Esecuzione della volontà del testatore e sanatoria della donazione nulla
La convalida e conseguente sanatoria della donazione carente di forma mediante esecuzione spontanea parziale. Applicazione del principio "iura novit curia" Cassazione civile Sentenza n° 9091/2018

Il caso.
Tizia, legata sentimentalmente a Caio mentre quest’ultimo era in vita, reclamava nei confronti degli eredi l’esecuzione di una promessa di donazione a suo favore, dell’importo di 120 mila euro, così come voluto e manifestato da Caio prima di morire.
Nel corso di causa, Tizia attrice, dichiarava di avere ricevuto dagli eredi un primo versamento, in parziale attuazione della volontà del de cuius, ottenendo altresì dagli stessi una lettera nella quale si dichiarava che si sarebbe versata la rimanente parte. Chiedeva, quindi, il versamento di questa seconda tranche.
Gli eredi eccepivano la carenza della forma necessaria alla donazione e chiedevano la restituzione di quanto già versato.
In primo ed in secondo grado si avevano esiti diametralmente opposti.
La questione.
Ai sensi dell’art. 782 c.c. la donazione deve avere la forma dell’atto pubblico ad substantiam, a pena di nullità.
Tuttavia oggetto del ragionamento giuridico della richiedente il pagamento era la norma contenuta dall’art. 799 c.c.
Art 799 c.c. - Conferma ed esecuzione volontaria di donazioni nulle
La nullità della donazione, da qualunque causa dipenda, non può essere fatta valere dagli eredi o aventi causa dal donante che, conoscendo la causa della nullità, hanno, dopo la morte di lui, confermato la donazione o vi hanno dato volontaria esecuzione.
Poiché gli eredi avevano dato corso – almeno parzialmente – alla presunta volontà del deceduto, la donataria eccepiva l’impossibilità di sollevare da parte di questi ultimi la nullità della donazione.
Quanto alla lettera scritta dagli eredi nella quale si dichiarava di voler dare esecuzione alla rimanente parte della donazione, viene richiamato l’art. 1444 c.c.
Art 1444 c.c. Convalida.
Il contratto annullabile può essere convalidato dal contraente al quale spetta l'azione di annullamento, mediante un atto che contenga la menzione del contratto e del motivo di annullabilità, e la dichiarazione che s'intende convalidarlo.
Il contratto è pure convalidato, se il contraente al quale spettava l'azione di annullamento vi ha dato volontariamente esecuzione conoscendo il motivo di annullabilità.
La convalida non ha effetto, se chi l'esegue non è in condizione di concludere validamente il contratto.
Norma di diritto che più specificatamente in materia successoria viene riprodotta nell’art. 590 c.c.
590. Conferma ed esecuzione volontaria di disposizioni testamentarie nulle
La nullità della disposizione testamentaria, da qualunque causa dipenda, non può essere fatta valere da chi, conoscendo la causa della nullità, ha, dopo la morte del testatore, confermato la disposizione o dato ad essa volontaria esecuzione.
La decisione.
La Corte di Cassazione civile decide sul caso con Sentenza n° 9091 del 12/04/2018. Conferma la sentenza d’appello che aveva accolto la domanda di Tizia ad avere l’adempimento della donazione del de cuius.
La Corte d’appello aveva accolto appieno la convalida della donazione effettuata dagli eredi, ex art. 799 c.c., mediante adempimento spontaneo parziale da un lato e la sottoscrizione della lettera di conferma della volontà di adempiere la rimanente parte.
Ciò sana la pregressa nullità della donazione dando la possibilità al donatario di esigerne l’adempimento.
Una particolarità in merito al noto principio “iura novit curia” così spesso incompreso.
Una breve parte della motivazione della S.C. chiarisce che la corte del merito può sempre qualificare autonomamente la fattispecie giuridica datosi dalle parti i fatti, vale a dire la fattispecie concreta. E si cita: “Gli eredi avevano eccepito la novità della deduzione di controparte fondata sull'applicazione dell'art. 799 c.c.. La sentenza ha replicato che non si tratta di eccezione, ma di una argomentazione giuridica, considerata dalla sentenza di primo grado e comunque proponibile dal giudice in sede di qualificazione della domanda. Si legge nella sentenza d'appello: «D'altro canto, l'intera esposizione fattuale della vicenda - sopra ampiamente riferita - svolta in citazione di primo grado prospetta, pur non qualificandola, la fattispecie anzidetta. Il che significa che i fatti erano stati dedotti, restando sempre riservata al giudice ogni loro qualificazione»".
Il richiamo per la prima volta in appello della norma contenuta nell’art. 799 c.c. non costituisce un’eccezione la quale deve basarsi su fatti e argomentazioni già dedotti. Costituisce, invece, una mera argomentazione giuridica possibile in ogni grado del processo.
Aggiunge, ancora: “l'interpretazione della domanda giudiziale è operazione riservata al giudice del merito e non è censurabile in sede di legittimità quando sia motivata in maniera congrua e adeguata”.
Tuttavia, nella stessa motivazione la Corte di Cassazione apre - in contemporanea - ad un’altra possibile visione della dinamica processuale affermando: “ ... in tema di eccezioni in senso stretto, è stato precisato che per la loro proposizione non sono richieste formule sacramentali, essendo sufficiente che la volontà della parte di sollevarla sia desumibile, in modo non equivoco, dall'insieme delle sue difese, secondo un'interpretazione del giudice di merito che, se ancorata a correnti canoni di ermeneutica processuale, non è censurabile in sede di legittimità”, vale a dire che in ogni caso pur non avendo citato espressamente l’articolo del codice l’eccezione poteva in ogni caso dirsi sollevata sulla base delle argomentazioni e fatti dedotti.
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Di seguito il testo di
Corte di Cassazione civile Sentenza n° 9091del 12/04/2018
FATTI DI CAUSA
1. V.O. chiamava in giudizio dinanzi al tribunale di Asti gli eredi di G.F.M., deducendo che il defunto, cui era stata legata sentimentalmente, aveva prima di morire assunto la determinazione di donarle la somma di Euro 120.000,00. Precisava che gli eredi, resi edotti della volontà del defunto, vi avevano prontamente dato parziale attuazione, versando la somma di Euro 50.200,00, formalizzando poi, con lettera del 10 marzo 2006, l'impegno a pagare la differenza. Essendo poi mancato l'adempimento spontaneo, la V. ne chiedeva la condanna al pagamento della somma di Euro 69.200,00.
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