Prescrizione del credito per bollo auto dopo la notifica della cartella di pagamento non opposta
La Suprema Corte si pronuncia sulla prescrizione del credito per bollo auto, dopo la notifica della cartella di pagamento non opposta. Cassazione civile Ord. 25420/2018

- IL CASO CONCRETO:
al contribuente veniva notificata, da parte di Equitalia, quale agente della riscossione, incaricato dalla regione competente, una cartella di pagamento, relativa all’omesso pagamento del bollo auto.
Il contribuente non impugnava il suddetto atto, che diveniva definitivo.
Successivamente, Equitalia notificava, al contribuente, l’atto di intimazione di pagamento, dopo tre anni dalla notifica della cartella di pagamento innanzi citata.
- GIUDIZIO DI PRIMO GRADO, DINANZI ALLA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE:
il contribuente impugnava, innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale compente, tale atto, nei confronti sia dell’agente della riscossione sia nei confronti dell’ente impositore, eccependo la prescrizione del credito tributario, per effetto del decorso del termine triennale, previsto dalla legge per la tassa di circolazione, maturato dopo la notifica della cartella di pagamento, ma prima della notifica dell’intimazione di pagamento.
Il Giudice di prime cure respingeva il ricorso del contribuente, sostenendo che, nonostante il credito per la riscossione del bollo auto si prescriva nel termine di tre anni, l’azione esattiva, azionata con la cartella di pagamento, è soggetta al termine di prescrizione quinquennale, ai sensi dell’art. 2948 n. 5 del C.C..
Nella sentenza di primo grado, inoltre, veniva negata la legittimazione passiva dell’ente impositore (Regione), nel giudizio in questione.
- GIUDIZIO DI APPELLO, DINANZI ALLA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE:
il contribuente appellava la sentenza “de qua”, dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale, ribadendo l’estinzione, per prescrizione triennale del credito tributario, in quanto l’interruzione del termine triennale, per effetto della notifica della cartella di pagamento, ai sensi dell’art. 2945 del C.C., determina il decorso di un nuovo termine, di egual durata e natura di quello previsto dalla legge per il tributo, fatta eccezione per l’ipotesi in cui fosse intervenuta una sentenza di condanna passata in giudicato.
In quest’ultima ipotesi, ai sensi dell’art. 2953 del C.C., la prescrizione del diritto, oggetto della pronuncia, è di dieci anni, anche se il termine originario era più breve.
Nell’atto di appello, il contribuente sosteneva, altresì, la legittimazione passiva sia dell’ente impositore, interessato necessariamente al giudizio relativo alla possibile estinzione del tributo, sia dell’agente della riscossione, autore dell’atto di intimazione, impugnato, perché notificato oltre il termine di prescrizione triennale.
La Commissione Tributaria Regionale adita, con motivazione molto sintetica, respingeva il gravame, confermando quanto affermato dal Giudice di primo grado in ordine alla prescrizione del tributo e non pronunciandosi sulla “legitimatio ad causam”, dal lato passivo, dell’ente impositore.
- GIUDIZIO DINANZI ALLA CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. TRIBUTARIA:
Il contribuente interponeva ricorso per Cassazione, basando l’impugnazione su due motivi:
I) violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360, primo comma, n. 3 del C.P.C., dell’art. 19, comma 2, della Legge Regionale 31/2005, dell’art. 3, del D.L. 2/1986, convertito in Legge 60/1986 e dell’art. 2945 del C.C..
Il motivo di gravame veniva corroborato dalle seguenti osservazioni:
a) il diritto alla riscossione del bollo auto, ex art. 3 del D.L. 2/1986, convertito in L. 60/1986 ed ex art. 19, comma 2, della L. R. Toscana 31/2005, si prescrive con il decorso del terzo anno successivo a quello in cui doveva essere effettuato il pagamento (Cass. Civ., Sez. trib., 10067/2014).
Ai sensi della citata normativa, quindi, il credito tributario “de quo” è soggetto alla prescrizione triennale, che, per il primo anno, inizia a decorrere l’anno successivo a quello in cui doveva essere pagato il tributo;
b) ai sensi dell’art. 2945 del C.C., in caso di notifica, al debitore, di un atto di costituzione in mora, il termine di prescrizione è interrotto ed inizia a decorrere un nuovo periodo di prescrizione, di eguale natura e durata, salvo che sia intervenuta una sentenza di condanna passata in giudicato, ex art. 2953 del C.C., che converte il termine breve, in quello decennale (Cass. Civ., Sez. Un., 23397/2016);
c) la cartella di pagamento non ha un proprio termine di prescrizione, avendo natura di titolo esecutivo e di precetto (Cass. Civ., Sez. Trib., 12263/2007), ma costituisce il mezzo amministrativo per far valere il credito tributario, che non muta natura ed è soggetto al proprio termine di prescrizione, se specificamente previsto, in difetto viene applicato il termine ordinario di dieci anni, ex art. 2946 del C.C..
