Bancarotta fraudolenta documentale specifica e generica ed il falso in bilancio

Le diverse fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale, specifica e generica. Bancarotta documentale semplice e la relazione con il falso in bilancio. Cassazione Penale Sentenza n. 2510/2021

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Bancarotta fraudolenta documentale specifica e generica ed il falso in bilancio

I reati di bancarotta nel nostro ordinamento sono inseriti nella Legge Fallimentare (e ora nel Codice della Crisi di Impresa) e non nel Codice Penale.

Gli articoli 216 e 223 descrivono il reato di bancarotta fraudolenta, rispettivamente per l’imprenditore (216 - bancarotta propria) e per amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori di società dichiarate fallite (223 - bancarotta impropria) che pongono in essere due tipologie di fatti descritte nel primo e nel secondo comma dell’art. 216 1.

La prima fattispecie viene integrata per fatti di distrazione, occultamento, dissimulazione, distruzione in tutto o in parte dei beni ovvero creazione di passività inesistenti.

La seconda fattispecie viene integrata per fatti portano alla sottrazione, distruzione o falsificazione, in tutto o in parte delle scritture contabili o la tenuta degli stessi in modo tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

Sotto il profilo dell’elemento soggettivo il soggetto deve agire con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori.


 

Gli articoli 217 e 224 descrivono il reato di bancarotta semplice, rispettivamente per l’imprenditore (217) e per amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori di società dichiarate fallite (224) che pongono in essere alcune diverse tipologie di fatti descritte nel primo e nel secondo comma dell’art. 217 2.

Nella bancarotta semplice, a differenza della fraudolenta, l’imprenditore, o gli altri soggetti deputati alla gestione o controllo della società, non è richiesta la volontà o la rappresentazione di lesionare il ceto creditorio o di trarre un ingiusto profitto, trattandosi di comportamenti di leggerezza, anche gravi, nella gestione del patrimonio e dell’impresa in generale.

In questo articoli ci si concentra sui reati previsti dal numero 2 del primo comma dell'art. 216 e dal secondo comma dell'art. 217 della legge fallimentare.
 

La bancarotta documentale: sottrazione, falsificazione o mancata tenuta della contabilità

Alcune recenti sentenze (in calce ne riportiamo una, Corte di Cassazione Penale Sez. V, Sentenza n. 2510 depositata in data 21 gennaio 2021, ma nel prosieguo ne citiamo altre) hanno il merito di essersi soffermate a fare il punto della situazione in merito alla fattispecie della bancarotta documentale, anzi, le due diverse fattispecie di bancarotta documentale.

La bancarotta fraudolenta documentale è normata dal n. 2 del comma 1 dell’art. 216 (“… sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.”).

La giurisprudenza di legittimità ha diversificato l'ipotesi della sottrazione rispetto alla falsificazione, ed ha stabilito “con orientamento consolidato ed unanimemente seguito, come l'occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa - in seno all'art. 216, comma primo, lett. b), legge fall. - rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest'ultima integra un'ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi” (Cass. 2510/2021 ma anche 2483/2021, ove quest’ultimo arresto specifica: “Si parlerà, dunque, nel primo caso, di bancarotta fraudolenta documentale specifica, sorretta dal dolo specifico; nel secondo, di bancarotta fraudolenta documentale generica, sorretta dal dolo generico”).

Si ripete, l'occultamento delle scritture contabili (anche sotto forma della loro omessa tenuta) si distingue (e da origine ad autonoma fattispecie) dalla fraudolenta tenuta delle scritture contabili, sotto il profilo del grado e tipo di consapevolezza richiesto (elemento soggettivo).


 

Bancarotta documentale semplice e fraudolenta: il dolo specifico e generico

L’art. 217 L.fall. pure contiene una ipotesi di bancarotta documentale (qui trattasi di bancarotta semplice), posta in essere da chi “non ha tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge o li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta”.

Corte di Cassazione n. 23620/2018 ha avuto modo, in proposito, di affermare: “l’omessa tenuta della contabilità integra gli estremi del reato di bancarotta documentale fraudolenta – e non quello di bancarotta semplice – qualora si accerti che scopo dell’omissione sia quello di recare pregiudizio ai creditori, dovendosi invece ritenere che l’omessa tenuta della contabilità integri “gli estremi del reato di bancarotta documentale fraudolenta solo qualora si accerti che scopo dell’omissione sia quello di recare pregiudizio ai creditori, che altrimenti risulterebbe impossibile distinguere tale fattispecie da quella analoga sotto il profilo materiale, prevista dall’art. 217 della legge fallimentare, e punita sotto il titolo di bancarotta semplice documentale”. Ai fini della configurabilità del delitto di bancarotta fraudolenta documentale, dunque, le condotte di mancata consegna ovvero di sottrazione, di distruzione o di omessa tenuta dall’inizio della documentazione contabile, sono tra loro equivalenti, con la conseguenza che non è necessario accertare quale di queste ipotesi si sia in concreto verificata se è comunque certa la sussistenza di una di esse ed è inoltre acquisita la prova in capo all’imprenditore dello scopo di recare pregiudizio ai creditori e di rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari”.

