Risarcimento del danno da randagismo: l'onere della prova
La declinazione dell'onere della prova per invocare il risarcimento dei danni cagionati da animali randagi. Cass. Civile Ordinanza 11591/2018

Danno e randagismo: sei regole sull'onere della prova
La Suprema Corte ha chiarito la declinazione dell'onere della prova affinché possa invocarsi il diritto al risarcimento dei danni cagionati dagli animali randagi nei confronti degli enti pubblici cui si riconnette l'obbligo di gestire e controllare il fenomeno del randagismo.
1) Ai fini dell'affermazione della responsabilità degli enti è necessaria la precisa individuazione di un concreto comportamento colposo ascrivibile agli stessi.
2) La responsabilità dell'ente non discende della sola sua individuazione quale ente cui la normativa nazionale e regionale affida, in generale, il compito di controllo e gestione del fenomeno del randagismo.
3) Non è sufficiente individuare semplicemente l'ente preposto alla cattura dei randagi ed alla custodia degli stessi, non essendo materialmente esigibile un controllo del territorio così penetrante e diffuso ed uno svolgimento dell'attività di cattura così puntuale e tempestiva da impedire del tutto che possano comunque trovarsi sul territorio in un determinato momento degli animali randagi, anche in considerazione della possibilità di spostamento di tali animali.
4) Non trovano applicazione principi analoghi o addirittura più rigorosi di quelli previsti per le ipotesi di responsabilità oggettiva da custodia di cui agli artt. 2051, 2052 e 2053 c.c., bensì i principi generali in tema di fatto illecito ex art. 2043 c.c.
5) L'onere della prova spetta al danneggiato, in base alle regole generali, che deve allegare e dimostrare la condotta obbligatoria esigibile dall'ente e la riconducibilita dell'evento dannoso al mancato adempimento di tale condotta obbligatoria, sulla base dei principi sulla causalità omissiva.
6) L'attore deve specificamente allegare e provare che la cattura e la custodia dello specifico animale randagio che ha provocato il danno fosse possibile ed esigibile e che l'omissione di tali condotte sia derivata da un comportamento colposo dell'ente preposto (ad esempio: specifiche segnalazioni della presenza abituale dell'animale in un determinato luogo).
Il caso di specie
La Suprema Corte riteneva corretto l'accertamento della specifica condotta dell'ente e del rapporto di causalità tra la suddetta condotta e l'evento dannoso. Il Tribunale, dopo avere evidenziato l'obbligo astrattamente gravante sugli enti convenuti di vigilare sul territorio (Comune e Asl), ha rilevato l'assenza di elementi di prova, non prospettati neppure in sede di legittimità, riguardo alla presenza del cane nella zona in cui era avvenuto l'incidente nei giorni precedenti, ovvero all'esistenza di eventuali segnalazioni inviate al Comune in relazione alla presenza dell'animale nel territorio comunale, in modo che quest'ultimo potesse richiedere l'intervento del servizio di cattura da parte della ASL.
Dott. Andrea Diamante
Cultore della materia in diritto processuale penale
presso l’Università degli Studi di Enna “Kore”
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Di seguito il testo di
Corte di Cassazione, Sezione VI civile, Ordinanza n. 11591 dep. 14/05/2018
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
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