Non sussiste alcuna norma che preveda un termine di prescrizione proprio della cartella di pagamento, né sussiste alcuna norma che converta il termine di prescrizione, espressamente, previsto per un diritto, in quello quinquennale, in seguito alla notifica della cartella innanzi citata e/o per la mancata impugnazione della stessa;
d) il Giudice di secondo grado, così come quello di primo grado, nel caso di specie, pur affermando la prescrizione quinquennale della cartella di pagamento, non sono stati in grado di indicare alcun dato normativo, a fondamento della propria decisione;
e) né può essere invocato come, invece, erroneamente, sostenuto nella sentenza di primo grado e confermato in quella del gravame, l’art. 2948 n. 4 del C.C., che prevede la prescrizione quinquennale per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno od in termini più brevi, in quanto, per il diritto alla riscossione del bollo auto, è previsto un termine di prescrizione specifico,
di cui agli artt. 3 del D.L. 2/1986, convertito in L. 60/1986 e 19, comma 2, della L. R. Toscana 31/2005 (Cass. Civ. trib. 10067/2014);
f) la sentenza impugnata, dunque, viola i suddetti artt. 3 del D.L. 2/1986, convertito in L. 60/1986 e 19, comma 2, della L. R. Toscana 31/2005, non applicandoli al diritto di riscossione del bollo auto “de quo”, anche se specificamente previsti per tale tributo, facendo regolare la fattispecie, dall’art. 2948 n. 4, innanzi citato.
Quest’ultima normativa, invece, prevede la prescrizione quinquennale di tutti quei diritti, aventi le caratteristiche in essa dettate, per i quali non sussista una disciplina specifica, come, invece, nel caso di specie;
g) la pronuncia della Commissione Regionale, inoltre, viola l’art. 2945 del C.C., menzionato in precedenza, in quanto viene sostenuto che, dopo la notifica della cartella di pagamento, quale atto interruttivo del termine di prescrizione triennale del bollo auto, questo si converta nel termine quinquennale, mentre la citata norma dispone, invece, che per effetto dell’interruzione del decorso della prescrizione, inizia un nuovo periodo, eguale a quello precedente (Cass. Civ. 7295/2004);
h) per quanto sopra detto e risultante dai dati normativi in materia, il credito tributario per la riscossione del bollo auto, di cui al presente giudizio, è estinto per prescrizione triennale, in quanto il relativo termine è stato interrotto, con la notifica della cartella di pagamento, con inizio di un nuovo termine di prescrizione, di eguale natura e durata, ex art. 2945 del C.C., mentre la notifica dell’atto di intimazione è avvenuta dopo il maturare del termine triennale;
II) violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360, primo comma, n. 3 del C.P.C., degli artt. 112 e 132 del c.p.c., nonché dell’art. 36 n. 4 del D.Lgs. 546/1992.
Il motivo di gravame veniva corroborato dalle seguenti osservazioni:
A) la Commissione Tributaria Regionale non si è pronunciata sulla sussistenza o meno della legittimazione passiva dell’ente impositore, nel presente giudizio;
B) parte ricorrente, infatti, aveva impugnato l’atto di intimazione di pagamento, relativo al bollo auto, sia nei confronti di Equitalia, agente per la riscossione, sia nei confronti della Regione competente, quale ente impositore;
C) quest’ultima, nel costituirsi in giudizio di primo grado, aveva eccepito la propria carenza di legittimazione passiva, in quanto l’atto impugnato era stato emesso da Equitalia e nessun vizio era ravvisabile nella condotta tenuta dalla medesima;
D) la Commissione Tributaria Provinciale, con la sentenza impugnata, riteneva ultronea l’evocazione in giudizio dell’Ente impositore, trattandosi di impugnazione di un atto di Equitalia, per la quale la parte istante non era entrata né avrebbe potuto entrare nel merito della pretesa impositiva, dichiarando l’estromissione di tale parte convenuta dal giudizio, per carenza di legittimazione passiva;
E) la citata parte della sentenza di prime cure veniva sottoposta a censura, nel ricorso in appello del contribuente, nel quale veniva sostenuta la legittimazione passiva, anche dell’ente impositore, in quanto l’impugnazione dell’atto di intimazione di Equitalia, non riguardava solo i vizi propri dell’atto, ma, anche, l’estinzione del credito tributario, per intervenuta prescrizione.
In quest’ipotesi, dunque, sussiste, anche, l’interesse, al giudizio, dell’ente impositore, titolare del credito tributario controverso, che, per effetto dell’eccezione di prescrizione, potrebbe venir dichiarato estinto (Cass. Civ. 23459/2011).