Quanto alla diversa modulazione del dolo nelle due fattispecie disciplinate dal n 2) del comma 1 dell’art. 216 L.Fall., bancarotta fraudolenta, mentre per dolo specifico l’agente deve rappresentarsi la lesione degli interessi dei creditori, nel “dolo generico, per la cui sussistenza non è necessaria la consapevolezza dello stato di insolvenza dell'impresa, né lo scopo di recare pregiudizio ai creditori, essendo sufficiente la consapevole volontà di tenuta delle scritture in modo tale da dissimulare la reale condizione patrimoniale della società, …


 

L’elemento soggettivo non può essere desunto dalla mera scomparsa dei libri contabili: “ … gli elementi dai quali desumere la sussistenza del dolo specifico nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale specifica (e del dolo generico nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale generica) non possono coincidere con la scomparsa dei libri contabili (o con la tenuta degli stessi in guisa tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari), che rappresentano semplicemente gli eventi fenomenici, dal cui verificarsi dipende l'integrazione dell'elemento oggettivo del reato.” Cass. 2483/2021.

Aggiunge Cass. 2510/2021 che “il dolo generico deve essere desunto, con metodo logico-inferenziale, dalle modalità della condotta contestata, e non dal solo fatto che lo stato delle scritture sia tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, fatto che costituisce l'elemento materiale del reato ed è comune alla diversa e meno grave fattispecie di bancarotta semplice, incriminata dall'art. 217, comma secondo, legge fall.; né può essere dedotto da circostanze successive al fallimento”.


 

Bancarotta e falso in bilancio

Nonostante l’apparente semplicità nell’illustrazione da parte della Suprema Corte delle varie fattispecie della bancarotta documentale, ancora appare difficile una composizione d’insieme, essendovi elementi con confini indeterminati fra tenuta irregolare, falsificazione od omissione della tenuta.

Pare si possa evincere la presenza di tre distinti casi di bancarotta documentale:

a) bancarotta documentale semplice (mai tenuti i libri e le scritture contabili o tenuti in maniera irregolare o incompleta);

b) bancarotta documentale fraudolenta generica;

c) bancarotta documentale fraudolenta specifica.

 

Emergono alcune domande che cercano faticosamente una risposta, una composizione del panorama in un unico insieme. Alla tenuta di contabilità irregolare può assegnarsi il significato di contabilità falsificata? E poi, l’omissione, la mancata tenuta della contabilità, è elemento oggettivo comune almeno a due fattispecie.

Infine, per non farsi mancare niente, il falso in bilancio come lo si classifica? Costituisce una ulteriore fattispecie, ancora diversa?

Dall’esame della giurisprudenza su indicata l’omissione della tenuta della contabilità passa dalla possibilità di ravvedervi il reato di bancarotta semplice (elemento soggettivo determiato da assenza di uno scopo particolare, comportamento dettato da distrazione, incompetenza, negligenza) fino ad integrare il reato di bancarotta fraudolenta specifica (elemento soggettivo identificato dallo scopo di recare pregiudizio ai creditori nella consapevolezza dello stato di insolvenza dell'impresa).

La tenuta irregolare, invece, o falsificazione, può integrare tutte e tre le fattispecie, a seconda della dimostrazione dell’elemento soggettivo.

Ancora potrà integrarsi la bancarotta documentale semplice la tenuta delle scritture contabili in maniera irregolare o incompleta per superficialità, negligenza, ecc.

Nella bancarotta fraudolenta generica, abbiamo visto, è sufficiente la consapevole volontà di tenuta delle scritture in modo tale da dissimulare la reale condizione patrimoniale della società, senza lo scopo di recare pregiudizio ai creditori né essendo consapevoli dello stato di insolvenza.

La bancarotta fraudolenta specifica si integra solamente quando la contabilità è falsificata con lo scopo di danneggiare i creditori sapendo del proprio stato di insolvenza.


 

Questi reati necessitano del verificarsi del presupposto del fallimento dell’impresa.

Prima del fallimento questi comportamenti possono rientrare in altri illeciti (tributari, civilistici, penali) di cui citiamo il reato di False comunicazioni sociali disciplinato dall’art. 2621 del codice civile e che recita

1. Salvo quanto previsto dall'articolo 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, con l'intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al fine di conseguire per sè o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, espongono fatti materiali non rispondenti al vero ancorchè oggetto di valutazioni ovvero omettono informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione, sono puniti con l'arresto fino a due anni.
2. La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.
3. La punibilità è esclusa se le falsità o le omissioni non alterano in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene. La punibilità è comunque esclusa se le falsità o le omissioni determinano una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delle imposte, non superiore al 5 per cento o una variazione del patrimonio netto non superiore all'1 per cento.
4. In ogni caso il fatto non è punibile se conseguenza di valutazioni estimative che, singolarmente considerate, differiscono in misura non superiore al 10 per cento da quella corretta.
5. Nei casi previsti dai commi terzo e quarto, ai soggetti di cui al primo comma sono irrogate la sanzione amministrativa da dieci a cento quote e l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese da sei mesi a tre anni, dall'esercizio dell'ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché da ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell'impresa.


