Va tassato il provvedimento che definisce un giudizio di valore inferiore ad euro 1033,00 ?
Sulla imposta di registro dei provvedimenti che definiscono cause di valore inferiore ad euro 1033,00 in tutti i gradi di giudizio. Circolare del Ministero della Giustizia

Vanno trasmesse all’ Agenzia delle Entrate le sentenze che abbiano un valore inferiore a euro 1.033,00. E se si tratta di sentenza di Tribunale che decide in appello su sentenza del Giudice di Pace?
Il Ministero della Giustizia DAG, con Circolare del 21 aprile 2022, affronta la questione a 360 gradi, indipendentemente dal grado di giudizio, dall'ufficio giudiziario adito e dal tipo di processo instaurato, di cognizione, esecutivo o cautelare, penale con costituzione di parte civile.
Coordinando l’orientamento consolidato della Corte di Cassazione, il parere dell’Agenzia delle Entrate, il Ministero della Giustizia conclude che la disposizione di favore contenuta nel’articolo 46 della legge n. 374 del 1991, deve applicarsi a tutti gli atti e provvedimenti relativi a controversie il cui valore non eccede la somma indicata di euro 1.033,00, indipendentemente dal grado di giudizio e dall'Ufficio giudiziario adito.
Si rimanda alla lettura del provvedimento.
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Di seguito il testo della Circolare del 21 aprile 2022
Ministero della Giustizia
DIPARTIMENTO PER GLI AFFARI DI GIUSTIZIA
DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI INTERNI
UFFICIO I
REPARTO I- SERVIZI RELATIVI ALLA GIUSTIZIA CIVILE
Al sig. Presidente della Corte Suprema di cassazione
Ai sigg. Presidenti di Corte di appello
Ai sigg. Presidenti di tribunale
LORO SEDI
e, p.c.,
al sig. Capo di Gabinetto
all’Ispettorato generale
al sig. Capo Dipartimento per gli affari di giustizia
Oggetto: imposta di registro sui provvedimenti di rigetto nelle cause di valore inferiore ad euro 1033,00
Sono pervenuti a questa Direzione generale alcuni quesiti volti a chiarire se sia dovuto il versamento dell’imposta di registro sulle sentenze che, pur rigettando nel merito la richiesta, si riferiscano a procedimenti il cui valore non eccede l'importo di euro 1.033,00.
In particolare, gli uffici giudiziari fanno presente che dall’esame delle recenti pronunce della Corte di Cassazione è possibile dedurre il principio secondo il quale “non sono soggetti a registrazione î provvedimenti adottati indipendentemente dal grado di giudizio, dall'ufficio giudiziario adito e dal tipo di processo instaurato - di cognizione, esecutivo o cautelare, penale con costituzione di parte civile (non solo in caso di appello avverso le sentenze del giudice di Pace) - se il valore non eccede € 1.033,00, anche se inerenti una causa iniziata per un valore superiore, essendo l'imposta di registro relativa all'atto (al decisum), all'effettivo contenuto del provvedimento”.
Tenuto conto della posizione assunta dalla Suprema Corte, molti uffici giudiziari non trasmettono all’ Agenzia delle entrate, per la relativa tassazione, le sentenze che abbiano valore inferiore a euro 1.033,00, indipendentemente dal giudice adito e dal grado di giudizio a cui si riferiscono.
Ciò posto, tenuto conto della competenza funzionale dell’ Agenzia delle entrate in tema di imposta di registro e considerata la posizione ormai consolidata della Corte di Cassazione sull’argomento oggetto di valutazione, questa Direzione generale, nel ritenere opportuno uniformarsi all'indirizzo indicato dal giudice di legittimità, ha proposto formale interpello all’ufficio finanziario per acquisirne il preventivo parere, fornendo le valutazioni che seguono.
L'art. 46 della legge 374 del 21 novembre 1991 (norma istitutiva dell’Ufficio del Giudice di Pace), come modificato dall’art. 1, comma 308, della legge n. 311 del 30 dicembre 2004, prevede che “Le cause e le attività conciliative in sede non contenziosa il cui valore non eccede la somma di euro 1.033,00 e gli atti e i provvedimenti ad esse relativi sono soggetti soltanto al pagamento del contributo unificato, secondo gli importi previsti dall’articolo 13 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e successive modificazioni”.
