Sulla differenza fra esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza ed estorsione le SS.UU.

Le SS.UU. dirimono un contrasto giurisprudenziale sulla differenza fra il reato di estorsione e l'esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza. Cassazione Sentenza n. 29541/2020

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Sulla differenza fra esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza ed estorsione le SS.UU.

Il tema dell’ambito di applicazione del reato di estorsione in relazione a quello dell'esercizio arbitrario delle proprie ragioni effettuato mediante violenza e minaccia torna ripetutamente all’attenzione del giudice di legittimità con esiti talvolta contrastanti.

Vedasi in questa rivista anche: “Recupero del credito con violenza: estorsione o esercizio arbitrario delle proprie ragioni?” in commento alla Sentenza n. 46288/2017 della Corte di Cassazione.

Intervengono ora con Sentenza n. 29541 depositata in data 23 ottobre 2020 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione Penale a dirimere questo contrasto che, tuttavia, le stesse SS.UU. ritengono più apparente che reale.

Il ricorso era stato rimesso alle Sezioni Unite chiedendo fosse data risposta alle seguenti questioni di diritto:

1) se il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone e quello di estorsione si differenzino tra loro in relazione all'elemento oggettivo, in particolare con riferimento al livello di gravità della violenza o della minaccia esercitate, o, invece, in relazione al mero elemento psicologico, e, in tale seconda ipotesi, come debba essere accertato tale elemento;

2) se il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni debba essere qualificato come reato proprio esclusivo e, conseguentemente, in quali termini si possa configurare il concorso del terzo non titolare della pretesa giuridicamente tutelabile.

Sussistono, infatti, secondo la Sezione rimettente due macro-orientamenti: secondo il primo la distinzione fra i predetti reati va compiuta valorizzando le differenze esistenti sotto il profilo della materialità, mentre secondo altro orientamento la distinzione avviene valorizzando il profilo dell'elemento psicologico.

Ne consegue un certosino lavoro di esame profuso in una sentenza di 39 pagine nella quale le Sezioni Unite descrivono, con accenni storici, ogni aspetto caratteristico delle due fattispecie.

Si dia qui un breve sunto, rimandando per approfondimenti alla lettura della sentenza stessa.

 

Esercizio arbitrario delle proprie ragioni come reato proprio non esclusivo

L'esercizio arbitrario delle proprie ragioni assume rilevanza penale se commesso con violenza sulle cose o con violenza o minaccia alle persone. L’agente è soggetto qualificato e il reato ha natura giuridica del reato proprio; l'agente opera con il convincimento di esercitare un suo diritto.

Quanto all’inquadramento del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni fra i reati propri esclusivi, o di mano propria, (commettibili esclusivamente dal soggetto titolato) suggerito da precedente giurisprudenza e dottrina, non trova adesione delle Sezioni Unite.

L’esame storico e metodologico della norma porta le SS.UU. ad affermare che il “significato meramente pleonastico tradizionalmente attribuito all'espressione in oggetto ["da sé medesimo"], mai messo in discussione, unitamente alla genericità di essa, di per sé considerata, non consentono di avvalorare l'orientamento che la valorizza per argomentare la natura giuridica di reati propri esclusivi, o di mano propria, dei reati de quibus”.

Ne consegue la possibilità di integrare il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni anche in capo a soggetto che non si qualifichi titolare del diritto preteso.

 

Rapporto tra esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone e reato di estorsione

Le SS.UU. ricordano i filoni giurisprudenziali prevalenti nella descrizione della distinzione fra i due reati.

Se da un lato, da epoca risalente, la giurisprudenza della Corte ha ritenuto che “il criterio differenziale tra i delitti di cui agli articoli 629 e 393 cod. pen. consista nell'elemento intenzionale in quanto nel primo l'intenzione dell'agente è di procurarsi un ingiusto profitto, mentre nel secondo il reo agisce per conseguire un'utilità che ritiene spettargli, nonostante che il suo diritto sia contestato o contestabile, senza adire l'Autorità giudiziaria”, da altro lato la distinzione fra i due reati si è soffermata sulla valorizzazione della materialità del fatto, affermandosi che “nel delitto di cui all'art. 393 cod. pen., la condotta violenta o minacciosa non è fine a sé stessa, ma risulta strettamente connessa alla finalità dell'agente di far valere il preteso diritto, rispetto al cui conseguimento si pone come elemento accidentale, per cui non può mai consistere in manifestazioni sproporzionate e gratuite di violenza: di conseguenza, quando la minaccia o la violenza si estrinsechino in forme di forza intimidatoria e sistematica pervicacia tali da eccedere ogni ragionevole intento di far valere un diritto, la coartazione dell'altrui volontà è finalizzata a conseguire un profitto che assume ex se i caratteri dell'ingiustizia ed, in determinate circostanze e situazioni, anche la minaccia dell'esercizio di un diritto, di per sé non ingiusta, può diventare tale, se le modalità in cui essa risulti formulata denotino una prava volontà ricattatoria che le facciano assumere connotazioni estorsive

La soluzione delle Sezioni Unite: “Queste Sezioni Unite ritengono che il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone e quello di estorsione si differenzino tra loro in relazione all'elemento psicologico”. E ancora: “nel primo, l'agente persegue il conseguimento di un profitto nella convinzione non meramente astratta ed arbitraria, ma ragionevole, anche se in concreto infondata, di esercitare un suo diritto, ovvero di soddisfare personalmente una pretesa che potrebbe formare oggetto di azione giudiziaria; nel secondo, invece, l'agente persegue il conseguimento di un profitto nella piena consapevolezza della sua ingiustizia

L'elemento psicologico del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone e quello del reato di estorsione vanno accertati secondo le ordinarie regole probatorie: alla speciale veemenza del comportamento violento o minaccioso potrà, pertanto, riconoscersi valenza di elemento sintomatico del dolo di estorsione.

Così qualificata la differenza fra le due fattispecie, la Corte ne ricava come non residui alcuno spazio per ipotesi di concorso formale, risultando le due fattispecie, proprio in relazione all'elemento psicologico, alternative: nei casi di concorso in estorsione, l'eventuale fine di soddisfazione di un diritto del preteso creditore resta, infatti, assorbito nel concorrente fine di profitto illecito dei terzi concorrenti

 

“Metodo mafioso” ed esercizio arbitrario delle proprie ragioni

La Corte affronta anche l’orientamento che ritiene integrare sempre gli estremi dell'estorsione aggravata il riconoscimento del c.d. "metodo mafioso".

Le Sezioni Unite non concordano con tale orientamento.

Secondo le SS.UU. la formulazione dell'art. 416-bis.1 cod. pen. non consente di affermare che la circostanza aggravante in oggetto sia assolutamente incompatibile con il reato di cui all'art. 393 c. p., potendosi al più valorizzare l'impiego del c.d."metodo mafioso", unitamente ad altri elementi, quale elemento sintomatico del dolo di estorsione.

 

In conclusione vengono espressi i seguenti principi di diritto:

«i reati di esercizio arbitrario delle proprie ragioni hanno natura di reato proprio non esclusivo»;
«il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone e quello di estorsione si differenziano tra loro in relazione all'elemento psicologico, da accertarsi secondo le ordinarie regole probatorie»;
«il concorso del terzo nel reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone è configurabile nei soli casi in cui questi si limiti ad offrire un contributo alla pretesa del creditore, senza perseguire alcuna diversa ed ulteriore finalità».

 

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Di seguito il testo di

Corte di Cassazione Penale SS.UU. Sentenza n. 29541 dep. 23/10/2020

 

RITENUTO IN FATTO

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