Circa il rapporto fra il falso in bilancio e i reati di bancarotta, la giurisprudenza ha avuto modo di affermare che “… deve, quindi, ribadirsi che l'ipotesi di falso in bilancio seguito da fallimento della società di cui all'art. 223, comma 2, n. 1, L.F., costituisce un'ipotesi di bancarotta fraudolenta impropria e si distingue sia dal falso in bilancio previsto dall'art. 2621 cod.civ., che è reato sussidiario punito a prescindere dall'evento fallimentare, sia dalla bancarotta documentale propria concernente ipotesi di falsificazione di libri o di altre scritture contabili. Pertanto, verificatosi il fallimento, il fatto di cui all'art. 2621 cod.civ. è assorbito nel reato di bancarotta impropria, mentre concorre con i delitti di bancarotta propria documentale di cui all'art. 216, comma 1, n. 2, L.F., ove integrate da condotte diverse dalla falsificazione … Cass. n. 323/2021.

L’affermazione forse non brilla per sistematicità ma rende il senso e, in ogni caso, è consolidato il principio che in caso di fallimento il reato di bancarotta assorbe quello di false comunicazioni sociali.

Da riportare, infine, che la “giurisprudenza di legittimità è, infatti, costante nell'affermare che commette il reato di bancarotta impropria da reato societario l'amministratore che, attraverso mendaci postazioni nei bilanci, simuli un inesistente stato di solidità della società, consentendo così alla stessa di ottenere nuovi finanziamenti bancari ed ulteriori forniture, giacché, agevolando in tal modo l'aumento dell'esposizione debitoria della fallita, determina l'aggravamento del suo dissesto … ovvero esponga nel bilancio dati non veri al fine di occultare l'esistenza di perdite e consentire, quindi, la prosecuzione dell'attività di impresa in assenza di interventi di ricapitalizzazione o di liquidazione, con conseguente accumulo di perdite ulteriori, poiché l'evento tipico di questa fattispecie delittuosa comprende non solo la produzione, ma anche il semplice aggravamento del dissesto”.


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1 Art. 216. - Bancarotta fraudolenta
1. È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l'imprenditore, che:
1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;
2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

2. La stessa pena si applica all'imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.
3. È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.

4. Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l'inabilitazione all'esercizio di una impresa commerciale e l'incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa. (*)
 

* La Corte Costituzionale con Sentenza n. 222 del 2018 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 216, ultimo comma, L. fall., nella parte in cui dispone: «la condanna per uno dei fatti previsti dal presente articolo importa per la durata di dieci anni l'inabilitazione all'esercizio di una impresa commerciale e l'incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa», anziché: «la condanna per uno dei fatti previsti dal presente articolo importa l'inabilitazione all'esercizio di una impresa commerciale e l'incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a dieci anni».

Art. 223. - Fatti di bancarotta fraudolenta
1. Si applicano le pene stabilite nell'art. 216 agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori di società dichiarate fallite, i quali hanno commesso alcuno dei fatti preveduti nel suddetto articolo.
2. Si applica alle persone suddette la pena prevista dal primo comma dell'art. 216, se:
1) hanno cagionato, o concorso a cagionare, il dissesto della società, commettendo alcuno dei fatti previsti dagli articoli 2621, 2622, 2626, 2627, 2628, 2629, 2632, 2633 e 2634 del codice civile;
2) hanno cagionato con dolo o per effetto di operazioni dolose il fallimento della società.
3. Si applica altresì in ogni caso la disposizione dell'ultimo comma dell'art. 216.

2 Art. 217. - Bancarotta semplice
1. È punito con la reclusione da sei mesi a due anni, se è dichiarato fallito, l'imprenditore, che, fuori dai casi preveduti nell'articolo precedente:
1) ha fatto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica;
2) ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti;
3) ha compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento;
4) ha aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o con altra grave colpa;
5) non ha soddisfatto le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare.
2. La stessa pena si applica al fallito che, durante i tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento ovvero dall'inizio dell'impresa, se questa ha avuto una minore durata, non ha tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge o li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta.
3. Salve le altre pene accessorie di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna importa l'inabilitazione all'esercizio di un'impresa commerciale e l'incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a due anni.

Art. 224. - Fatti di bancarotta semplice.
1. Si applicano le pene stabilite nell'art. 217 agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori di società dichiarate fallite, i quali:
1) hanno commesso alcuno dei fatti preveduti nel suddetto articolo;
2) hanno concorso a cagionare od aggravare il dissesto della società con inosservanza degli obblighi ad essi imposti dalla legge.

 

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Di seguito il testo di

Corte di Cassazione Penale Sez. V, Sentenza n. 2510 dep. 21/01/2021

 

RITENUTO IN FATTO

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