La personalizzazione del danno non patrimoniale deve essere provata dal danneggiato

In tema di personalizzazione del danno non patrimoniale, spetta al danneggiato provare le specifiche e peculiari circostanze che differenziano il danno e giustificano una liquidazione superiore. Cassazione ordinanza 15084/2019

La personalizzazione del danno non patrimoniale deve essere provata dal danneggiato

Personalizzazione del danno non patrimoniale: automatismo o onere della prova

A seguito di un sinistro stradale, il tribunale dava conto dell'espressa considerazione della dimensione morale-soggettiva dei pregiudizi subiti dall’attore, liquidandolo secondo le previsioni delle Tabelle di Milano. L’attore, a detta anche della Corte di appello, non allegava e non provava le «specifiche circostanze di fatto ulteriori e diverse» rispetto a quelle ordinariamente discendenti dal fatto dedotto (c.d. “personalizzazione”).

Nel ricorso per cassazione, il danneggiato contestava la violazione degli artt. 1223, 1226 e 2056 c.c., nonchè dell’art. 1 D.P.R. 181/2009 in quanto la liquidazione del danno morale avveniva in considerazione degli automatismi monetari previsti dalle tabelle milanesi utilizzate per la liquidazione equitativa del danno, non tenendo conto della particolarità della vicenda dannosa che avrebbe dovuto giustificare una liquidazione quantitativamente più significativa del danno denunciato.

Inoltre, veniva anche censurata la violazione degli artt. 1223, 1226 e 2056 c.c., sostenendo l’errata inversione dell'onere della prova ed omessa considerazione delle presunzioni iuris tantum favorevoli al danneggiato. Infine si censurava la violazione dell'art. 137 D.Lgs. 209/2005 per l'erronea valutazione degli elementi di prova offerti con riferimento alla "personalizzazione".

 

Personalizzazione del danno non patrimoniale: il danneggiato deve provare le specifiche circostanze di fatto peculiari

La giurisprudenza della Suprema Corte è ormai consolidata nel ritenere che in tema di "personalizzazione" del danno non patrimoniale spetta al giudice, il quale ne dovrà dar conto in motivazione, far emergere e valorizzare «specifiche circostanze di fatto peculiari» che valgano a superare le conseguenze "ordinarie" liquidate in via forfettaria dalle previsioni tabellari, riconnesse alla «irripetibile singolarità dell'esperienza di vita individuale... alle dinamiche emotive della vita interiore o all'uso del corpo e alla valorizzazione dei relativi aspetti funzionali... meritevoli di tradursi in una differente (e, dunque, individualizzata) considerazione in termini monetari, rispetto a quanto suole compiersi in assenza di dette peculiarità»1.

In assenza della prova di tali specifiche e peculiari circostanze di fatto, la Suprema Corte ritiene che il giudice adempie correttamente al suo compito di motivazione della liquidazione equitativa del danno dando conto dell'avvenuta considerazione di tutti i possibili profili di danno non patrimoniale ricollegabili alla fattispecie condotta al suo esame, senza ricomprendere non provate "personalizzazioni".

 

Personalizzazione del danno non patrimoniale: la non corretta interpretazione dei dati di fatto inerenti la personalizzazione deve essere censurata come vizio di motivazione

Le censure sulla incongruità dell'interpretazione degli elementi di prova complessivamente acquisiti e dei fatti di causa ritenuti rilevanti sotto il profilo dell'adeguata dimostrazione del danno patrimoniale sotto l'aspetto della "personalizzazione" costituisce «un'argomentazione critica con evidenza diretta a censurare una (tipica) erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa e pertanto di una tipica censura diretta a denunciare il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato».

Pertanto, laddove una simile censura venisse sollevata nel giudizio di legittimità nelle forme della violazione di legge ne deriverebbe l'inammissibilità del ricorso, «non essendo consentito alla parte censurare come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante, sul quale la sentenza doveva pronunciarsi»2.

 

Avv. Andrea Diamante
Cultore della materia in diritto processuale penale
presso l’Università degli Studi di Enna “Kore”

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1 Sez. 3 -, Sentenza n. 21939 del 21/09/2017, Rv. 645503 - 01

2 Sez. 3, Sentenza n. 10385 del 18/05/2005, Rv. 581564; Sez. 5, Sentenza n. 9185 del 21/04/2011, Rv. 616892.

 

 

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Di seguito il testo di

Corte di Cassazione, Sezione VI civile, Ordinanza n. 15084  dep. 31/05/2019

 

che con sentenza resa in data 3/7/2017, la Corte d'appello di Catanzaro, per quel che ancora rileva in questa sede, ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado ha condannato S.R., la Progress Assicurazioni s.p.a. e la Generali Italia s.p.a., al risarcimento, in favore di L.A., dei danni da quest'ultimo subiti in conseguenza del sinistro stradale dedotto in giudizio;

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