Successione di leggi penali: rileva la condotta, non l'evento
Condotta posta in essere sotto il vigore di una legge penale più favorevole ed evento intervenuto nella vigenza di una legge penale più sfavorevole: si applica la legge del momento della condotta. SS. UU. Sentenza 40986/2018

La questione e il principio di diritto
«La questione di diritto in relazione alla quale il ricorso è stato rimesso alle Sezioni Unite può essere così sintetizzata: se, a fronte di una condotta interamente posta in essere sotto il vigore di una legge penale più favorevole e di un evento intervenuto nella vigenza di una legge penale più sfavorevole, debba trovare applicazione la legge vigente al momento della condotta ovvero quella vigente al momento dell'evento».
«Deve dunque essere enunciato il seguente principio di diritto: "In tema di successione di leggi penali, a fronte di una condotta interamente posta in essere sotto il vigore di una legge penale più favorevole e di un evento intervenuto nella vigenza di una legge penale più sfavorevole, deve trovare applicazione la legge vigente al momento della condotta"».
Così le Sezioni Unite con la sentenza n. 40986 del 19/072018 – 24/09/2018, a seguito della rimessione della questione da parte del Sezione IV con ordinanza del 05/04/2018.
Il contesto normativo
La questione trova origine in un fatto ricondotto dai giudici di merito nell'alveo dell'omicidio stradale ex art. 589-bis c.p.. In particolare, la condotta si collocava sotto la vigenza della vecchia disciplina di cui all'art. 589, co. 2, c.p., mentre l'evento morte interveniva quando ormai entrava in vigore la disciplina sull'omicidio stradale di cui all'art. 589-bis c.p.
Ricorrendo per cassazione, la difesa denunciava l'inosservanza o erronea applicazione della legge penale, posto che la più sfavorevole disciplina dettata dall'art. 589-bis c.p. è stata introdotta in epoca successiva alla condotta ascritta all'imputato, quandunque in vigore la disciplina più favorevole di cui all'art. 589, co.2, c.p., circostanza aggravante e non autonoma fattispecie. Quindi si denunciava il contrasto con il principio di irretroattività della legge penale sfavorevole ex art. art. 25 Cost. e la violazione del divieto di retroattività ex art. 7 Cedu.
Nella formulazione anteriore alle modifiche introdotte dalla L. 41/2016 (in vigore dal 25/03/2016), l'art. 589, co. 2, c.p. comminava la pena della reclusione da 2 a 7 anni, fattispecie integrante una circostanza aggravante1 soggetta al giudizio di bilanciamento. Di talché, l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche (come avvenuto nel caso di specie) poteva condurre all'irrogazione, nel minimo, di una pena di 6 mesi di reclusione nel caso di giudizio di equivalenza, ovvero di 4 mesi di reclusione nel caso di giudizio di prevalenza dell'attenuante. Il delitto di omicidio stradale ex art. 589-bis c.p. costituisce, invece, fattispecie autonoma di reato2, quindi l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche può condurre all'irrogazione, nel minimo, della pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione.
Gli orientamenti nomofilattici
La IV Sezione, preliminarmente rilevando che «nella formulazione anteriore alla L. 23 marzo 2016, n. 41, il secondo comma dell'art. 589 c.p. prevedeva una circostanza aggravante soggetta al giudizio di bilanciamento, mentre il nuovo art. 589-bis c.p. integra un'autonoma fattispecie incriminatrice», ravvisava un contrasto interpretativo relativo «al trattamento sanzionatorio da applicare nel caso di una condotta interamente posta in essere sotto il vigore di una legge penale più favorevole e di un evento intervenuto nella vigenza di una legge penale più sfavorevole»:
- la prima tesi3 ha sostenuto il "criterio dell'evento", per cui, ai fini dell'applicazione della disciplina di cui all'art. 2 c.p., il tempus commissi delicti va collocato al momento della consumazione del reato e, trattandosi nella specie di reato a forma libera, tale momento coincide con il verificarsi dell'evento tipico;
- l'opposta tesi4 dava conto del "criterio della condotta", per cui nel caso di successione di leggi penali regolanti la stessa materia, la legge da applicare è quella vigente al momento dell'esecuzione dell'attività del reo e non già quella del momento in cui si è verificato l'evento che determina la consumazione del reato.
Secondo la Sezione rimettente, a favore della seconda tesi, «il principio di irretroattività della legge penale meno favorevole si pone a garanzia del soggetto attivo, nella considerazione che egli non dev'essere chiamato a soggiacere non solo a previsioni incriminatrici non vigenti al momento del fatto, ma neppure a previsioni sanzionatorie che dopo il fatto sono divenute più gravi», ritenendo il c.d. "criterio dell'evento" lesivo dei principi costituzionali e convenzionali5.
