Contratti on-line. Il point and click equivale a sottoscrizione di un documento informatico?
Il perfezionamento di un contratto online mediante point and click produce la sottoscrizione di un documento informatico? Considerazioni su Cassazione Ordinanza n. 9413/2021

Il fatto.
Tizio si lamentava della compravendita di titoli azionari conclusi attraverso il sito della banca; in particolare contestava la validità del contratto e che fosse stata ritenuta sufficiente la mera spunta di una casella per considerare integrata la forma scritta ritenuta necessaria per quel tipo di contratti.
In primo grado il tribunale aveva dichiarato la nullità parziale per difetto di forma scritta del contratto di intermediazione finanziaria corrente tra le parti.
Il giudice del primo grado aveva ritenuto non costituisse affatto una sottoscrizione l'accesso alla propria area riservata, mediante credenziali di accesso, e la pressione del bottone di assenso (point and click), e che la sottoscrizione di quel contratto necessitasse di una firma digitale o qualificata e non di una semplice firma elettronica.
Giudizio poi riformato in appello, ritenendo la corte del secondo grado che secondo la normativa applicabile fosse sufficiente la sottoscrizione del documento informatico con firma elettronica "semplice" per integrare il requisito legale della forma scritta anche ad substantiam, onde nella specie doveva perciò reputarsi bastevole l'operazione compiuta da Tizio, previo accesso alla propria area riservata, mediante il "point and click".
E’ l’occasione per la Corte di Cassazione (Sez. I, Ordinanza n. 9413 depositata in data 9 aprile 2021) per riaffrontare la questione dei requisiti della validità della sottoscrizione di contratti on line.
La sottoscrizione del contratto on-line e forma scritta
La Corte riepiloga lo sviluppo della normativa che ha interessato la regolamentazione della contrattazione on-line e citiamo qui la svolta introdotta dalle modifiche apportate nel 2002 (d.lgs. 10/2002) con il recepimento della Direttiva CEE 1999/93/CE, al d.P.R. 445/2000 (T.U. testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa).
Scrive la Corte che la riformulazione, qui introdotta, dell'art. 10 d.P.R. 445/2000, dettava queste linee fondamentali:
a) il documento informatico privo di sottoscrizione ha l'efficacia probatoria dell'art. 2712 (art. 10, comma 1), come il fax tanto per intenderci;
b) il documento informatico sottoscritto con firma elettronica, soddisfa il requisito legale della forma scritta ed esso è sul piano probatorio liberamente valutabile, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità e sicurezza (art. 10, comma 2);
c) il documento informatico sottoscritto con firma digitale o con un altro tipo di firma elettronica avanzata, se la firma è basata su di un certificato qualificato ed è generata mediante un dispositivo per la creazione di una firma sicura, fa inoltre piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l'ha sottoscritto (art. 10, comma 3).
Da atto, infine, la Corte che successive modificazioni sono state poi introdotte con l'approvazione del Codice dell'Amministrazione digitale, senza tuttavia alterare questo impianto di base.
Firma elettronica e firma digitale: breve riassunto
Torniamo per un attimo alla formazione del concetto di firma digitale, avvenuta qualche decennio fa, quando erano rare le chiavette o smart-card per la firma digitale e l’unico modo diffuso per determinare la manifestazione di volontà era l’inserimento di password o con il cliccare un determinato elemento del sito web, fosse una spunta (checkbox in termini tecnici) o un pulsante (button).
In quel tempo prendeva corpo la normativa tesa a regolamentare tali atti e manifestazioni di volontà e, ad oggi, sostanzialmente, come ricorda la Corte, è rimasta la stessa.
E’ opportuno, tuttavia, prendere atto delle diverse manifestazioni nelle quali di ritiene integrato il concetto di “documento informatico”.
Documento informatico secondo il CAD è la «rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti» (cfr. art. 1, lett. p). Nella sostanza: è un file.
Firmare un file.
Vi è un primo esempio, facile da comprendere, che viene in essere ogni qual volta ci ritroviamo con un file di qualche genere, magari posizionato sul nostro dispositivo elettronico (PC, notebook, tablet, ecc) e che, conseguentemente, è a nostra disposizione. Seppur costituito da bit sappiamo esistere fisicamente nel PC ed essere qualcosa di gestibile da parte del possessore, mediante i vari programmi di gestione dei file.
