Disconoscimento di conformità di copia fotostatica e disconoscimento della scrittura privata

Il disconoscimento della conformità di una copia fotostatica di una scrittura ex art. 2719 c.c. non equivale a disconoscimento della scrittura privata ai sensi dell’art. 215 c.p.c.

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Disconoscimento di conformità di copia fotostatica e disconoscimento della scrittura privata

Cosa succede se nel corso di causa la parte deposita una fotocopia o una fotografia di un documento, se produce un fax contenente una dichiarazione di controparte?

E se la copia è autenticata, quale pubblico ufficiale può considerarsi autorizzato alla certificazione di autenticità?

Le norme fanno distinzione fra riproduzione meccanica di fatti e cose rispetto alla riproduzione di scritture, intendendosi contenente una manifestazione di volontà e l’attribuibilità ad un soggetto determinato.

L’art. 2712 del codice civile, titolato Riproduzioni meccaniche, riguardante la riproduzione di “fatti e cose” recita:

Le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime

mentre l’art. 2719 c.c., titolato Copie fotografiche di scritture, recita:

1. Le copie fotografiche di scritture hanno la stessa efficacia delle autentiche, se la loro conformità con l'originale è attestata da pubblico ufficiale competente ovvero non è espressamente disconosciuta

Il confronto delle due norme sottolinea un diverso atteggiamento nei confronti della prova dei fatti rispetto alla prova della manifestazione di volontà e sua attribuzione al dichiarante.

Quanto alle conseguenze del disconoscimento di scrittura privata, c’è chi si è spinto oltre evidenziando una differenza anche di tipo processuale fra il disconoscimento della scrittura in copia, ex art. 2719 c.c. e il disconoscimento della scrittura previsto dall’art. 215 c.p.c., che così recita:

215. Riconoscimento tacito della scrittura privata.
1. La scrittura privata prodotta in giudizio si ha per riconosciuta:
1) se la parte, alla quale la scrittura è attribuita o contro la quale è prodotta, è contumace, salva la disposizione dell'articolo 293 terzo comma;
2) se la parte comparsa non la disconosce o non dichiara di non conoscerla nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione.
2. Quando nei casi ammessi dalla legge la scrittura è prodotta in copia autentica, il giudice istruttore può concedere un termine per deliberare alla parte che ne fa istanza nei modi di cui al n. 2.

Il corollario del disconoscimento ex art. 215 c.p.c. è la necessità dell’istanza di verificazione di cui al successivo articolo 216 c.p.c.:

216. Istanza di verificazione
1. La parte che intende valersi della scrittura disconosciuta deve chiederne la verificazione, proponendo i mezzi di prova che ritiene utili e producendo o indicando le scritture che possono servire di comparazione.
2. L'istanza per la verificazione può anche proporsi in via principale con citazione, quando la parte dimostra di avervi interesse; ma se il convenuto riconosce la scrittura, le spese sono poste a carico dell'attore.

 

Si diceva che questa ulteriore distinzione nel disconoscimento della scrittura privata porta a conseguenze diverse, come spiegato in Cass 9439/2010: "Il disconoscimento della conformità di una copia fotografica o fotostatica all'originale di una scrittura, ai sensi dell'art. 2719 c.c., non ha gli stessi effetti del disconoscimento della scrittura privata previsto dall'art. 215 c.p.c., comma 1, n. 2), , giacché mentre quest'ultimo, in mancanza di richiesta di verificazione, preclude l'utilizzabilità della scrittura, la contestazione di cui all'art. 2719 c.c. non impedisce al giudice di accertare la conformità all'originale anche mediante altri mezzi di prova, comprese le presunzioni. Ne consegue che l'avvenuta produzione in giudizio della copia fotostatica di un documento, se impegna la parte contro la quale il documento è prodotto a prendere posizione sulla conformità della copia all'originale, tuttavia, non vincola il giudice all'avvenuto disconoscimento della riproduzione, potendo egli apprezzarne l'efficacia rappresentativa", Cass. sez. 3, sent. 21.4.2010, n. 9439.

Di tratta, quindi, di distinguere il disconoscimento della conformità della copia rispetto all’originale dall’altro caso del disconoscimento del contenuto della dichiarazione e/o sottoscrizione dello stesso (e quindi della paternità).

Nel caso in cui la parte si limiti a disconoscere la conformità della copia fotostatica all’originale, ciò lascerà spazio al giudicante al fine di accertarne la conformità con altri mezzi di prova, comprese le presunzioni.

Ci si chiede, allora, se nel caso in cui sia prodotta in giudizio una dichiarazione (manifestazione di volontà) unicamente in copia fotostatica, la parte interessata possa disconoscere non solamente la conformità della copia all’originale ma anche il suo contenuto e la sottoscrizione.

A tale quesito risponde la S.C. con sentenza 16988/2015: “prodotto in giudizio un documento in copia fotografica o fotostatica, qualora la parte contro cui è avvenuta la produzione disconosca espressamente ed in modo formale sia la conformità della copia all'originale, sia il contenuto e la autenticità della sottoscrizione, il giudice, mentre non resta vincolato alla contestazione della conformità all'originale, potendo ricorrere ad altri elementi di prova, anche presuntivi, per accertare la rispondenza della copia all'originale ai fini della idoneità come mezzo di prova ex art. 2709 c.c., nel caso di disconoscimento del contenuto o della sottoscrizione è vincolato, anche solo a tale fine, all'esito della procedura prevista dagli artt. 216 c.p.c. e ss., della cui instaurazione è onerato colui che intenda far valere in giudizio il documento”, Cass. sez. 3, sent. 20.8.2015, n. 169881.

Disconoscere la sottoscrizione su copia fotostatica, tuttavia, espone ad una ulteriore non chiara presa di posizione della giurisprudenza circa la esperibilità di una consulenza grafologica. Ne avevamo riferito in questa rivista in vari interventi2. In definitiva, ancora una volta, siamo in un campo dove la giurisprudenza crea incertezza all’operatore del diritto visto che Cass 7775/2014 non esigeva affatto il disconoscimento della sottoscrizione di fronte alla produzione della fotocopia, dovendosi la parte limitare alla contestazione della conformità all’originale e solamente in caso in cui fosse finalmente comparso in giudizio l'originale la parte avrebber avuto l'onere di disconoscerne il contenuto.

 

Altra interessante questione riguarda il potere di certificare l’autenticità della copia, in particolare si richiama Sentenza n. 8289/2018 che affronta il caso della cartella esattoriale prodotta in copia dell’agente di riscossione la cui autenticità era stata certificata dallo stesso pubblico ufficiale che aveva emesso il documento.

Anche questo arresto ci ricorda che “l'avvenuta produzione in giudizio della copia fotostatica di un documento, se impegna la parte contro la quale il documento è prodotto a prendere posizione sulla conformità della copia all'originale, peraltro non vincola il giudice all'avvenuto disconoscimento della riproduzione, potendo egli apprezzarne l'efficacia rappresentativa”.

Il D.P.R. n. 445/2000, all’art. 18, attribuisce il potere dell’esattore di certificare la conformità dei propri documenti. Nel caso che interessava la pronuncia della S.C., tuttavia, erano state certificate anche le operazione riguardanti la notifiche a mezzo posta, quindi eseguite dall’ufficio postale.

La certificazione dell’avvenuta notifica da parte dell’agente di riscossione non poteva essere eseguita riguardante atti pertinenti a competenze altrui.

 

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1- Argomenti richiamati in Corte di Cassazione civ. 6975/2018.

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