La competenza in merito al recupero del compenso dell’avvocato: ancora le SS.UU.

Ancora le SS.UU. intervengono per dirimere contrasti in ordine alla procedura di recupero del compenso dell’avvocato, questa volta in materia di competenza. Cassazione a SS.UU., Sentenza n. 4247/2020

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La competenza in merito al recupero del compenso dell’avvocato: ancora le SS.UU.

Sul recupero del compenso dell’avvocato abbiamo più volte scritto in questa rivista ed il quadro, dapprima frammentario, si è gradualmente sviluppato in modo strutturato attraverso l’intervento della giurisprudenza della Corte di legittimità, in particolare delle Sezioni Unite.

Per un approfondimento vedasi le SS.UU. civile con Sentenza n. 4485/2018 in “Le Sezioni Unite su competenza e rito applicabile all'azione di recupero del compenso dell'avvocato” ma anche “La complessa materia della competenza territoriale del recupero giudiziale del compenso avvocato”.

Per la causa di opposizione a decreto ingiuntivo emesso dal giudice di Pace per il recupero del compenso dell’avvocato e procedimento sommario vedi “Cassazione Civile Ordinanza n. 27591/2019" e, infine, “Recupero del compenso dell'avvocato sempre con rito sommario”.

 

Competenza per plurimi compensi maturati innanzi a Giudici diversi

La nuova questione posta all’attenzione delle Sezioni Unite (la quale decide con Sentenza n. 4247 depositata in data 19/02/2020) riguarda la competenza nel caso non raro di recupero di più compensi maturati per prestazioni giudiziali svolte innanzi a Giudici diversi.

Secondo il ricorrente quando le prestazioni del difensore siano svolte dinanzi ad uffici giudiziari diversi, per ottenere il relativo compenso occorrerebbe proporre domande autonome dinanzi a ciascun giudice adito per il processo, con esclusione della possibilità di riconoscere al giudice di secondo grado (o al giudice che abbia trattato per ultimo il giudizio) la competenza per l'intera controversia.

Ciò in stretta osservanza delle disposizioni dell’originario testo della L. 13 giugno 1942, n. 794, art. 28 in combinato disposto con l’art. 14 del del D.Lgs. n. 150 del 2011.

 

La Corte esamina ampiamente in parte motiva la status quo della passata giurisprudenza, gli indirizzi della Corte Costituzionale e il quadro normativo.

Ricorda, infine, che nella materia si sono consolidati nella giurisprudenza della corte di legittimità i seguenti indirizzi:

a) non è consentito al creditore di una determinata somma di denaro, dovuta in forza di un unico rapporto obbligatorio, di frazionare il credito in plurime richieste giudiziali di adempimento, contestuali o scaglionate nel tempo, in quanto tale scissione del contenuto della obbligazione, operata dal creditore per sua esclusiva utilità si traduce in una unilaterale modificazione aggravativa della posizione del debitore, ponendosi in contrasto sia con il principio di correttezza e buona fede, che deve improntare il rapporto tra le parti non solo durante l'esecuzione del contratto ma anche nell'eventuale fase dell'azione giudiziale per ottenere l'adempimento, sia con il principio costituzionale del giusto processo, traducendosi la parcellizzazione della domanda giudiziale diretta alla soddisfazione della pretesa creditoria in un abuso degli strumenti processuali che l'ordinamento offre alla parte, nei limiti di una corretta tutela del suo interesse sostanziale (tra le tante: Cass. SU 15 novembre 2007, n. 23726;

 

b) le domande aventi a oggetto diversi e distinti diritti di credito relativi a un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi ma, ove le suddette pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo - sì da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell'identica vicenda sostanziale - la loro proposizione in autonomi e separati è possibile soltanto se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata del credito (vedi, per tutte: Cass. SU 16 febbraio 2017, n. 4090; Cass. 13 agosto 2018, n. 20714; Cass. 15 ottobre 2019, n. 26089;

 

c) pertanto, non viola il suddetto divieto di frazionamento della tutela processuale e non incorre in abuso del processo l'attore che, a tutela di un unico credito dovuto in forza di un unico rapporto obbligatorio - nella specie per il pagamento di compensi professionali non di tipo forense - agisca con ricorso monitorio per la somma provata documentalmente e con il procedimento sommario di cognizione per la parte residua, in quanto tale comportamento non si pone in contrasto nè con il principio di correttezza e buona fede nei confronti del debitore, nè con il principio del giusto processo, dovendosi riconoscere il diritto del creditore a una tutela accelerata mediante decreto ingiuntivo per i crediti provati con documentazione sottoscritta dal debitore (Cass. 18 maggio 2015, n. 10177; Cass. 7 novembre 2016, n. 22574).

 

E conclude affermando il seguente principio di diritto:

"Nel caso in cui un avvocato abbia scelto di agire ex art. 28 della legge 13 giugno 1942, n. 794, come modificato dalla lett. a) del comma 16 dell'art. 34 del d.lgs. 10 settembre 2011, n. 150, nei confronti del proprio cliente, proponendo l'azione prevista dall'art. 14 del decreto legislativo n. 150 del 2011 e chiedendo la condanna del cliente al pagamento dei compensi per l'opera prestata in più gradi e/o fasi del giudizio, la competenza è dell'ufficio giudiziario di merito che ha deciso per ultimo la causa".

 

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Di seguito il testo di

Corte di Cassazione SS.UU. civili Sentenza n. 4247 dep. 19/02/2020

 

FATTI DI CAUSA

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