Apporre una firma a questo tipo di file, nell'odierno stato della tencologia, è concepibile solo con la apposizione di una firma digitale (firma elettronica avanzata) mediante la nostra chiavetta e con l’ausilio di un programma di firma.
Se qualcuno ci chiedesse di firmare con firma elettronica semplice un file PDF o una immagine, forse andremmo in tilt ed è, a questo punto, opportuno ricordare (tornando ai vecchi tempi) che la firma elettronica di un documento informatico è principalmente una password.
Quindi, salvare un file word con una password oppure inserire una password in un file pdf equivale a firmarlo.
E’ evidentemente un concetto assai strano poiché ora siamo abituati alla verifica della autenticità eseguita da un organismo esterno. Ma tant’è. Dotato, nella sostanza, di scarsa efficacia probatoria, il file dotato di password è, abbiamo visto, sul piano probatorio liberamente valutabile, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità e sicurezza. Purtuttavia è un documento informatico sottoscritto.
La firma nel web: il point & click?
Quando ci spostiamo nel web tutto cambia e i parametri di riferimento non sono più gli stessi per il semplice motivo che non abbiamo più alcun file sul quale lavorare e, sopratutto, se anche ci fosse non è a nostra disposizione trovandosi sul server del fornitore del servizio.
Eppure è proprio sul web che avvengono la maggior parte delle transazioni, ovvero la manifestazione di volontà con sottoscrizione del contratto.
Un interessante precedente in materia di firma mediante click sul sito arriva dalle SS.UU. (civili Ord. 3561 del 13/02/2020) che in un passaggio di una motivazione focalizzata su ben altro scrive: “ Non si contesta nel caso di specie, da parte dei ricorrenti, che la clausola sia stata accettata dall'acquirente spuntando la relativa casella nel modulo di acquisto compilato on line, secondo il sistema in uso del point and click, passaggio necessario per poter concludere l'acquisto con il pagamento in modalità elettronica, né che il testo delle condizioni generali di contratto fosse accessibile e scaricabile aprendo un link. Non è stata posta in discussione, nel caso di specie, la validità e la vincolatività per l'aderente delle condizioni generali di contratto in tal modo incluse nei contratti conclusi on line, accettate flaggando la relativa casella (in senso positivo alla validità di tali clausole, in conformità a quanto affermato dalla Corte di Giustizia con la sentenza 21 maggio 2015, C-322/14, Cars on the web si è espressa Cass. S.U. n. 21622 del 2017, secondo la quale "tali modalità di stipulazione dell'accordo di proroga della giurisdizione devono ritenersi valide in base al disposto dell'art. 23, par. 1, del richiamato regolamento Bruxelles I, a mente del quale la forma scritta, imposta per tali accordi, «comprende qualsiasi comunicazione con mezzi elettronici che permetta una registrazione durevole dell'accordo attributivo di competenza»: la Corte di giustizia dell'Unione europea, infatti, ha statuito che, ove la clausola di proroga della giurisdizione sia contenuta in condizioni generali di contratto disponibili mediante accesso ad un sito Internet, si è in presenza di «una comunicazione elettronica che permette di registrare durevolmente tale clausola, ai sensi di tale disposizione, allorché consente di stampare e di salvare il testo di dette condizioni prima della conclusione del contratto»”.
Ritroviamo i concetti consolidati del point & click e del supporto duraturo.
Quanto è espresso dalle SS.UU. è principio applicabile ad ogni clausola e non solo all’accordo di competenza. Vale per le clausole vessatorie, per il consenso informato e anche per la sottoscrizione dell’intero contratto.
Si noti, tuttavia, come in tutto il brano citato non si faccia alcun riferimento ad un “documento informatico”. Si fa riferimento, invece, al cd. “supporto duraturo” 1 o durevole vale a dire la stampata del contratto, o il salvataggio in forma durevole e non modificabile dello stesso, o l’invio del tutto tramite email. Il tutto avente lo scopo di proteggere l’interessato dalla potenziale evanescenza (o modificabilità) delle pagine dei siti web.
