La clausola assicurativa "claims made" pura o mista secondo la Cassazione
Sulla assicurazione con clausola claims made, loss made, vessatorietà. Effetti espansivi della transazione firmata da un solo condebitore. Cassazione Sentenza n. 13877/2020

La Corte di Cassazione Civile, con Sentenza n. 13877 depositata in data 6 luglio 2020 stende in pochi paragrafi un manuale sul concetto giuridico di clausola “claims made”.
Vale la pena soffermarci sul punto.
La Clausola “claims made”: pura e mista
Lo schema assicurativo contro i danni standard da codice civile (artt. 1882 e 1904-1918 c.c.) è improntato al tipo “loss made” o “loss occurence”, secondo il quale l’assicurazione risponde di tutti i danni generati durante la vigenza del contratto, indipendentemente dalla data di segnalazione all’assicurazione.
L’ "assicurazione della responsabilità civile", che costituisce un sottotipo dell’ "assicurazione contro i danni" può essere caratterizzata dalla circostanza che il sinistro assicurato sia collegato non solo alla condotta dell'assicurato danneggiante, ma anche alla richiesta, avanzata dal danneggiato, di risarcimento per detta condotta.
Tale modalità di copertura viene denominata “claims made” (letteralmente a reclamo inoltrato o a lamentela fatta).
Abbiamo, quindi, due elementi della modalità “claims made” in relazione al loro verificarsi nel periodo di copertura dell’assicurazione: 1) il verificarsi del danno e 2) l’inoltro della richiesta risarcitoria.
Concretamente potrà essere regolata anche una ulteriore suddivisione del punto 2 appena visto, distinguendosi 2.a) l'evento costituito dalla prima richiesta di danno da parte del danneggiato all'assicurato da 2.b) evento costituito dalla richiesta dall'assicurato alla propria assicurazione.
Quale modalità di estrinsecazione di tale schema, si potrà avere una polizza “claims made pura” oppure “impura/mista”.
Secondo la “claims made pura” l’operatività della copertura avviene quando la domanda risarcitoria sia presentata nel periodo di durata del contratto indipendentemente dal verificarsi del sinistro. In tal modo la copertura opererà anche per quei comportamenti che siano stati posti in essere prima della stipulazione del contratto di assicurazione.
Nella polizza con clausola “claims made impura”, o mista, la copertura assicurativa opera qualora sia la denuncia del sinistro che il fatto illecito intervengano nel periodo di efficacia del contratto.
Esiste anche uno schema intermedio la cui clausola è denominata “sunset clause” che garantisce l’operatività quando il sinistro venga denunciato dal danneggiato all'assicurato e da questi all'assicurazione in un delimitato arco temporale successivo alla cessazione del contratto assicurativo.
Claims made e vessatorietà
Secondo la Corte di Cassazione in commento la stipula di clausole “claims made” non viola lo schema codicistico il quale, abbiamo detto, è quello del “loss made”, e precisamente afferma: “siffatto modello codicistico [“loss made”], tuttavia, non essendo l'art. 1917 c.c., comma 1, menzionato dall'art. 1932 c.c., tra le norme inderogabili, non è intangibile, sicchè è consentito alle parti, nell'esercizio della loro facoltà di determinare il contenuto del contratto (art. 1322 c.c., comma 1), modulare il predetto obbligo del garante di tenere indenne il garantito”.
Quanto alla verifica se la clausola “claims made” possa essere qualificata quale clausola vessatoria la S.C. afferma: “per quanto concerne la sostenuta vessatorietà, nel contratto di assicurazione della responsabilità civile la clausola che subordina l'operatività della copertura assicurativa alla circostanza che tanto il fatto illecito quanto la richiesta risarcitoria intervengano entro il periodo di efficacia del contratto, o comunque entro determinati periodi di tempo preventivamente individuati (e, cioè, la clausola "claims made" mista o impura), non è vessatoria, in quanto non può essere qualificata come limitativa della responsabilità, per gli effetti dell'art. 1341 c.c.”.
La clausola “claims made”, aggiunge la S.C., non limita la responsabilità ma l’operatività del contratto.
Transazione sottoscritta dal condebitore in solido ed effetti nei confronti degli altri solidali
La Corte, nel provvedimento in commento ha altresì l’occasione di esaminare la questione riguardante gli effetti estensivi agli altri debitori solidali dell’atto di transazione sottoscritto solamente da uno di questi.
E chiarisce che l'art. 1304 c.c., comma 1, secondo il quale "la transazione fatta dal creditore con uno dei debitori in solido non produce effetto nei confronti degli altri se questi non dichiara di volerne profittare", si riferisce unicamente alla transazione che abbia ad oggetto l'intero debito, e non la sola quota del debitore con cui è stipulata.
Qualora sia a questi conveniente il condebitore non sottoscrittore della transazione può dichiarare di avvalersene, approfittando degli effetti positivi in essa contenuti. Senza tale dichiarazione la transazione produce effetto solamente nei confronti del sottoscrittore.
Chiarisce la S.C. che è la comunanza dell'oggetto della transazione che comporta, in deroga al principio secondo cui il contratto produce effetti solo tra le parti, la possibilità per il condebitore solidale di avvalersene pur non avendo partecipato alla sua stipulazione.
Qualora la transazione abbia avuto ad oggetto la sola quota del condebitore che l'ha stipulata, la Corte effettua una distinzione:
1) quando il condebitore che ha transatto ha versato una somma pari o superiore alla sua quota ideale di debito, il residuo debito gravante sugli altri debitori in solido si riduce in misura corrispondente all'importo pagato;
2) nel caso in cui, invece, il pagamento sia stato inferiore, il debito residuo gravante sugli altri coobbligati deve essere ridotto in misura pari alla quota di chi ha transatto.
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Di seguito il testo di
Corte di Cassazione Civile Sez. 3, Sentenza n. 13877 del 06/07/2020
Fatti di Causa
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