L'Agenzia delle entrate con risoluzione n. 48 del 18 aprile 2011, ha chiarito l’ambito di applicazione di tale norma precisando che “detta disposizione di favore trova applicazione solo per gli atti e i provvedimenti relativi al giudizio dinanzi al giudice di pace e non anche a quelli emessi dal tribunale ordinario in sede di appello avverso i predetti provvedimenti”.
Successivamente, la Corte di Cassazione con sentenza n. 16310 del 16 luglio 2014, ha sostenuto che l’art. 46, comma 1, della legge 374 del 1991, nella sua attuale formulazione, “si riferisce alle attività conciliative in sede non contenziosa il cui valore non eccede la somma di euro 1.033,00, ciò che abilita l'interprete a ritenere che il legislatore abbia voluto fare riferimento, ai fini dell’esenzione e per quanto qui ne rileva, alle sentenze adottate in tutti i gradi di Giudizio”: ciò in quanto — continua la Suprema Corte — “la previsione normativa appare coinvolgere l’intero sviluppo del procedimento giudiziale che in primo grado è attribuito alla competenza del predetto organo giudiziale” — id est il giudice di pace — “sorto l'egida dell’unica condizione che si tratti di cause il cui valore non ecceda la sommà di euro 1.033,00”;
A fronte di tale pronuncia l’ Agenzia delle entrate ha emanato la risoluzione n. 97/E del 10 novembre 2014, con la quale, rettificando la precedente risoluzione n. 48 del 2011, ha precisato che “in considerazione dei principi enunciati dalla Corte di Cassazione con le richiamate sentenze e del parere reso dall'Avvocatura generale dello Stato con nota n. 322080 del 28 luglio 2014 , in ordine alla condivisibilità delle affermazioni di principio espresse dai giudici di legittimità, si ritiene che il regime esentativo per valore previsto dall'articolo 46 della legge n. 374 del 1991 (per le cause e le attività conciliative in sede non contenziosa il cui valore non eccede € 1.033,00) debba trovare applicazione non solo in relazione agli atti e provvedimenti relativi al giudizio dinanzi al giudice di pace ma anche agli atti e provvedimenti emessi dai giudici ordinari nei successivi gradi di giudizio”...
In data 21 marzo 2016, la Direzione generale della giustizia civile, interpellata dagli uffici giudiziari sul corretto ambito applicativo della risoluzione citata, con circolare DAG n. prot. 52330.U, ha chiarito che "alla luce della sentenza della Suprema Corte di cassazione n. 16310 del 16 luglio 2014 e della risoluzione dell’Agenzia delle entrate n. 97/E del 10 novembre 2014, l'esenzione dal pagamento dell'imposta di registro debba riguardare non solo le sentenze emesse in primo grado dal giudice di pace il cui valore non sia superiore ad euro 1.033,00, ma anche gli eventuali provvedimenti emessi nei successivi gradi di giudizio".
Successivamente alla sentenza n. 16310 del 2014, la Corte di Cassazione è nuovamente intervenuta in argomento, con diverse ulteriori pronunce con le quali il regime di esenzione previsto dal citato art. 46 della legge 374 del 1991, è stato ritenuto applicabile a tutte le pronunce il cui valore sia inferiore ad euro 1.033,00, indipendentemente dal grado del giudizio, dall’oggetto del procedimento e dal giudice adito.
In particolare con l’ordinanza n. 31278 del 4 dicembre 2018, la Suprema Corte ha precisato che la ratio dell’articolo 46 della legge n. 374 del 1991, istitutiva del Giudice di pace, “è quella di esonerare tali cause dal carico fiscale perché di minimo valore, ovvero di alleviare l'utente dal costo del servizio di giustizia per le controversie di valore più modesto: l'imposta di registro infatti è proporzionale al valore, mentre ai fini impositivi risulta indifferente l'organo giudiziario che ha emanato il provvedimento”, di conseguenza, prosegue la Suprema Corte, “rispetto a tale finalità risulta coerente solo la previsione di una esenzione generalizzata, in deroga al disposto dell'art. 37 del d.P_R. n.131 del 1986, che escluda dal pagamento della tassa di registro tutte le sentenze adottate nelle procedure giudiziarie di valore inferiore ad euro 1.033,00, indipendentemente dal grado di giudizio e dall'ufficio giudiziario adito”.
