Una ulteriore conferma sulla liquidazione del danno non patrimoniale iure proprio

Ancora una pronuncia tesa ad evitare duplicazioni risarcitorie del danno non patrimoniale. Un caso di danno parentale in relazione al danno morale. Cassazione civile Ordinanza n. 6701 del 19/03/2018

Una ulteriore conferma sulla liquidazione del danno non patrimoniale iure proprio

1. Premessa.

L'ordinanza 6701 del 2018 della III Sezione, nel rigettare i motivi di ricorso addotti dai ricorrenti, torna sul danno non patrimoniale iure proprio prendendo le mosse dal danno parentale.

Lungi dall'essere l'ennesima affermazione in termini definitori, la pronuncia si preoccupa invece di ribadire l'ortodossa lettura del danno non patrimoniale iure proprio con riferimento alla corretta declinazione della unitarietà e omnicomprensività della liquidazione, della sovrapposizione dei pregiudizi e del divieto di duplicazione delle poste liquidate, della corretta collocazione del danno relazionale e del rapporto tra danno morale strictu sensu inteso e danno parentale. Ciò sul solco delle storiche sentenze delle Sezioni Unite nn. 26972 e 26975 del 2008.

 

2. Il fatto e la quaestio iuris

I genitori in proprio e nelle qualità di esercenti la potestà sulla figlia minore, nonché le altre due figlie agivano in giudizio per ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale iure proprio patito per la morte rispettivamente della figlia e della sorella causata da un sinistro stradale, convenendo in giudizio conducente, proprietario e istituto assicurativo dell'auto a bordo di cui era trasportata la vittima.

Il tribunale riconosceva sulla base dell'espletata CTU un danno psichico con invalidità permanente percentualmente determinata a carico di ciascuno dei due genitori e un concorrente danno da perdita del rapporto parentale a carico di ciascuno degli attori, liquidandoli secondo i parametri indicati dalle Tabelle milanesi vigenti al momento della decisione.

Il giudice scorporava dal danno psichico a carico dei genitori l’aumento previsto a titolo di danno morale soggettivo «atteso che lo stesso non può più ritenersi limitato alla sofferenza transeunte ed immediata derivante dalla lesione, bensì è da intendersi quale patimento che accompagna l’intera vita del congiunto e, come tale, già integralmente risarcito da quanto riconosciuto alla voce di danno da lesione del rapporto parentale».

Gli attori proponevano quindi appello lamentando, tra le altre, l’esclusione di un autonomo apprezzamento del danno morale e la conseguente riduzione della stima dei pregiudizi medesimi. La Corte d’appello1 riconosceva la fondatezza solo della doglianza su un errore materiale in termini di stima, confermando per il resto la decisione decisione.

Dunque gli attori proponevano ricorso affidandolo, per quanto qui occorre, ai seguenti motivi:

- violazione del diritto all’integrale riparazione dei danni non patrimoniali connessi alla soppressione del vincolo familiare con riferimento agli artt. 2, 29 e 30 Cost. e agli artt. 1223, 1226, 2043, 2056 e 2059 c.c.: la liquidazione del danno non patrimoniale da perdita del congiunto «avrebbe dovuto includere, nel rispetto del principio dell’integralità della riparazione… sia la sofferenza interiore e lo stato di prostrazione derivanti dall’avvenimento luttuoso…, sia le conseguenze nell’ambito delle relazioni parentali e familiari», giungendosi invece ad una liquidazione riduttiva del danno;

- violazione del principio affermato dalle Sezioni Unite del 2008 e degli artt. 1223 e 1226 c.c. nella parte in cui la sentenza ha inteso avallare i dicta del Tribunale di Trieste sulla non cumulabilità dei danni morali e di quelli esistenziali nel caso di decesso di un congiunto: non si comprenderebbe se i giudici abbiano inteso liquidare solo il danno morale soggettivo e non anche quello c.d. esistenziale da lesione del rapporto parentale, ovvero solo il secondo e non anche il primo, in ogni caso concretizzandosi un'incompleta quantificazione del danno;

- violazione degli artt. 1223, 1226, 2056 e 2059 c.c., nonchè degli articoli 2, 29, 30 e 32 Cost., lamentando «ulteriore fraintendimento sulla natura dei danni psichici e di quelli parentali da perdita di congiunto… con conseguente ingiusta limitazione dell’integrale loro risarcimento»;

- violazione del diritto all’integrale riparazione dei danni non patrimoniali da lesione della salute psichica subiti dai due genitori per la morte della figlia ventenne (art. 32 Cost.; artt. 1223, 1226, 2043, 2056 e 2059 c.c.), in quanto i giudici di merito avrebbero ritenuto assorbito nel danno parentale la «ben diversa componente morale del danno biologico derivante dalla… lesione della… salute psichica», quindi riducendo la stima del danno psichico.

 

3. Il decisum: la natura unitaria e omnicomprensiva del danno non patrimoniale.

Natura unitaria del danno non patrimoniale indica l'identità di accertamento e di liquidazione del danno causato dal vulnus di un diritto costituzionalmente protetto diverso da quello alla salute, sia esso la lesione della reputazione, della libertà religiosa o sessuale, della riservatezza, del rapporto parentale. La natura omnicomprensiva invece esige che nella liquidazione di qualsiasi pregiudizio non patrimoniale si tenga conto di tutte le conseguenze che sono derivate dall’evento di danno, nessuna esclusa, nel rispetto di due limiti:

- il divieto di duplicazioni risarcitorie attraverso l'attribuzione di nomi diversi a pregiudizi identici,

- il rispetto di una soglia minima di apprezzabilità, onde evitare risarcimenti c.d. bagattellari2.

