Obbligo di fermarsi e prestare assistenza a seguito di incidente: applicabile la tenuità del fatto
L'applicabilità della tenuità del fatto nel reato di omissione di soccorso. Necessaria la valutazione dei singoli elementi del comportamento ai fini della qualificazione complessiva della gravità

1. La massima
L'art. 131-bis c.p. non si interessa della condotta tipica, bensì ha riguardo alle forme di estrinsecazione del comportamento al fine di valutarne complessivamente la gravità, l'entità del contrasto rispetto alla legge e conseguentemente il bisogno di pena, trovando applicazione financo all'obbligo di fermarsi e prestare assistenza ex art. 189 C.d.S., rilevando all'uopo la natura delle minime lesioni riportate dalla persona offesa, la dinamica concreta dell'incidente e la mancata costituzione di parte civile.
2. Il fatto e la quaestio iuris
L'imputato alla guida della sua automobile urtava contro un motociclo a bordo del quale era trasportata la persona offesa che a seguito dello scontro riportava lesioni giudicate guaribili in 10 giorni. L'imputato si era allontanato omettendo di prestare soccorso, quindi immediatamente inseguito dal maresciallo dei Carabinieri che lo costringeva ad arrestare la marcia. L'imputato dunque veniva condannato per i reati di cui all'art. 189, commi 1, 6 e 7, D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Codice della Strada) per non aver ottemperato all'obbligo di fermarsi e di prestare assistenza alla persona ferita a seguito dell'incidente stradale.
La Corte di appello1 integrava la motivazione rimarcando che l'imputato si era fermato solo perché raggiunto da un carabiniere che lo aveva inseguito con la volante azionando i lampeggiatori dell'auto di servizio. Per ciò, la Corte riteneva inverosimile che l'imputato avesse proseguito la marcia perché in cerca di un luogo dove fermarsi a causa dell'intenso traffico, circostanza in ogni caso confutata dalle dichiarazioni del carabiniere e dalle fotografie in atti, e certo che l'eventualità che vi fossero persone ferite fosse desumibile dall'urlo lanciato dalla persona trasportata sullo scooter al momento dell'urto. A sostegno del diniego di sussunzione del fatto nell'ipotesi disciplinata dall'art.131-bis c.p., i giudici di appello hanno fatto riferimento all'agire dell'imputato nel contesto del sinistro come indicativo di intensità del dolo.
Ricorreva l'imputato a mezzo di difensore, lamentando, tra le altre2, la violazione ed erronea applicazione dell'art. 131 bis c.p. per non avere la Corte considerato gli elementi indicati dalla difesa per ritenere il fatto di particolare tenuità. In particolare, l'imputato sosteneva di essersi fermato spontaneamente pochi metri dopo il luogo dell'urto, che non si era reso conto che vi fossero persone bisognose di assistenza e, del resto, la prognosi di dieci giorni valutata per la persona offesa terza trasportata dimostrava che non vi fosse necessità di soccorso, senza contare che l'urlo della trasportata non era univocamente significativo del dolore.
Il decisum
La IV Sezione, nel ritenere fondato il motivo relativo alla negata applicazione della speciale causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p., ha richiamato quanto chiarito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 13681 del 25 febbraio 2016 circa gli elementi che il giudice di merito deve porre ad attenzione nel valutare la sussumibilità del fatto nell'ipotesi normativa.
In particolare, Le Sezioni Unite hanno sostenuto che «la nuova normativa non si interessa della condotta tipica, bensì ha riguardo alle forme di estrinsecazione del comportamento, al fine di valutarne complessivamente la gravità, l'entità del contrasto rispetto alla legge e conseguentemente il bisogno di pena. Insomma, si è qui entro la distinzione tra fatto legale, tipico, e fatto storico, situazione reale ed irripetibile costituita da tutti gli elementi di fatto concretamente realizzati dall'agente».
