Società di capitali tra professionisti e ritenuta d’acconto. Reddito d’impresa o da lavoro autonomo?

La società tra professionisti a responsabilità limitata produce reddito da lavoro autonomo e non reddito d'impresa e sui compensi va applicata la ritenuta d'acconto. Cassazione Sentenza n. 7407/2021

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Società di capitali tra professionisti e ritenuta d’acconto. Reddito d’impresa o da lavoro autonomo?

Il fatto.

Una compagnia di assicurazione non corrispondeva ad uno studio legale costituito in forma di società tra professionisti a responsabilità limitata un importo corrispondente alla ritenuta d’acconto, che la compagnia, quindi tratteneva in qualità di sostituto di imposta.

Lo studio legale insisteva per il pagamento adducendo che tale trattenuta non era dovuta stante la qualificazione di reddito di impresa conseguente alla particolare forma societaria del creditore. E ciò con il supporto di Circolari chiarificatrici dell’Agenzia delle Entrate 1.

Ne seguiva un contenzioso che arriva in Corte di Cassazione Civile la quale decide il caso con Sentenza n. 7407 depositata in data 17 marzo 2021, affrontando e decidendo per la prima volta su una tale questione.

 

Società tra professionisti e reddito di impresa

La Corte di Cassazione rendendosi conto dell'assenza di una espressa previsione normativa che qualifichi la natura ai fini fiscali del reddito della società tra professionisti non può che affidarsi all’attività ermeneutica, i cui esiti portano a soluzione diametralmente opposte “ ... a seconda che si scelga di privilegiare il presupposto soggettivo (vale a dire, la natura del soggetto che produce il reddito), ovvero quello oggettivo, che ha riguardo, invece, ai caratteri dell'attività svolta da tali società”.

Ne segue una attenta analisi della produzione regolamentare e interpretativa dell’Agenzia delle Entrate, pur sottolineando “quello che è stato definito, in dottrina, come "un affastellarsi disordinato e contraddittorio di risoluzioni dell'Agenzia delle Entrate", e ciò proprio in ragione di questa "alternatività" di angoli visuali dai quali affrontare la questione, sicché le posizioni "(quantomeno) ondivaghe" assunte - almeno inizialmente - dall'Amministrazione finanziaria, non hanno certo favorito lo scioglimento dei dubbi interpretativi”.

 

Prevalenza di un autonomo profilo organizzativo rispetto al lavoro professionale

Ritiene la S.C. “che la qualificazione del reddito di una società tra professionisti, come reddito di impresa, deve farsi dipendere dalla concreta configurazione della società, ed in particolare dalla presenza all'interno di essa (da accertarsi, dunque, caso per caso), di un autonomo profilo organizzativo, rispetto al lavoro professionale, "capace di spersonalizzare l'attività svolta" - come osservato in dottrina - e "di fornire, come struttura a sé stante, quella stessa prestazione professionale che connota l'attività personale tipica del professionista"”.

La distinzione, pertanto, non va ricercata nella qualificazione soggettiva (costituzione in società di capitali) né in quella oggettiva (natura del lavoro svolto) bensì va ricercata di volta in volta analizzando la conformazione imprenditoriale e lavorativa del servizio fornito.

Non essendovi norma che stabilisca a priori la natura (anche fiscale) della prestazione della società di capitali tra professionisti è necessario tornare, afferma la Corte di Cassazione, al codice civile.

E, afferma, “la norma chiave è costituita dall'art. 2238 cod. civ., la quale, se in linea generale nega - ancorché in modo indiretto - la natura commerciale delle attività dei professionisti intellettuali e degli artisti, stabilisce, nel contempo, che a tali attività intellettuali e artistiche si applichino le disposizioni dettate in relazione all'impresa commerciale, allorché le prestazioni professionali costituiscono elemento di una attività organizzata in forma d'impresa”.

Ancora: “In altri termini, perché in una società tra professionisti possa aversi attività imprenditoriale, occorre anche una attività diversa e ulteriore rispetto a quella professionale, per cui il conferimento dell'apporto intellettuale si configura solo come una delle componenti dell'organizzazione, e ciò in quanto l'attività autonomamente organizzata non potrebbe identificarsi in quella tipica svolta dal professionista intellettuale, connotata dal carattere della personalità (art. 2232 cod. civ.), presupponendo quel profilo di autonoma organizzazione di cui agli artt. 2082 e 2238 cod. civ.

D'altra parte, proprio l'elemento della organizzazione è il medesimo che consente di qualificare come produttivo di reddito d'impresa la prestazione di servizi, visto che ai sensi dell'art. 2 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 546, l'esigibilità dell'imposta regionale sulle attività produttive presuppone l'esercizio abituale di un'attività "autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi".

 

Presunzione di reddito da lavoro autonomo

Se l’indagine è da effettuarsi per ogni caso concreto ci si può chiedere chi debba provare cosa, in una visione opposta fra le parti.

Pur non indicandolo espressamente la Corte di Cassazione, nel decidere il caso sottopostole, identifica una modalità interpretativa anche in ordine all’onere della prova.

Essa afferma, infatti, che “deve pervenirsi al rigetto del ricorso, in difetto di dimostrazione della sussistenza di un'attività diversa e ulteriore, nel caso in esame, rispetto a quella professionale, che permetta di qualificare il reddito della società, nelle cui forme è costituito lo studio professionale odierno ricorrente, come reddito di impresa”.

In altre parole, non essendosi dimostrato che nella società tra professionisti fosse prevalente il capitale rispetto all’attività professionale si dovrà prendere per buona la qualificazione oggettiva (natura del lavoro svolto) e di conseguenza regolarsi sulla applicazione o meno della ritenuta d’acconto.

 

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1 - Abbiamo dato atto in questa Rivista della Risoluzione Ag. Entrate n 35/E del 2018 in “Natura del reddito prodotto dalle società tra avvocati secondo l'Agenzia delle Entrate” ove si legge in un caso di società per azioni tra avvocati che la “società per azioni costituita per l’esercizio dell’attività di avvocato debba adottare il regime fiscale previsto per le società di capitali e, dunque, deve assoggettare ad IRES il reddito prodotto e ad IRAP il valore della produzione".

 

 

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Di seguito il testo di

Corte di Cassazione Civile Sez. III, Sentenza n. 7407 dep. 17/03/2021

 

FATTI DI CAUSA

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