Si configura il reato di Stalking anche con poche telefonate e pochi messaggi

Lo stalking può prescindere dal contatto fisico o dalla vicinanza essendo sufficienti anche poche telefonate o pochi messaggi. Cass. Sent. 61/2019

Si configura il reato di Stalking anche con poche telefonate e pochi messaggi

In tema di atti persecutori, le gravi intrusioni fisiche sottolineano la penetrante invasione della sfera intima della persona offesa, a prescindere dall'esistenza di condotte di carattere fisico, rilevando anche poche telefonate o pochi messaggi.

 

Stalking e intrusione fisica nella vita privata: breve durata della condotta, poche telefonate e pochi messaggi

Ritenuto responsabile in relazione al delitto di atti persecutori ex art. 612-bis c.p., la difesa dell'imputato proponeva ricorso per cassazione lamentando l'inosservanza di legge e vizi motivazionale.

In particolare, si riteneva insussistente l'elemento materiale del reato di atti persecutori, nella misura in cui la condotta dell'imputato si limitava all'invio di dodici messaggi attraverso whatsapp e a due telefonate, per ciò priva di qualunque idoneità lesiva. Inoltre, la difesa sosteneva che la Corte territoriale non avesse fornito risposta alla censura relativa alla non rilevabilità di continue intrusioni fisiche nella vita privata della persona offesa.

La difesa, pertanto, sosteneva l'inosservanza di legge per l'omessa riqualificazione dei fatti in molestie o minacce, stante la breve durata della condotta, l'insussistenza dell'elemento soggettivo e dell'evento dannoso.

 

L'intrusione fisica nella vita privata avviene con la penetrante invasione della sfera intima, a prescindere dal carettere fisico della condotta

Due telefonate e sette messaggi ben possono configurare gravi intrusioni fisiche nella vita privata della persona offesa, posto che l'attributo della fisicità si riconnette alla penetrante invasione della sfera intima della persona offesa e non necessariamente alle condotte di carattere fisico.

Invero, il tenore delle frasi ("ti faccio vedere io"), il riferimento alla famiglia e alla città in cui la persona offesa viveva e l'intensità dei contatti non autorizzati e del tutto privi di giustificazione non possono avere altro significato se non quello di intimidire il destinatario, nella piena consapevolezza degli effetti che tali espressioni erano idonee a provocare. Ciò integra con sicurezza l'evento di danno richiesto dalla norma (nella specie, la persona offesa aveva trovato aloggio in un'altra abitazione per timore di essere raggiunta dall'imputato).

L'elemento soggettivo, infatti, è integrato dalla volontà di porre in essere le condotte di minaccia e molestia nella consapevolezza dell'idoneità delle medesime alla produzione di uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice, esprimendo un'intenzione criminosa che travalica i singoli atti che compongono la condotta tipica, anche se può realizzarsi in modo graduale, a nulla rilevando che l'agente non si rappresenti e voglia fin dal principio la realizzazione della serie degli episodi1.

Dunque, la brevità della condotta e la mancanza di "fisicità" della condotta (diversa dalla fisicità dell'intrusione) non giustifica la riqualificazione dei fatti nei termini di mere minacce o molestie.

 

Avv. Andrea Diamante
Cultore della materia in diritto processuale penale
presso l’Università degli Studi di Enna “Kore”

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1 Sez. 5, n. 18999 del 19/02/2014, C, Rv. 260411.

 

 

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Di seguito il testo di

Corte di Cassazione, Sezione V penale, Sentenza n. 61 dep. 2/01/2019

 

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

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