Il decisum
Le Sezioni Unite hanno condiviso il "criterio della condotta", sulla scorta dell'interpretazione sistematica e della valorizzazione delle indicazioni offerte dai principi costituzionali che governano la successione di leggi penali.
É possibile cogliere una tripartizione dell'argomentazione condotta dalle Sezioni Unite, con riguardo alla libertà di autodeterminazione dell'agente, alla funzione della pena e alla peculirità della fattispecie.
a) Libertà di autodeterminazione
Il principio di irretroattività costituisce una garanzia che l'art. 25, co. 2, Cost. tutela quale «valore assoluto, non suscettibile di bilanciamento con altri valori costituzionali»6, ponendosi «come essenziale strumento di garanzia del cittadino contro gli arbitri del legislatore, espressivo dell'esigenza della "calcolabilità" delle conseguenze giuridico-penali della propria condotta, quale condizione necessaria per la libera autodeterminazione individuale»7, esigenza «con la quale contrasta un successivo mutamento peggiorativo "a sorpresa" del trattamento penale della fattispecie»8.
Il principio di retroattività della norma penale più favorevole, invece, rinviene il proprio fondamento nel principio di uguaglianza, essendo quindi «suscettibile di limitazioni e deroghe» che «devono giustificarsi in relazione alla necessità di preservare interessi contrapposti di analogo rilievo»9, e nell'art. 117, co. 1, Cost. in riferimento all'art. 7 Cedu, parametro che, comunque, non attribuisce al principio di retroattività in mitius carattere assoluto e inderogabile, potendo subire «deroghe o limitazioni» 10.
Per tale ordine di ragioni, la condotta costituisce il punto di riferimento temporale essenziale per la "calcolabilità" delle conseguenze penali e dell'autodeterminazione della persona, cui deve riconnettersi l'operatività dell'art. 25 Cost., «posto che "spostare in avanti" detta operatività, correlandola all'evento del reato, determinerebbe, qualora alla condotta interamente posta in essere nella vigenza di una legge penale sia sopravvenuta una normativa penale più sfavorevole, la sostanziale retroattività di quest'ultima rispetto al momento in cui è effettivamente possibile per la persona "calcolare" le conseguenze penali del proprio agire; con l'inevitabile svuotamento dell'effettività della garanzia di autodeterminazione della persona e della ratio di tutela del principio costituzionale di irretroattività».
Tale ratio di garanzia della persona è coerente con il principio personalista della Costituzuione, «uno dei pilastri fondamentali dell'edificio costituzionale», secondo l'impostazione accolta con l'approvazione del c.d. ordine del giorno Dossetti, da cui è possibile cogliere che l'adesione al "criterio della condotta" è anche confermato dai lavori preparatori dell'Assemblea Costituente. Invero, l'ordine del giorno chiariva «in maniera precisa che la norma di legge penale deve preesistere non solo all'evento, ma anche all'azione», poichè è in quest'ultima che «si realizza il contrasto tra la volontà imputabile del delinquente e la volontà della legge».
Prospettiva, questa, adottata anche dalla giurisprudenza di legittimità. Infatti, la Suprema Corte ha affermato che la norma incriminatrice più severa, ripristinata per effetto della pronuncia di incostituzionalità di una successiva norma penale di favore, non può essere applicata ai fatti commessi durante la vigenza di quest'ultima, rispetto ai quali «non può avere svolto alcuna funzione di orientamento e di limite delle scelte di comportamento dell'agente», operando invece per tutti quei fatti pregressi commessi nella vigenza della norma non ancora modificata in senso più favorevole dalla disciplina dichiarata incostituzionale, fatti, quelli pregressi, che «dovevano essere "confrontati", dal proprio autore, con le norme vigenti in quel momento»11.
La soluzione collima anche con l'art. 7, paragrafo 1, CEDU che sancisce il divieto di applicazione retroattiva delle norme penali incriminatrici o delle nuove norme più severe, per assicurare che punibilità e limiti siano conoscibili sin dal momento in cui l'imputato commette l'atto che dà luogo all'azione penale12.
b) Funzione della pena
Senza contare che rileva in argomento anche la funzione della pena, riguardo alla funzione di prevenzione generale che incide nel momento in cui il soggetto agisce ovvero omette di compiere l'azione doverosa, momento in cui si apprezza la funzione di orientamento della norma penale. Lo stesso dicasi con riferimento alla funzione rieducativa, in quanto «la possibilità di conoscere la norma penale» è «presupposto della rimproverabilità del fatto, inteso quest'ultimo come comprensivo anche degli elementi subiettivi attinenti al fatto di reato», stante che «ognuno dei consociati deve essere posto in grado di adeguarsi liberamente o meno alla legge penale, conoscendo in anticipo - sulla base dell'affidamento nell'ordinamento legale in vigore al momento del fatto quali conseguenze afflittive potranno scaturire dalla propria decisione... aspettativa che sarebbe, per contro, manifestamente frustrata qualora il legislatore potesse sottoporre a sanzione criminale un fatto che all'epoca della sua commissione non costituiva reato, o era punito meno severamente»13.