Quest’ultimo ente, inoltre, non ha fornito alcuna prova di non essere responsabile del maturare del termine prescrizionale eccepito dal contribuente, nonostante la contestazione, in tal senso, di quest’ultimo, nell’atto di appello;
G) la sentenza di secondo grado, dunque, è in contrasto con gli artt. 112 e 132 del c.p.c., innanzi citati, in quanto non contiene alcuna pronuncia sul difetto di legittimazione passiva dell’ente impositore, nonostante la specifica impugnazione sul punto, da parte del contribuente e non potendo tale motivo di appello essere assorbito nella parte della sentenza, in cui viene rigettata
l’eccezione di prescrizione, trattandosi di questioni di diritto totalmente diverse;
H) il mancato accoglimento dell’eccezione di prescrizione, così come affermato dal Giudice del gravame, non esclude la legittimazione passiva dell’ente impositore, in quanto la “legitimatio ad causam” dal lato passivo, consiste nell’onere del convenuto di subire il giudizio, instaurato dal ricorrente, con una determinata prospettazione del rapporto giuridico oggetto della controversia, indipendentemente, dalla effettiva fondatezza della domanda, che riguarda il merito della causa (Cass. Civ., Sez. Un., 2951/2016, Cass. Civ. 17092/2016, Cass. Civ. 23670/2008).
Nel caso di specie, l’ente, titolare della pretesa tributaria controversa e per la quale il contribuente aveva prospettato l’estinzione per prescrizione, non può non avere un interesse concreto e giuridico al presente giudizio, avente ad oggetto la richiesta di estinzione del proprio credito e pertanto, è litisconsorte necessario, ai sensi dell’art. 14 del D.Lgs. 546/1992 (Cass. Civ. 1985/2014, Cass. Civ. 12385/2013, Cass. Civ. 1462/2009).
La sentenza di appello, dunque, è viziata in quanto non contiene alcuna pronuncia sulla questione della legittimazione passiva di una delle parti resistenti, problema che si riferisce all’integrazione del contraddittorio, ritenendolo assorbito nel rigetto dell’eccezione di prescrizione, che, invece, oltre ad essere una fattispecie del tutto diversa, da un punto di vista giuridico, attiene al merito della vicenda.
- PRONUNCIA DELLA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SULLA QUESTIONE:
il Giudice di Legittimità, con l’ordinanza n. 25420/2018, accoglieva entrambi i motivi di ricorso, affermando i seguenti principi:
1) la mancata impugnazione della cartella di pagamento rende irretrattabile il credito tributario, in essa previsto, ma non “trasforma” il termine di prescrizione proprio del tributo, anche se inferiore a quello ordinario, in quest’ultimo, non potendosi applicare, in tal caso, l’art. 2953 del C.C., riferibile ai soli diritti per i quali sia intervenuta una sentenza di condanna passata in
giudicato, uniformandosi all’ormai consolidato orientamento della più recente giurisprudenza di legittimità (Cass. Civ., Sez. Un., 23397/2016);
2) ai fini del decorso del termine di prescrizione del tributo e dell’interruzione del suddetto periodo è del tutto irrilevante la data in cui il ruolo diventa esecutivo (conforme Cass. Civ. 315/2014);
3) il credito relativo alla riscossione del bollo auto si prescrive nel termine di tre anni e l’eventuale notifica della cartella di pagamento e dell’atto di intimazione hanno l’effetto di interrompere il relativo termine, con inizio di un nuovo periodo di egual natura e durata, così come previsto dall’art. 2945 del C.C.;
4) non sussiste alcuna norma né ragionevole spiegazione secondo la quale la tassa automobilistica regionale, dopo la notifica della cartella esattoriale, sia soggetta alla prescrizione quinquennale;
5) in caso di giudizio relativo all’estinzione di un credito tributario, legittimati passivi sono, non solo l’agente della riscossione, che ha emesso l’atto impugnato, ma, anche, l’ente impositore, in quanto la causa ha ad oggetto la possibile estinzione (ad es. per prescrizione) della pretesa fiscale, di cui è titolare quest’ultimo ente, giustificando l’interesse alla controversia e la conseguente “legitimatio ad causam”.
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Di seguito il testo di
Corte di Cassazione civile, Ordinanza n. 25420 dep. 12/10/2018
Rilevato che:
— in controversia relativa ad impugnazione di un'intimazione di pagamento della tassa automobilistica relativa all'anno 2008, che Equitalia Centro s.p.a. notificava a __________ sulla base della cartella di pagamento precedentemente notificata e non impugnata, il predetto contribuente ricorre per cassazione, sulla base di due motivi, cui replica la Regione __________ ma non l'agente della riscossione, cl:e rimane intimata, avverso la sentenza in epigrafe indicata con la quale la CFR della Toscana aveva rigettato l'appello proposto dal contribuente avverso la sfavorevole sentenza di primo grado, ritenendo che il termine di prescrizione della pretesa impositiva incardinata in una cartella di pagamento fosse quinquennale;
sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio;
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