L'indagine da condurre deve tener conto:

- della “doppia dimensione fenomenologica” del danno derivante dalla lesione di interessi della persona costituzionalmente protetti, un danno di tipo dinamico-relazionale, id est dimensione "esteriore", e un danno costituito dalla sofferenza morale, id est dimensione "interiore".

- della natura di danno conseguenza del danno non patrimoniale risarcibile (come del resto anche il danno patrimoniale) che, non costituendo danno evento, implica la necessità di aver riguardo delle conseguenze pregiudizievoli derivanti dall’evento e non già dell’evento stesso nella valutazione e liquidazione, con la conseguenza che la lesione di un solo interesse può provocare pregiudizi diversi, così come la lesione di interessi diversi può provocare pregiudizi identici o sovrapponibili3.

 

2. (Segue): sovrapponibilità dei pregiudizi e divieto di duplicazione

La duplice componente dannosa – morale/interiore e relazionale/esteriore – non esclude che negli illeciti plurioffensivi le conseguenze pregiudizievoli valutate risultino in tutto o in parte sovrapponibili, di talché tali conseguenze non possono essere liquidate tante volte quanti sono gli interessi lesi, dovendosi guardare appunto al pregiudizio o ai pregiudizi. Se lo stesso danno non può essere liquidato due volte attribuendo allo stesso nomi diversi, si comprende allora che l'unitarietà di liquidazione del danno non patrimoniale non postula un'aprioristica forza assorbente della liquidazione di un determinato pregiudizio rispetto agli altri pregiudizi emersi quando l’illecito produce invece pregiudizi non patrimoniali eterogenei anche, ma non solo, in ragione della diversità degli interessi lesi4.

L'evento dannoso ancorché unico (quale la morte di un congiunto) può ben manifestarsi come plurioffensivo, dando luogo alla lesione di più interessi della persona costituzionalmente protetti (come la salute psichica e la perdita del legame parentale). Non potrà dunque ricondursi dogmaticamente alla perdita del rapporto parentale la diversa componente dinamico relazionale, così come non potendo la liquidazione di un danno biologico costituire motivo di esclusione dell'adeguamento/personalizzazione dell’importo liquidato per il danno parentale (in tema di personalizzazione, vedi Personalizzazione del danno non patrimoniale: linee guida).

Dovendosi inoltre nel caso opportunamente distingue anche con riferimento alle diverse persone che reclamano la liquidazione del danno. Dacché, mentre la riconduzione di entrambe le componenti dannose morale/interiore e relazionale/esteriore alla lesione del rapporto parentale è corretta per alcuni, per altri invece il danno biologico (danno psichico) separatamente liquidato identifica ed assorbe per intero la sola componente relazionale riconducibile alla lesione del rapporto parentale, perché in esso trova la sua causa.

 

3. (Segue): i danni dinamico-relazionali e il rapporto tra sofferenza morale e danno parentale

I pregiudizi di carattere relazionale, legati alla “proiezione esterna dell’essere”, sono compresi nella definizione stessa di danno biologico (vedi Il danno dinamico-relazionale rientra nel danno biologico?), costituendone l'essenza, così come estrinsecato dalla nozione c.d. dinamico/funzionale elaborata dalla giurisprudenza di legittimità poi positivizzata nell'art. 138, co. 2, lett. a), e nell'art. 139, co. 2, D. Lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private) secondo cui «per danno biologico si intende la lesione temporanea o permanente all’integrità psico-fisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale, che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito».

Resta per converso riconducibile per intero alla lesione del rapporto parentale la sofferenza morale, non essendo distinguibile una sofferenza interiore ulteriore e distinguibile da quella derivante dalla perdita della persona cara, «in una situazione in cui sono proprio la gravità del lutto e la profondità dell’intimo dolore provato a sfociare anche in compromissione oggettivamente apprezzabile dell’integrità psicofisica con effetti invalidanti permanenti». Per cui è corretto anche lo scorporo dal liquidato danno psichico del danno morale soggettivo, che non può più ritenersi limitato alla sofferenza transeunte ed immediata derivante dalla lesione, bensì è da intendersi quale patimento che accompagna l’intera vita del congiunto e, come tale, già integralmente risarcito da quanto riconosciuto alla voce di danno da lesione del rapporto parentale.

Dott. Andrea Diamante
Cultore della materia in diritto processuale penale
presso l’Università degli Studi di Enna “Kore”

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1 Corte di appello di Trieste, sentenza n. 203/2015.

2 Cass. 17/01/2018, n. 901; 14/11/2017, n. 26805; 23/09/2016, n. 18746; 20/04/2016, n. 7766.

3 Cass. 08/05/2015, n. 9320.

4 Cass. 08/05/2015, n. 9320.

 

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Di seguito il testo di
Corte di Cassazione civile Ordinanza n. 6701 del 19/03/2018

 

 

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