Peculiarità della fattispecie
La problematica si riconnette anche alla peculiarità della fattispecie concreta, con riferimento allo sviluppo dell'iter criminis in cui emerge uno iato temporale tra condotta ed evento, dunque alla sopravvenienza in tale intervallo temporale di una legge penale più sfavorevole. Sì tratta delle ipotesi di reato c.d. "a distanza" o ad evento differito, ipotesi ricondotte alla più generale figura del reato "a tempi plurimi".
Così, la protrazione della condotta suscettibile di conoscere il sopravvenire di una legge penale più sfavorevole si registra nel reato permanente, rispetto al quale la giurisprudenza di legittimità individua il tempus commissi delicti, ai fini della successione di leggi penali, nella cessazione della permanenza e quando ciò avviene nel vigore della nuova legge è quest'ultima che deve trovare applicazione14
Lo stesso dicasi per il reato abituale, in relazione a cui il tempus commissi delicti, ai fini della successione di leggi penali, coincide con la realizzazione dell'ultima condotta tipica integrante il fatto di reato15.
Ciò perché l'agente ha potuto autodeterminarsi nella conoscenza della sopravvenienza di una legge più sfavorevole.
Dott. Andrea Diamante
Cultore della materia in diritto processuale penale
presso l’Università degli Studi di Enna “Kore”
_______________
1 Ex plurimis, Sez. 4, n. 18204 del 15/03/2016; Sez. 4, n. 44811 del 03/10/2014.
2 Sez. 4, n. 29721 del 01/03/2017.
3 Sez. 4, n. 22379 del 17/04/2015; Sez. 5, n. 19008 del 13/03/2014.
4 Sez. 4, n. 8448, del 05/10/1972.
5 Il "criterio dell'evento" si riteneva in contrasto con il principio di uguaglianza ex art. 3 Cost. (ingiustificata disparità di trattamento che ne deriva tra soggetti autori di una medesima condotta nello stesso momento, sol perchè l'evento del reato si verifica in tempi diversi per ragioni a loro non riferibili), con il principio di legalità di cui all'art. 25, co. 2, Cost. (pacificamente riferito non solo alla necessaria conoscibilità del precetto, ma anche alla conoscibilità e prevedibilità della sanzione penale prevista per la relativa violazione) e con l'art. 117, co. 1, Cost. in relazione all'art. 7 Cedu (che assicura raccessibilità" della norma penale per il destinatario, anche sotto il profilo sanzionatorio, e la "prevedibilità" della conseguenze della sua condotta).
6 Corte cost., sent. n. 394 del 2006; sent. n. 236 del 2011.
7 Corte cost., sent. n. 394 del 2006; sent. n. 236 del 2011.
8 Corte cost., sent. n. 230 del 2012.
9 Ex plurimis, Corte cost., sent. n. 215 del 2008 e sent. n. 394 del 2006.
10 Corte cost., sent. n. 236 del 2011.
11 Sez. 3, n. 28233 del 03/03/2016; Sez. 3, n. 4185 del 19/10/2016 - dep. 2017; Sez. 4, n. 44808 del 26/09/2014.
12 Corte Edu, sentenza 22 giugno 2000, Coeme c. Belgio.
13 Corte cost., sent. n. 364 del 1988.
14 Ex plurimis, Sez. 3, n. 43597 del 09/09/2015; Sez. 5, n. 45860 del 10/10/2012; Sez. 3, n. 13225 del 05/02/2008; Sez. 1, n. 20334 del 11/05/2006; Sez. 1, n. 3376 del 21/02/1995.
15 Sez. 5, n. 54308 del 25/09/2017; Sez. 5, n. 48268 del 27/05/2016; Sez. 5, n. 18999 del 19/02/2014; Sez. 5, n. 10388 del 06/11/2012 - dep. 2013.
---------------------------------------
Di seguito il testo di
Cassazione, Sezioni Unite penali, sentenza 19/072018 – 24/09/2018, n. 40986
Svolgimento del processo
Se sei registrato esegui la procedura di Login, altrimenti procedi subito alla Registrazione. Non costa nulla!