Locazioni non abitative: nulla la transazione che modifica il canone?

Nel corso di un contratto di locazione non abitativa le parti possono validamente pattuire una modifica in aumento del canone? Cassazione Sentenza n. 8669/2017

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Locazioni non abitative: nulla la transazione che modifica il canone?

Corte di Cassazione civile Sentenza n. 8669 del 04/04/2017 ha esaminato il problema della legittimità o meno della modifica dell'importo del canone di locazione di un immobile, destinato ad uso non abitativo, tramite accordi successivi alla sua stipulazione, nonchè la validità dell'eventuale transazione finalizzata a tale modifica.

Da un lato osta la previsione dell'art. 32 della legge n. 392 del 1978, in combinato disposto con l'art. 79, comma 1, secondo i quali una tale pattuizione, diretta ad attribuire al locatore un canone più elevato rispetto a quello pattuito, non può essere ammessa, ma da altro canto la Suprema Corte ha avuto modo di confermare la validità di accordi transattivi stipulati fra locatore e conduttore.

Afferma, infatti, la Suprema Corte: "E' vero che la giurisprudenza di questa Corte ha in più occasioni escluso che la L. n. 392 del 1978, art. 79, trovi applicazione anche in relazione alle transazioni su diritti disponibili".

Citiamo l'art. 79 Legge Equo Canone:

79. Patti contrari alla legge.
1. È nulla ogni pattuizione diretta a limitare la durata legale del contratto o ad attribuire al locatore un canone maggiore rispetto a quello previsto dagli articoli precedenti ovvero ad attribuirgli altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della presente legge.
2. Il conduttore con azione proponibile fino a sei mesi dopo la riconsegna dell'immobile locato, può ripetere le somme sotto qualsiasi forma corrisposte in violazione dei divieti e dei limiti previsti dalla presente legge.
3. ... omissis ...

Nel caso di specie inviata la comunicazione di disdetta alla conclusione del primo periodo del contratto (6 anni) - di cui si discute la validità - le parti avevano trovato un accordo per la prosecuzione del contratto con canone maggiorato.

Secondo la Corte d'Appello i principi sull'autonomia negoziale portano a ritenere che la validità del patto operi anche in caso di accordi intervenuti nel corso del rapporto, con conferma, pertanto, della validità del patto.

Non dello stesso parere la Corte di Cassazione, la quale pare aprire una eccezione alla regola della validità degli accordi transattivi.

La stessa parte ricorrente, del resto, vede i fatti con ottica diversa, ritenendo che la sentenza impugnata non avrebbe fatto applicazione della costante giurisprudenza di legittimità secondo cui il canone di locazione non può, nel corso del rapporto, essere rideterminato, ma solo aggiornato nei limiti di cui all'art. 32 cit.; sicchè ogni pattuizione finalizzata non all'aggiornamento bensì all'aumento del canone sarebbe da ritenere nulla per violazione dell'art. 79 citato.

Nelle locazioni ad uso diverso da quello abitativo, afferma la S.C., "ogni pattuizione avente ad oggetto non già l'aggiornamento del corrispettivo ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 32, ma veri e propri aumenti del canone, deve ritenersi nulla ai sensi dell'art. 79, comma 1, della stessa legge, in quanto diretta ad attribuire al locatore un canone più elevato rispetto a quello legislativamente previsto".

Salvo che tale incremento venga inizialmente pattuito in sede contrattuale: " ...  la clausola che prevede la determinazione del canone in misura differenziata e crescente per frazioni successive di tempo nell'arco del rapporto (c.d. canone a scaletta) è legittima a condizione che l'aumento sia ancorato ad elementi predeterminati ed idonei ad influire sull'equilibrio del sinallagma contrattuale ... ".

Ma, abbiamo detto, la Corte di Cassazione pur non negando espressamente la qualifica di transazione all'accordo intervenuto fra le parti ritiene "di dover ribadire che in un caso come quello in esame l'eventuale transazione stipulata in corso di rapporto non poteva avere altro scopo se non quello di consentire al locatore di lucrare un canone ben più alto di quello che gli sarebbe spettato secondo i criteri dell'art. 32 cit., e che il corrispettivo di tale operazione era costituito dal timore del conduttore che il locatore potesse procedere in via giudiziale (peraltro sulla base di una disdetta nulla, come si è visto a proposito del primo motivo del ricorso incidentale). Nel caso in esame, in realtà, le parti non hanno voluto un nuovo contratto, ma la prosecuzione di quello esistente con l'unica differenza costituita, appunto, dall'aumento del canone; si tratta, com'è evidente, di una transazione contraria a norma imperativa (l'art. 32 cit.), sia perchè finalizzata al raggiungimento di un risultato non consentito sia perchè avente ad oggetto un diritto non disponibile".

Se ne conclude che non tutte le transazioni stipulate in corso di contratto possono essere ritenute valide.

 

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Di seguito il testo di
Corte di Cassazione civile Sentenza n. 8669 del 04/04/2017

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso al Tribunale di Catania, Sezione distaccata di Acireale, la s.r.l. B.C. convenne in giudizio A.T., chiedendo che lo stesso fosse condannato alla restituzione dei maggiori canoni di locazione da essa attrice pagati sulla base di un accordo asseritamente nullo ai sensi della L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 79.

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