenza tra liquidazione dell'ammontare dovuto mediante la somma dei vari "addendi" e l'imputazione di somme parziali o percentuali del complessivo ammontare a ciascuno di tali aspetti o voci2.
Per stabilire se nella liquidazione si sia effettivamente verificata una duplicazione ovvero una sottostima, rileva unicamente il concreto pregiudizio preso in esame e non anche il "nome" assegnato dal giudicante al pregiudizio lamentato ("biologico", "morale", "esistenziale"). Di talché si concretizza una duplicazione del risarcimento solo quando il medesimo pregiudizio sia liquidato due volte, ancorché con l'uso di nomi diversi3.
2.1. I principi elaborati dalla giurisprudenza: una summa
La Suprema Corte ha esposto in punti i principi affermati e ribaditi anche recentemente dalla giurisprudenza di legittimità4 che ha tenuto conto delle recenti innovazioni normative (artt. 138 e 139 Codice delle Assicurazioni) e della sentenza n. 235 della Corte costituzionale.
I. Sul piano del diritto positivo, l'ordinamento riconosce e disciplina solo le fattispecie del danno patrimoniale nelle due forme del danno emergente e del lucro cessante ex art. 1223 c.c. e del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c.; art. 185 c.p..
II. La natura unitaria ed onnicomprensiva del danno non patrimoniale, secondo l'insegnamento della Corte costituzionale5 e delle Sezioni Unite6 deve essere interpretata sul piano delle categorie giuridiche (anche se non sotto quello fenomenologico) nel modo seguente:
- unitarietà rispetto a qualsiasi lesione di un interesse o valore costituzionalmente protetto e non suscettibile di valutazione economica;
- onnicomprensività intesa come obbligo di tener conto di tutte le conseguenze modificative in peuis della precedente situazione del danneggiato derivanti dall'evento di danno, con il concorrente limite di evitare duplicazioni attribuendo nomi diversi a pregiudizi identici, procedendo a seguito di articolata ed esaustiva istruttoria ad un accertamento del danno concreto e non astratto, dando ingresso a tutti i necessari mezzi di prova, ivi compresi il fatto notorio, le massime di esperienza e le presunzioni.
III. Nel procedere all'accertamento ed alla quantificazione del danno risarcibile, il giudice di merito deve congiuntamente ma distintamente valutare la reale fenomenologia della lesione non patrimoniale, tanto l'aspetto interiore del danno sofferto (cd. danno morale, sub specie del dolore, della vergogna, della disistima di sè, della paura, della disperazione) quanto quello dinamico-relazione (destinato ad incidere in senso peggiorativo su tutte le relazioni di vita esterne del soggetto) 7.
IV. Nella valutazione del danno alla salute, il giudice dovrà valutare tanto le conseguenze subite dal danneggiato nella sua sfera morale (che si collocano nella dimensione del rapporto del soggetto con se stesso), quanto quelle incidenti sul piano dinamico-relazionale della sua vita (che si dipanano nell'ambito della relazione del soggetto con la realtà esterna che costituisce "altro da se").
V. In presenza di un danno permanente alla salute, la misura standard del risarcimento prevista dalla legge o dal criterio equitativo uniforme adottato dal giudice di merito (oggi secondo il sistema c.d. del punto variabile) può essere aumentata nella sua componente dinamico-relazionale solo in presenza di conseguenze dannose del tutto anomale o eccezionali ed affatto peculiari, mentre le conseguenze dannose da ritenersi normali e indefettibili secondo l'id quod plemmque accidit (ovvero quelle che qualunque persona con la medesima invalidità non potrebbe non subire) non giustificano alcuna personalizzazione in aumento del risarcimento.
VI. Costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione del danno biologico (inteso, secondo la definizione legislativa, come danno che esplica incidenza sulla vita quotidiana del soggetto e sulle sue attività dinamico relazionali) e del danno cd. esistenziale, appartenendo tali "categorie" o "voci" di danno alla stessa area protetta dalla norma costituzionale (l'art. 32 Cost.), mentre una differente ed autonoma valutazione andrà compiuta con riferimento alla sofferenza interiore patita dal soggetto in conseguenza della lesione del suo diritto alla salute (come normativamente confermato dalla nuova formulazione dell'art. 138 del C.d.A., lett. e).
VII. In assenza di lesione della salute, ogni vulnus arrecato ad un altro valore/interesse costituzionalmente tutelato andrà valutato e accertato all'esito di compiuta istruttoria e in assenza di qualsiasi automatismo il duplice aspetto della sofferenza morale e della modificazione delle attività dinamico-relazioni precedentemente esplicate dal soggetto danneggiato, rendendosi possibile l'ipotesi dell'accertamento della sola sofferenza morale o della sola modificazione in peius degli aspetti dinamico-relazionali della vita8.
