Legittimazione passiva dell’amministratore condominiale nell’impugnazione di delibera

Sussiste la legittimazione passiva dell'amministratore di condominio nel resistere all'impugnazione della delibera su parti comuni senza necessità di autorizzazione o ratifica dell'assemblea. Cassazione Sentenza n. 23550/2020

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Legittimazione passiva dell’amministratore condominiale nell’impugnazione di delibera

Il fatto.

Approvata una delibera sull’utilizzo di parti comuni dell’edificio condominiale, alcuni condomini si attivavano giudizialmente per chiedere l'invalidità della delibera dell'assemblea condominiale perché assunta in difetto dell'unanimità o della maggioranza necessaria ovvero perché suscettibile di comprimere o di pregiudicare i diritti spettanti sul bene comune.

Si costituiva l’amministratore condominiale a difende la delibera sia in primo che in secondo grado. In sede di appello la Corte dichiarava l'inammissibilità della costituzione in giudizio del condominio non avendo l'amministratore condominiale ricevuto mandato da parte dell’assemblea né da questa era stato ratificato l’operato.

Il provvedimento viene impugnato per cassazione e la Suprema Corte decide con Sentenza n. 23550 depositata in data 27 ottobre 2020.

 

Poteri autonomi di difesa dell'amministratore condominiale

La Corte d’Appello fondava la propria decisione relativa alla carenza di mandato e di autonoma legittimazione passiva dell’amministratore di condominio richiamando l’insegnamento delle SS.UU. dell’agosto 2010 (Sent. 18331/2010, vedi in questa rivista “L'amministratore di condominio non può agire o resistere in giudizio senza la preventiva autorizzazione assembleare”).

Si ricorda che le SS.UU. con Sentenza 18331/2010 avevano espresso il seguente principio di diritto:

L’amministratore di condominio, in base al disposto dell’art. 1131 c.c., comma 2 e 3, può anche costituirsi in giudizio e impugnare al sentenza sfavorevole senza previa autorizzazione a tanto dall’assemblea, ma dovrà, in tal caso, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell’assemblea per evitare pronuncia di inammissibilità dell’atto di costituzione ovvero di impugnazione”.


 

I ricorrenti per cassazione, tuttavia, lamentano tale richiamo, evidenziando che quelle sezioni unite pur esse affermando la necessità che l'amministratore, costituitosi in giudizio in difetto di autorizzazione assembleare, ottenga dall'assemblea la ratifica del suo operato, non hanno attinenza con il caso di specie.

Secondo l’odierno provvedimento il ricorso è fondato e meritevole di accoglimento.

E, afferma la Corte: “… nel solco della previsione dell'art. 1130, 1° co., n. 1), cod. civ., nella formulazione applicabile ratione temporis ("l'amministratore deve: 1) eseguire le deliberazioni dell'assemblea dei condomini (...)"), esplica valenza l'insegnamento secondo cui, in tema di condominio negli edifici, l'amministratore può resistere all'impugnazione della delibera assembleare e può gravare la relativa decisione del giudice senza necessità di autorizzazione o ratifica dell'assemblea, giacché l'esecuzione e la difesa delle deliberazioni assembleari rientrano fra le attribuzioni proprie dello stesso amministratore (cfr. Cass. 23.1.2014, n. 1451; Cass. 20.3.2017, n. 7095).
Evidentemente,
se l'amministratore, in tema di impugnazione di delibere assembleari, può senza necessità di autorizzazione alcuna proporre impugnazione avverso la statuizione di prime cure, a fortiori può senza necessità di autorizzazione alcuna resistere all'avversa impugnazione”.


 

 

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