Secondo la Suprema Corte, la sentenza impugnata non ha tenuto conto dei concreti elementi riferibili alla realtà processuale ed alle emergenze istruttorie. In particolare, non è stato attribuito il dovuto rilievo:
a) alla natura delle minime lesioni riportate dalla persona trasportata sullo scooter;
b) alla dinamica concreta dell'incidente (segnatamente, alla circostanza che lo scooter si fosse semplicemente inclinato a seguito dell'urto);
c) alla mancata costituzione di parte civile.
Elementi simili, secondo il Giudice di legittimità, inducono a ritenere che il fatto sia sussumibile senza necessità di ulteriori accertamenti nella previsione di cui all'art. 131-bis c.p..
Dott. Andrea Diamante
Cultore della materia in diritto processuale penale
presso l’Università degli Studi di Enna “Kore”
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1 Corte di appello di Bologna, sentenza del 17/01/2017, in parziale riforma della pronuncia di condanna emessa dal Tribunale di Ferrara.
2 La Suprema Corte ha ritenuto esente di censura la valutazione effettuata in entrambi i gradi di merito con riferimento alle dinamiche e agli elementi del reato contestato. Tant'è che il primo motivo del ricorso, appunto fondato sull'asserito travisamento della prova, sulla negata rinnovazione dell'istruttoria in appello e sull'assenza dell'elemento soggettivo, è stato ritenuto infondato.
Con riferimento al travisamento della prova, la IV Sezione ha ribadito che il vizio in parola, «nel caso in cui i giudici delle due fasi di merito siano pervenuti a decisione conforme, può essere dedotto solo nel caso in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice (Sez. 4, n. 5615 del 13/11/2013, dep.2014, Nicoli, Rv. 25843201) ovvero qualora entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forme di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili (ossia in assenza di alcun discrezionale apprezzamento di merito), il riscontro della persistente infedeltà delle motivazioni dettate in entrambe le decisioni di merito (Sez. 4, n. 44765 del 22/10/2013, Buonfine, Rv. 25683701)».
Con riguardo alla rinnovazione dell'istruttoria in appello, «la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha in più occasioni evidenziato la natura eccezionale dell'istituto della rinnovazione dibattimentale di cui all'art.603 cod. proc. pen. ritenendo, conseguentemente, che ad esso possa farsi ricorso, su richiesta di parte o d'ufficio, solamente quando il giudice lo ritenga indispensabile ai fini del decidere, non potendolo fare allo stato degli atti (Sez. 2, n.41808 del 27/09/2013, Mongiardo, Rv. 25696801; Sez.2, n.3458 del 1/12/2005, dep. 2006, Di Gloria, Rv. 23339101) precisando, altresì, che, considerata tale natura, una motivazione specifica è richiesta solo nel caso in cui il giudice disponga la rinnovazione, poichè in tal caso deve rendere conto del corretto uso del potere discrezionale derivante dalla acquisita consapevolezza di non poter decidere allo stato degli atti, mentre in caso di rigetto è ammessa anche una motivazione implicita, ricavabile dalla stessa struttura argomentativa posta a sostegno della pronuncia di merito, nella quale sia evidenziata la sussistenza di elementi sufficienti per una valutazione in senso positivo o negativo sulla responsabilità, con la conseguente mancanza di necessità di rinnovare il dibattimento (Sez. 6, n. 11907 del 13/12/2013, dep.2014, Coppola, Rv. 25989301; Sez. 6, n. 30774 del 16/07/2013, Trecca, Rv. 25774101; Sez. 3, n.24294 del 07/04/2010, D.S.B., Rv. 24787201)».
In ordine all'elemento soggettivo, poi, la Suprema Corte ha ribadito un orientamento ormai granitico sulla sufficienza del dolo eventuale, nella misura in cui il responsabile abbia cagionato l'incidente e abbia modo di rappresentarsi per le modalità dello stesso il possibile quanto eventuale danno provocato (Sez. IV, n.6904 del 20/11/2013; Sez. IV, n. 36270 del 24/05/2012; Sez. IV, n.33294 del 14/05/2008).
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Di seguito il testo di
Corte di Cassazione penale Sentenza n. 54809 del 6/12/2017:
Svolgimento del processo
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