VIII. La liquidazione unitaria del danno non patrimoniale tiene conto del pregiudizio complessivamente subito tanto sotto l'aspetto della sofferenza interiore (cui potrebbe assimilarsi al danno emergente in guisa di vulnus "interno" arrecato al patrimonio del creditore), quanto sotto quello dell'alterazione peggiorativa della vita di relazione in ogni sua forma e considerata in ogni suo aspetto, senza ulteriori frammentazioni nominalistiche (danno idealmente assimilabile al lucro cessante quale proiezione "esterna" del patrimonio del soggetto).
3. Il danno parentale nell'unitarietà del danno non patrimoniale
La Suprema Corte ha nuovamente affermato che deve escludersi che le Sezioni Unite del 2008 abbiano negato la configurabilità e la rilevanza a fini risarcitori del c.d. danno parentale9.
Nei casi di perdita di un congiunto, il pregiudizio di tipo esistenziale consegue alla lesione dei diritti inviolabili della famiglia ricavabili dagli artt. 2, 29 e 30 Cost. e il danno da perdita del rapporto parentale viene definito appunto come «quel danno che va al di là del crudo dolore che la morte in sè di una persona cara, tanto più se preceduta da agonia, provoca nei prossimi congiunti che le sopravvivono, concretandosi esso nel vuoto costituito dal non potere più godere della presenza e del rapporto con chi è venuto meno e perciò nell'irrimediabile distruzione di un sistema di vita basato sull'affettività, sulla condivisione, sulla rassicurante quotidianità dei rapporti tra moglie e marito, tra madre e figlio, tra fratello e fratello, nel non poter più fare ciò che per anni si è fatto, nonchè nell'alterazione che una scomparsa del genere inevitabilmente produce anche nelle relazioni tra i superstiti»10.
3.1. Danno parentale e danno biologico
Gli aspetti o voci di danno non patrimoniale non rientranti nell'ambito del danno biologico (perché non conseguenti a lesione psico-fisica) sono definiti come danno parentale in quanto attengono alla sfera relazionale della persona.
Tale danno è autonomamente e specificamente configurabile allorquando la sofferenza e il dolore non restano circoscritti nell'intimo ed evolvono non in "degenerazioni patologiche" (afferenti in quanto tali al danno biologico) ma bensì in pregiudizi concernenti gli aspetti relazionali della vita o lo sconvolgimento della vita familiare.
3.2. Danno morale e danno dinamico-relazionale
È poi necessario verificare quali aspetti relazionali siano stati valutati dal giudice e se sia stato in particolare già assegnato rilievo anche al cambiamento di vita, all'alterazione della personalità del soggetto, allo sconvolgimento dell'esistenza.
In presenza di una liquidazione del danno morale cui si affianchi quella dell'autonoma voce di danno che contempla l'incidenza sugli aspetti dinamico-relazionali del danneggiato, va esclusa la possibilità che venga attribuito un ulteriore ammontare a titolo di danno esistenziale11. Laddove siffatti aspetti relazionali non siano invece stati presi in considerazione, dal relativo ristoro non può prescindersi12.
Dott. Andrea Diamante
Cultore della materia in diritto processuale penale
presso l’Università degli Studi di Enna “Kore”
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1 Cass., 23/9/2013, n. 21716.
2 Cass., 23/01/2014, n. 1361.
3 Cass. 30/06/2011, n. 14402; Cass. 06/04/2011, n. 7844.
4 Cass. 901/2018
5 Corte cost. 233/2003.
6 Ss.Uu. 26972/2008.
7 Alla luce dell'insegnamento della Corte costituzionale (sentenza 235/2014) e dell'intervento del legislatore sugli artt. 138 e 139 C.d.A. (come modificati dalla L. 4 agosto 2017, n. 124, art. 1, comma 17, la cui nuova rubrica "danno non patrimoniale" ha sostituito la precedente rubrica "danno biologico") il cui contenuto consente di distinguere definitivamente il danno dinamico-relazionale causato dalle lesioni da quello morale
8 Cass. ss.uu. 6572/2006.
9 Cass. 21059/2016; Cass. 901/2018.
10 Sez. 3, 10/03-09/05/2011, n. 10107.
11 Cass. 15/04/2010, n. 9040; Cass. 16/9/2008, n. 23275.
12 Cass., 20/4/2016, n. 7766.
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Di seguito il testo di
Corte di Cassazione civile Ordinanza n. 9196 del 13/04/2018
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