Il provvedimento della Corte di Cassazione n. 9413 del 09/04/2021, in commento, invece, fa continuamente riferimento al documento digitale sottoscritto seppur si sia trattato di un contratto di acquisto on-line di titoli di borsa, quindi senza un file di riferimento sul quale apporre una firma.
Ad esempio leggiamo in motivazione: “orbene, nell'aver ritenuto sufficiente ai fini dell'integrazione contrattuale abilitante la negoziazione in covered warrant la mera firma elettronica apposta dal G. per mezzo del "point and click" presente nella sua area riservata, la decisione impugnata si è esattamente allineata al quadro di diritto vigente ratione temporis e alla distinzione che esso ha voluto sanzionare nel campo della sottoscrizione dei documenti informatici tra firma elettronica e firma digitale, ritenendo la prima in grado di soddisfare il requisito della forma scritta allorché ne sia prescritta l'adozione ad substantiam”.
Prendo atto della posizione della S.C.
Avendo tuttavia il desiderio di agevolare la creazione di una qualche forma di organizzazione del ragionamento logico-giuridico in materia si permettano queste considerazioni riguardanti la manifestazione di volontà on-line.
Invece di ricorrere ad artifici logici che sono destinati a scontrarsi con la realtà dei dati e dei fatti, si potrebbe ritenere più in linea con le necessita di inquadramento della materia il considerare i fatti per quello che sono. Nella trattativa on line non si ha la formazione di un file sul quale si possa apporre una firma, fosse anche solo una password. Non si ha neppure la rappresentazione grafica di un documento come è, ad esempio un fax. Quante volte è stata sollevata la questione di aver sì cliccato il tasto “invia” sulla pagina del sito ma senza che la spunta, il flag, di una determinata clausola fosse stato attivato, trovandosi invece l'utente alla conclusione della procedura con quella clausola spuntata, come per approvata.
E’ proprio a questo che serve il concetto di supporto durevole poiché basta una email dove poter controllare il testo definitivo per poter sollevare immediatamente le questioni del caso. In caso di mancanza di contestazione di quella email è naturale che si possa dare per scontata la correttezza dell’operazione.
Come possiamo vedere abbiamo già sintetizzato la sostanza della rappresentazione della manifestazione di volontà: è un insieme di atteggiamenti concordanti e che all’unisono conducono all’assenso, alla manifestazione di voler concludere il contratto.
Difficile tornare ad affermare – come si faceva circa vent’anni fa – che il semplice entrare nell’ara riservata (mediante inserimento di un account e password) sia sufficiente per giustificare qualunque successiva manifestazione di volontà.
L’effettuazione del login, il flaggare (termine adottato dalle SS.UU. su citate) una casella e cliccare su un tasto di invio costituiscono senza dubbio una manifestazione di volontà: il problema è la relativa prova. In particolare il problema della prova si pone poiché si è in assenza di un file e le registrazioni avvenute nel sito sono di parte, senza contare la loro facile modificabilità ed evanescenza.
Il log-in ed il click creano una firma su un documento informatico? Dov’è il documento? In che cosa consiste in questo caso?
Abbiamo visto che documento informatico è la «rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti». Nelle operazioni effettuate nel web sicuramente varie registrazioni vi sono state, come la creazione di cookies, variabili di sessione, delle registrazioni su varie tabelle di un database che, vi assicuro, sono spezzettate ed incomprensibili a chiunque non abbia creato il sistema. In ogni caso l'utente non ha minimamente accesso a questi dati.
Possiamo dire che una certa registrazione (invece che “rappresentazione”), vi sia stata dell’attività dell’utente del sito. Possiamo definire questo un documento informatico? Io non credo, perché se ciò fosse, qualunque cosa che transita attraverso un circuito elettronico dovrebbe essere inquadrata nel concetto di documento informatico.
Quanto al “giuridicamente rilevante”, in un mondo burocratico complesso come il nostro, quasi qualunque flusso di dati ha una sua valenza giuridica. ovviamente su fronti diversi (ad esempio da valutare sul costo dello spazio occupato, della paternità del dato contenuto, delle implicazioni sulla sicurezza o privacy, ecc.).