Dello stesso tenore la più recente ordinanza n. 21050 del 2 ottobre 2020, con la quale si ribadisce che “questa Corte (da ultimo, Cass. n. 31278 del 2018) ha chiarito che il fatto che l'art. 46 della L. n. 374/1991 risulti inserito nel corpo normativo recante l'istituzione del giudice di pace non costituisce elemento decisivo per ancorare l'operatività della norma suddetta solo agli atti emessi dal giudice di pace, posto che l'unica condizione oggettiva richiesta è che si tratti di «cause [...] il cui valore non ecceda la somma di € 1.033,00». Si è sottolineato che la ratio della disciplina è quella di esonerare tali cause dal carico fiscale perché di minimo valore e, quindi, di alleviare l'utente dal costo del servizio di giustizia per le controversie di valore più modesto: l'imposta di registro, infatti, è proporzionale al valore, mentre ai fini impositivi risulta indifferente l'organo giudiziario che ha emanato il provvedimento. Rispetto a tale finalità risulta coerente solo la previsione di una esenzione generalizzata, in deroga al disposto dell'art. 37 del dA. P.R. n. 131 del 1986, che escluda dal pagamento dell 'imposta di registro tutti i provvedimenti adottati nelle cause di valore non superiore ad € 1.033,00, indipendentemente dal grado di giudizio, dall'ufficio giudiziario adito e dal tipo di processo (di cognizione, esecutivo 0 cautelare) instaurato”.
Da ultimo, con ordinanza n. 4725 del 22 febbraio 2021, la sesta sezione civile della Corte di Cassazione, richiamando quanto già affermato nelle precedenti ordinanze del 2018 e del 2020, ha precisato che “i! fatto che V’art. 46 della L. n. 374 del 1991, risulti inserito nel corpo normativo recante l’istituzione del giudice di pace non costituisce elemento decisivo per ancorare l'operatività della norma suddetta solo agli atti emessi dal giudice di pace, posto che l’unica condizione oggettiva richiesta è che si tratti di “cause {...) il cui valore non ecceda la somma di Euro 1.033,00", con la conseguenza, prosegue la Suprema Corte, che “l'enunciazione di tale principio non è stata, pertanto, limitata ai soli provvedimenti emessi da giudici diversi dal Giudice di Pace in sede di impugnazione di provvedimenti emessi dal Giudice di Pace, ma è stata estesa a tutte le controversie, in considerazione del solo valore della causa, indipendentemente dal grado di giudizio e dall'ufficio giudiziario adito”.
Ciò posto, tenuto conto della giurisprudenza ormai costante della Suprema Corte di Cassazione, questa Direzione generale ha informato l’ Agenzia delle entrate della intenzione di diramare agli uffici giudiziari disposizioni conformi al dettato del giudice di legittimità.
L’Agenzia delle entrate, con nota prot. AGE63171, ha risposto all’interpello affermando che “tenuto conto della consolidata posizione espressa dalla Corte di Cassazione, si ritiene, concordemente al Ministero istante, che la disposizione di favore contenuta nell’articolo 46 della legge n. 374 del 1991, secondo cui “per le cause e le attività conciliative in sede non contenziosa il cui valore non eccede la somma di euro 1.033,00 e gli atti e i provvedimenti ad esse relativi sono soggetti soltanto al pagamento del contributo unificato”, debba applicarsi a tutti gli atti e provvedimenti relativi a controversie il cui valore non eccede la somma indicata di euro 1.033,00, indipendentemente dal grado di giudizio e dall'Ufficio giudiziario adito”.
Le SS.LL. sono pregate, per quanto di rispettiva competenza, di assicurare idonea diffusione della presente nota.
Roma, 21 aprile 2022
Il Direttore Generale