Sulla prova della proprietà dell’immobile in custodia che procura danno a terzi
Il soggetto che subisce danno da bene immobile di proprietà di terzi non ha l’onere di provare in modo rigoroso il titolo di proprietà. Cassazione Civile Ordinanza n. 18077/2019

L’art. 2051 (danno cagionato da cosa in custodia) e 2053 (rovina di edificio) del cod. civile prescrivono la responsabilità del proprietario/custode per i danni che questi beni producono a terzi, con inversione dell’onere della prova (prova del “fatto fortuito” o che l’immobile è rovinato non per “difetti di manutenzione”).
Corte di Cassazione Civile Sez. III, con Ordinanza n. 18077 depositata in data 5 luglio 2019 si è soffermata sulle modalità di prova della proprietà del bene che ha causato il danno. Vale a dire, con quale rigore l’attore che conviene in giudizio il terzo proprietario del bene debba dimostrare la titolarità del bene stesso.
Secondo la S.C.
“nelle azioni risarcitorie (e, in particolare, in quelle per danni derivanti da cose, di cui agli artt. 2051 e 2053 c.c.) il presupposto della proprietà del bene che ha provocato il danno va accertato in via incidentale e non secondo i rigorosi criteri applicabili nelle azioni reali dirette all'accertamento del diritto di proprietà dell'attore”.
Ciò vale anche nel caso di beni immobili. Non è necessaria la produzione in giudizio del titolo di proprietà: “non è necessaria la produzione del titolo di proprietà o una prova scritta documentale, essendo sufficiente che l'attore dimostri con qualsiasi mezzo, incluse le presunzioni, che il convenuto fosse titolare della proprietà o quanto meno di un diritto reale di godimento sulla cosa che ha arrecato il danno tale da comportarne l'obbligo di custodia o di manutenzione”.
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Di seguito il testo di
Corte di Cassazione Civile Sez. III, Ordinanza n. 18077 dep. 05/07/2019
Fatti di causa
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