Forse sarebbe stato più corretto identificare il documento informatico nella rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti riposti in un unico file. Solo in questo modo non ci si perde nelle sconfinate possibilità della etereità del dato informatico. Se ci si pensa, anche un contratto può essere perfezionato attraverso lo scambio di numerosi documenti (lettere, fax, email) e pur tuttavia nessuno viene a dirci che ciò costituisce un unico documento. Rimangono tanti diversi documenti che tutti insieme formano il contratto.
Certo ciò non cambierebbe la difficoltà di individuare un documento informatico nella conclusione di contratti on line. Qui il contratto si conclude, a voler essere strettamente collegati alla realtà, con una serie di comportamenti concludenti. Difficile, a questo punto, far riferimento ad una firma, a meno che per firma si intenda proprio l'insieme dei comportamenti.
Chiarito il concetto di firma, un dato che non è possibile ignorare è che nel linguaggio sia comune che giuridico, per firma o sottoscrizione si intende un segno attraverso il quale sia raggiungibile l'identità, l'identificazione, del sottoscrittore.Scopo principe della firma è l'attribuzione della paternità del documento. L'inserimento di una password (e/o un account) che siano presumibilmente conservati e conosciuti solamente dal titolare permette, effettivamente, di poter presumere la paternità dei comportamenti compiuti all'interno di quell'area riservata..
In conclusione si potrebbe riassumere affermando che nella contrattazione online può essere creato un sistema di attribuzione di paternità (di qui il concetto di firma) ma non su un documento. Una novità, certo. Un concetto non ancora completamente digerito dal sistema che cerca in qualche modo di utilizzare consolidati schemi per risolvere la sfida giuridica che pone la (ormai non tanto) novità.
Nel web, quindi, si hanno delle firme sul comportamento. Qualcosa paragonabile ad un fatto ripreso da una videocamera ove si vede chiaramente e si identifica l'artefice dei fatti. Una prova della paternità, si, ma non di un documento, bensì di una serie di comportamenti concludenti. L'attribuzione di una valenza giuridica forte a questi comportamenti, che indicano una paternità, potrebbe essere presa finalmente in considerazione dal legislatore, invece ancora legato al concetto di sottoscrizione del documento ad substantiam del codice di 80 anni fa.
Infine, va sottolineato come nel settore bancario si sia evoluto il sistema della manifestazione di volontà mediante la previsione della necessità di un PIN variabile da inserire in quasi tutte le operazioni e di certo per quelle più rilevanti.
Ciò non toglie, tuttavia, l'attenzione all'argomento visto che le novità sono state introdotte solamente per il settore bancario. La rimanente parte degli acquisti on line viene eseguita senza ricorrere a token, PIN variabili o SPID.
Avv. Luca Marco Rasia
___________
1 Supporto durevole al quale, tanto per fare un esempio, fa riferimento ora anche l’art. 120 quater – Modalita' dell'informazione del Codice delle Assicurazioni che così recita:
1. Tutte le informazioni di cui agli articoli 119-ter, 120, 120-bis, 120-ter, 121-sexies, 185, 185-bis e 185-ter sono comunicate ai contraenti:
a) su supporto cartaceo;
b) in modo corretto, esauriente e facilmente comprensibile;
c) in lingua italiana o in altra lingua concordata dalle parti;
d) a titolo gratuito.
2. In deroga a quanto previsto dal comma 1, lettera a), le informazioni di cui al comma 1 possono essere fornite al contraente con uno dei seguenti mezzi:
a) un supporto durevole non cartaceo, laddove siano soddisfatte le condizioni di cui al comma 4;
b) un sito Internet, laddove siano soddisfatte le condizioni di cui al comma 5.
3. Se le informazioni di cui al comma 1 sono fornite per mezzo di un supporto durevole non cartaceo o tramite un sito Internet, al cliente viene gratuitamente fornita, su richiesta, una copia in formato cartaceo.
...
---------------------------------------
Di seguito il testo di
Corte di Cassazione Sez. I, Ordinanza n. 9413 del 09/04/2021
Se sei registrato esegui la procedura di Login, altrimenti procedi subito alla Registrazione. Non costa nulla!