Validità del contratto con intento di recare pregiudizio ad altri
La Corte di legittimità, con Sentenza, Sez. I Civ., del 28 settembre 2016, n. 19196, conferma la validità di un contratto contenente attività negoziali pregiudizievoli per i terzi.

La Corte di legittimità, con Sentenza, Sez. I Civ., del 28 settembre 2016, n. 19196, conferma la validità di un contratto contenente attività negoziali pregiudizievoli per i terzi.
Nel caso esaminato dalla Suprema Corte, la Banca ALFA aveva chiesto l'ammissione in via ipotecaria al passivo del fallimento BETA SRL del proprio credito di cui una parte per saldo capitale del contratto di mutuo edilizio del 28 gennaio 1994, concesso dalla Banca ALFA e garantito da ipoteca iscritta. Il Fallimento ha negato la possibilità di ammettere il credito al passivo e comunque di ammetterlo in via ipotecaria, eccependo la nullità del contratto di mutuo perché stipulato al solo fine, comune a entrambe Le parti, di precostituire una situazione di indebito vantaggio in favore della banca in vista della ritenuta prossima apertura di una procedura concorsuale, con ricorrenza di una causa illecita in quanto corrispondente alla volontà di alterare la par condicio creditorum. Il Giudice di primo grado ha dichiarato la nullità del contratto di mutuo e dalla iscrizione di ipoteca ex artt. 1345 e 1419 c.c. ritenendo la stipulazione del contratto avvenuta con il comune e illecito motivo di alterare la par condicio creditorum. E’ stato proposto appello, contestando la dichiarazione di nullità del contratto essendo in ipotesi esperibile l'azione revocatoria ex art. 67 L.F. 5. La Corte di appello di Perugia ha respinto l'appello ritenendo sussistenti le cause di nullità già rilevate in primo grado e quella ulteriore di elusione di 4 norme imperative di cui all'art. 1344 c.c. 6.
La Corte di Cassazione, insignita della questione, con Sent., Sez. I Civ., 28/09/2016 n. 19196, conferma quanto già affermato in precedenza, disponendo che in assenza di una norma che vieti, in via generale, di porre in essere attività negoziali pregiudizievoli per i terzi, il negozio lesivo dei diritti o delle aspettative dei creditori non è, di per sé, illecito, sicché la sua conclusione non è nulla per illiceità della causa, per frode alla legge o per motivo illecito determinante comune alla parti, apprestando l'ordinamento, a tutela di chi risulti danneggiato da tale atto negoziale, dei rimedi speciali che comportano, in presenza di particolari condizioni, l'applicazione della sola sanzione dell'inefficacia (richiamando Cass. civ., sez. III, n. 23159 del 31 ottobre 2014).
Il motivo illecito che, se comune e determinante, determina la nullità del contratto, si identifica con una finalità vietata dall'ordinamento perché contraria a norma imperativa, ai principi dell'ordine pubblico o del buon costume, ovvero poiché diretta ad eludere, mediante detta stipulazione, una norma imperativa. Pertanto, l'intento delle parti di recare pregiudizio ad altri - quale quello di attuare una frode ai creditori, di vanificare un'aspettativa giuridica tutelata o di impedire l'esercizio di un diritto - non è illecito, ove non sia riconducibile ad una di tali fattispecie, non rinvenendosi nell'ordinamento una norma che sancisca in via generale (come per il contratto in frode alla legge) l'invalidità del contratto in frode dei terzi, per il quale, invece, l'ordinamento accorda rimedi specifici, correlati alle varie ipotesi di pregiudizio che essi possano risentire dall'altrui attività negoziale (richiamando Cass. civ. sez. I, n. 20576 del 4 ottobre 2010, Cass. civ. S.U. n. 10603 dal 25 ottobre 1993).
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Di seguito il testo di
Corte di Cassazione Sentenza n. 19196 del 28/09/2016:
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